Dopo pranzo, quindi, mise la chitarra nella sua custodia e si diresse verso una delle sale prove che frequentava, sperando che avesse una stanza libera.

Il proprietario, un ragazzo di circa trent'anni con una grossa barba e una t-shirt di qualche band sempre diversa, lo accolse calorosamente e gli diede la buona notizia che per le due ore successive avrebbe potuto avere una delle sale tutta per sé.

Per Frank la musica era letteralmente un'ancora di salvezza; quando suonava e anche quando semplicemente la ascoltava nelle cuffie si sentiva immediatamente lontano da tutti i suoi problemi e proiettato in un mondo felice e tranquillo in cui c'era solo lui.

Lui e la sua chitarra.

Per due ore spense letteralmente il cervello concentrandosi solo sulla sua musica e sui pezzi che stava cercando di creare. Certo, non aveva una band e perciò i brani erano incompleti, però nella sua testa sentiva la batteria, il giro del basso, poteva immaginare un'intera folla in visibilio e tutte le emozioni che avrebbe provato a suonare su un vero palco.

Ma quel sogno, per ora, era appunto solo un sogno.

Quando uscì dalla sala prove il cielo di stava scurendo anche se erano solo le cinque del pomeriggio, e la temperatura si stava abbassando di conseguenza. Frank si strinse nella giacca deciso a tornare a casa a piedi, fermandosi anche al supermarket più vicino per rifornire il suo frigo che chiedeva letteralmente pietà.

Vivendo da solo aveva scoperto che come casalingo non valeva molto.

Il supermarket era mediamente affollato a quell'ora del pomeriggio e Frank poté girare tra le corsie in tranquillità, senza dover lottare per l'ultimo pacchetto di biscotti o dover spintonare come il migliore rugbista per passare tra gli scaffali.

Finita la spesa, dettata dalla lista che aveva rigorosamente in mente, si diresse alla cassa piuttosto soddisfatto. Stava per mettersi in coda quando davanti a lui notò qualcuno di conosciuto: quel ragazzo dai capelli rossi, l'amico di Gerard.

Era inconfondibile, e per un attimo Frank si stupì della casualità per cui entrambi erano finiti nello stesso negozio solo per ricordarsi che quello era uno dei supermercati più vicini al politecnico, e che studiando là quel ragazzo doveva abitare nelle vicinanze, come quasi ogni altro studente.

Comunque sia Frank rimase al suo posto senza dire una parola dato che se anche conosceva Gerard, con quel ragazzo invece non aveva mai parlato.

"Grazie del drink di ieri, non ho avuto occasione di ringraziarti" disse però ad un tratto il rosso.

Frank alzò le sopracciglia e si guardò intorno, cercando di capire con chi ce l'avesse. Il ragazzo non si era neanche voltato nella sua direzione, per quanto ne sapeva fino a un attimo prima non l'aveva neanche visto. Eppure ora ringraziava per il drink, quindi a rigor di logica doveva parlare con lui.

E difatti un secondo dopo si girò fissandolo con un sorriso.

"Sei l'amico di Gerard" affermò sicuro.

"Ah, beh, ecco" balbettò Frank. "Lo conosco appena. Comunque prego"

"Io mi chiamo Matthew e tu mi sei simpatico" disse Matt allungandogli una mano e sorridendo ancora.

Frank gliela strinse, confuso. Quel tizio era decisamente una delle persone più strane che avesse mai incontrato e nonostante avesse la capacità di metterlo un po' a disagio, allo stesso tempo non gli dispiaceva, anzi.

"Frank" rispose brevemente, stringendogli la mano e restituendo il sorriso.

"Anche tu sei del Politecnico?" domandò Matt, avanzando intanto nella coda alla cassa.

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