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AU: Ballet! Sherlock , Rubgy! John

John Watson, quarto anno, capitano della squadra di rugby. Ottima media, amici al suo fianco, decine di ragazze pazze di lui... una mente brillante. L'esempio vivente di una vita perfetta per la persona sbagliata, poiché sulle sue spalle vi era tutto il peso di ciò che teneva nascosto e che, a casa, era visto come il peggior scherzo della natura.

"Non sono persone cattive" ripeteva John alla sorella più grande Harriet "sono... ottuse"

"Chiamale come vuoi, ma quando avrò l'età giusta me ne andrò da qui e tu dovresti venire con me..." la maggiore non sopportava più la situazione di tensione che si era creata a casa dopo il suo coming out

"Anch'io lo sono"

"Sì, ma tu sei normale".

John, ironicamente, da questa situazione ne trasse vantaggio, in quanto capì, a spese della sorella, che la sua bisessualità doveva rimanere un segreto. Ma quanto sarebbe durata questa farsa? Quanto poteva ancora andare avanti facendo finta di essere chi non era?

Il tutto ebbe fine, o inizio, in una qualsiasi giornata di scuola.

"Watson, oggi dopo il corso di danza classica presentati in sala, mi devi aiutare a spostare i vecchi banchi nel magazzino" la voce della sua professoressa di storia, nonché insegnante di danza delle lezioni del pomeriggio, fece capolino alle sue spalle. Era quindi questa la punizione per lo scherzo fatto al preside qualche giorno prima... poteva sempre andare peggio "alle 16:00. Sii puntuale".

Le 16:00 arrivarono e John si trascinò verso la sala strisciando i piedi. Maledisse tutto quello che poteva maledire: la professoressa di storia, il preside, il sole che aveva deciso di splendere proprio quel giorno in cui non poteva uscire a goderselo, le stupide ragazzine che facevano danza a quell'ora del pomeriggio, lo scherzo (tra l'altro ideato dal suo amico Greg), tutto. La porta era aperta, delle dolci melodie sembravano attirarlo come i canti delle sirene, che portano i marinai alla deriva. Salutò con un cenno del capo la professoressa che gli fece segno di aspettare, in quanto la lezione non era ancora terminata. Un lungo sospiro uscì dal suo naso e si sedette per terra.

Il suo sguardo venne subito catturato dal colore bianco delle vesti delle ragazze, impegnate a seguire l'esercizio alla sbarra. I loro movimenti erano coordinati, eleganti, ricordavano un gruppo di cigni bellissimi e, tra questi, vi era anche il brutto anatroccolo: un ragazzo. Brutto anatroccolo si fa per dire, in quanto il giovane era alto, magro, con i capelli ricci e scuri che gli delineavano il volto scavato. Indossava una tuta nera, che metteva in risalto tutti i muscoli lavorati da anni di allenamento ed esercizio. Proprio nel momento in cui John concentrò la sua attenzione su di lui, questo spostò lo sguardo nella sua direzione, incrociando i suoi occhi. Watson divenne rosso fuoco e abbassò subito lo sguardo, consapevole di essere stato colto in flagrante.

Fortunatamente poco dopo la musica finì e così la lezione. Lo sguardo di Watson cadde nuovamente sul viso del giovane ragazzo. Sembrava più piccolo di lui, forse per la corporatura esile e il volto pulito, con gli zigomi affilati. John era completamente incantato, era una calamita per i suoi occhi.

"Watson, puoi iniziare a lavorare, il magazzino vuoto è quello a lato degli spogliatoi. Fai in fretta, nessuno vuole rimanere qua più del dovuto" l'ordine fu dato e subito eseguito.

Le ragazze, e il giovane, si diressero verso gli spogliatoi. La musica era stata sostituita dal rumore dei loro passi sul pavimento di legno e dalle loro parole. Le donne da una parte, il ragazzo dall'altra.

"Sherlock potresti cambiarti con noi, tanto non ti piacerebbe nemmeno" la voce di una ragazza sovrastò le altre, nel suo tono si percepiva scherno e disgusto, lo stesso disgusto con cui i genitori di John parlavano di Harriet.

