Capitolo 9 - L'incarico

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Un mese prima

Cos'è qualcosa di inquietante? Letteralmente parlando, è qualcosa di strano, che provoca inquietudine a chi lo prova. In realtà, questo varia da persona a persona, in base al carattere, alle paure, alle emozioni. Insomma, diversi campi per differenziare qualcosa di inquietante. Si può dire che un ambiente felice sia inquietante? Beh, per chi non è abituato a ricevere l'affetto e sentire la felicità dagli altri, sì. C'è, però, un modo di trarre forza da queste inquietudini. È semplice: sentirle, provarle, viverle.

Così, seduto su quella panchina, provavo a vivere la mia inquietudine. L'unico modo per pensare, per concentrarmi, per prepararmi ad affrontare la giornata, era quello di sedermi, calmarmi e sentire l'ambiente. Era una giornata tempestosa: le nuvole erano alte in cielo e minacciavano di far venire giù un temporale decisamente poco piacevole. Il momento più bello di una giornata cupa era l'attendere la pioggia: vedere l'ambiente circostante, sentire il vento sferzare la pelle, le foglie volare, vedere i lampi e sentire i tuoni in lontananza. La gente che corre, le strade vuote in un attimo. Una lattina che, inesorabilmente, viene trascinata dal vento lungo l'asfalto rugoso e produce quel suono, quello stridio, piacevolmente inquietante. Una giostra, che gira rapidamente, senza alcun bambino sopra. Il rumore delle altalene che vengono scrollate dal vento sempre di maggiore intensità. Io, da solo, su una panchina vuota, ad ascoltare, sentire e vivere.

Avvertii il suo arrivo ancor prima di vederlo. Dopotutto, gli anni di esperienza e addestramento avevano uno scopo. L'uomo si sedette accanto a me e, senza convenevoli, mi porse una busta arrotolata e tenuta da un elastico. Nell'afferrarla, diedi uno sguardo al mio complice. Era vestito esattamente come ci si aspetta che uno del suo rango sia agghindato: il cappotto, lungo e nero, cadeva dalle sue spalle sino alle ginocchia, con le gambe coperte dal pantalone scuro abbinato alle eleganti scarpe nere da ufficio. Il rigonfiamento della fondina si vedeva sotto alla pesante giacca.

Mi concentrai sulla busta, sull'incarico. Era leggera, troppo leggera. Non era un buon segno, significava che avevamo pochi dati, pochi indizi e informazioni. Mi schiarii la gola e cominciai.

-Dove?- domandai, senza guardarlo. Sentii il movimento dell'uomo, che si sistemò meglio sulla scomoda panchina in legno.

-Columbus, Ohio. Università- rispose, con la voce rude classica di un uomo del suo spessore.

-Tempo?- chiesi nuovamente, lui sembrò pensarci su. Lo guardai, l'espressione corrucciata.

-Il più presto possibile- disse, alzandosi e voltandosi verso l'uscita del parco giochi. Soppesai nuovamente il fascicolo, indeciso sul da farsi, poi mi alzai e attraversai l'area giochi per arrivare all'altra uscita, quella che dava sulla strada e non sul parcheggio. Percorsi la strada con la consapevolezza di dover partire immediatamente per Columbus. Il freddo della giornata mi metteva di buon umore, amavo quel tipo di sensazioni.

Lo sentii immediatamente alle mie spalle. Il passo cadenzato e identico al mio, l'andatura pesante ma silenziosa. Slacciai con un movimento impercettibile la fondina che tenevo sul fianco sinistro, essendo io destrimano. Voltai l'angolo e mi preparai ad agire: in un secondo mi girai ed estrassi la pistola, riponendo il prezioso fascicolo nella giacca. Appena l'uomo varcò la soglia, tentò di arrivare alla sua arma: glielo impedii colpendolo con un proiettile al braccio destro. Lui urlò, io mi precipitai da lui, sferrandogli un calcio in pieno volto e puntandogli la pistola alla tempia.

-Ti è andata male- dissi all'uomo, mentre la pioggia cominciava lentamente ad abbattersi sul suolo di Washinton.

-Ma chi cazzo sei?- domandò lui, io sorrisi.

-Diciamo che hai cercato di rapinare l'uomo sbagliato- decisi, sferrandogli un calcio e facendolo svenire. Presi il telefono e digitai il 911.

-Agente speciale Cody Cooper, matricola 97286, Federal Bureau of Investigation. Ho un rapinatore di strada svenuto sulla quindicesima-

"Mando subito una pattuglia. Serve anche un'ambulanza?" domandò la signorina all'altro capo del telefono.

-No, starà bene, non scomodiamo la sanità- risposi ironico, attaccando. L'intensità della pioggia aumentò improvvisamente, mentre le sirene della polizia si avvertivano in lontananza. Sorrisi: era poetico, scenico. Tutto così eccezionalmente perfetto.

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