"Se volessi vedere delle giovani minorenni nude mi basterebbe guardare la cronologia del computer di tuo padre, Iris" le ragazze si guardarono tra di loro, alcune risero, altre cercarono di non farlo. Sherlock entrò nel suo spogliatoio senza aggiungere una parola... d'altronde non vi era bisogno.

Quando la sala fu svuotata dai vecchi banchi di legno il sole luminoso, che aveva tanto tentato John alla fuga, era tramontato e molte delle ragazze si erano cambiate e andate via. Durante il lavoro, John aveva controllato la porta dello spogliatoio maschile, aspettando l'uscita di Sherlock per potergli parlare. L'idea era stupida, tanto quanto il fatto che non sapeva nemmeno cosa gli avrebbe detto.

"Ciao sono John Watson, sono il capitano della squadra... oh ma che cosa potrebbe mai fregargliene" sussurrava tra sé e sé chiudendo la porta del magazzino ormai pieno "ciao, sono John, sei carino... sei carino? Ma cosa sto dicendo?" scosse la testa. La sua testa viaggiava tra le centinaia di frasi che avrebbe potuto pronunciare, ma nessuna di quelle gli sembrava adatta. Quasi stressato dalla situazione si passò una mano sul volto "ciao, ti ho visto prima... certo, così sembro uno stalker"

"In realtà sembri più uno psicopatico" una voce calda interruppe il suo monologo, facendolo quasi saltare dallo spavento. Si girò e i suoi occhi incrociarono quelli chiari di Sherlock "parlare da solo in realtà non è così male come sembra, ma almeno cerca di abbassare la voce". Il riccio si era cambiato e nella semplicità del suo outfit risultava ancora più affascinante. Il suo sorriso era un misto tra ironia, scherno e sincera curiosità, illuminava il suo volto.

"Scusa io-"

"Sei John giusto?"

"Sì, Watson, ci conosciamo?"

"No, o almeno tu non conosci me. Ti conosco per fama, sei al primo posto sulla lista dei ragazzi più gettonati dell'anno, non lo sapevi?" John arrossì nuovamente. Non si sentiva a suo agio quando le persone gli ricordavano questi particolari, lo facevano sentire vuoto, come se fosse solo un ragazzino dal bel aspetto e niente più "mi chiamo Sherlock Holmes" gli porse la mano che strinse con forza.

"Non pensavo che un ragazzo facesse danza classica" stupido stupido stupido John, ma che razza di commento è mai questo? Certo che i ragazzi fanno danza classica, svegliati!

"Tu non pensi spesso, vero?" rispose Holmes, avviandosi verso la porta di uscita della sala. I suoi passi erano lunghi e affusolati, i suoi ricci seguivano il movimento del corpo, svolazzando. John gli corse dietro

"No, ecco... scusa non intendevo dire quello... io... non pensavo che un ragazzo così bello facesse danza classica" Sherlock si fermò e il suo volto ruotò nella direzione di John, che nel frattempo era tornato rosso fuoco "scusa, non sono bravo con queste cose". Holmes abbassò lo sguardo, battendo le ciglia un paio di volte, non capitava spesso che qualcuno gli facesse un complimento e si lasciò sfuggire un sorriso

"Se approcci tutte le ragazze in questo modo finirai per rimanere senza"

"Lo so... è che, non-" imbarazzato, John si prese la mano destra in quella sinistra, sfregandola appena, un semplice gesto involontario che, per chi come Sherlock conosce il linguaggio del corpo, significa solo una condizione: imbarazzo e senso di colpa.

"Fa niente. Possiamo vederci uno di questi giorni, per pranzo?" sorrise e Watson gli fu grato per averlo tirato fuori da quella situazione

"Certo, domani?"

"Bene"

"Bene".

Se quello fosse l'inizio della sua condanna, John non lo seppe mai, ma certo è che fu sempre grato di quello scherzo fatto al preside.

"I'd like to kiss you"Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz