Capitolo 4 - Il ragazzo misterioso

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Poi osano definirla "casa". Quello era un fottuto castello. I muri, imperlati di quadri e libri dall'aspetto antico, erano perfettamente bianchi e tirati a lucido, senza ragnatele nemmeno nel più remoto angolo. Il corridoio, largo quanto un salotto e lungo quanto un vialetto davanti casa, vedeva affacciate una decina di porte come minimo, tutte perfettamente allineate e identiche tra loro. Dalton ci condusse in una di esse, dicendoci che sarebbe stata la nostra stanza. Appena entrammo, spalancammo occhi e bocca. La stanza era regale. I due letti, ben distanziati tra di loro, si trovavano lungo la parete destra. Dinnanzi ad essi, un armadio riempiva l'altra parete. Una porta, probabilmente del bagno, si trovava nell'angolo a sinistra, mentre di fronte la porta finestra dava sul balcone. Era tutto così... pulito.

Non rimanemmo oltre in quella stanza. Subito ci dirigemmo giù in salotto, dove firmammo i documenti e uscimmo per depositarli in segreteria. O, meglio, io mi diressi in segreteria coi documenti, mentre Caleb andò in stanza per prendere le nostre cose e portarle nella nuova dimora. Percorsi il corridoio che mi separava dalla segreteria e mi misi in fila. C'era un solo ragazzo davanti a me: era appoggiato al bancone e parlava con la cicciona. Non lo conoscevo ma, da buon pettegolo quale ero, dovevo farmi i cazzi suoi. Drizzai le antenne e ascoltai la conversazione.

-Non ha capito, io devo avere una stanza singola- disse il ragazzo, dal tono più che convincente. La segretaria scoppiò a ridere.

-Lei, come tutti, avrà un coinquilino. È chiaro?- spiegò, quando lui sbattè una mano sul bancone.

-Chiami il rettore- le ordinò, lei sbuffò.

-Non lo disturberò certamente per un ragazzino scapestrato- rispose, facendolo arrabbiare. Alzò decisamente il tono di voce.

-Chiami il cazzo di rettore!- urlò lui, la donna, intimorita, sollevò la cornetta e digitò il numero del rettore.

-Signor Thowrey, mi dispiace disturbarla ma c'è qui un ragazzo, un tale... Cooper, vorrebbe...- disse, quando spalancò gli occhi. –Sì, signore. Certamente. Come desidera. Non si ripeterà più, non ne ero a conoscenza- concluse lei, mettendo giù.

-Avrai la tua singola- decise la donna, evidentemente turbata. Lui ricevette le chiavi e si voltò. Fu in quel momento che incontrai i suoi azzurrissimi occhi. Mi fissò a fondo, squadrandomi con attenzione. Dal canto mio, nel breve lasso di tempo che mi passò accanto, lo vidi in tutto il suo splendore: era alto, ben fisicato. Pareva non avere tatuaggi. La maglietta, a maniche corte, era blu, il pantalone era verde e le scarpe erano delle Converse bianche portate slacciate. I capelli, castani tendenti allo scuro, erano pettinati a formare una sorta di cresta bassa, con un ciuffo che toccava la fronte. Rabbrividii al suo sguardo. Mi trasmetteva una sensazione strana, come fosse... diverso. Non seppi spiegarlo, ovviamente. Lui se ne andò, io avanzai e trasmisi i documenti alla segretaria che, evidentemente ancora scossa, non colse l'occasione per sfottermi. Decisi di approfittare di quel momento di debolezza per porre la tanto agognata domanda.

-Chi era quello?- domandai alla donna, che si riscosse.

-Un... un nuovo studente. Cooper, Cody- rispose. Sapevo che non avrei ottenuto altro, così mi dileguai, dirigendomi alla casa della Eta Beta.

Appena arrivato, sentii un'aria strana. Bussai ma non venne nessuno ad aprire, così provai ad abbassare la maniglia e la porta si aprì. Non avevano chiuso. Entrai a passi lenti e corti, per poter sondare bene il terreno. Qualcosa non andava... qualcosa era diverso. Non capii cosa, sin quando una mano non mi afferrò da dietro, tappandomi la bocca e trascinandomi in cucina. Mi lasciò e io mi voltai, vidi in faccia il mio aggressore. Dalton mi faceva cenno di stare in silenzio.

-Cosa fai?- sussurrai.

-Non siamo soli in casa. C'è qualcuno di... cattivo- spiegò, facendomi segno di stare dietro di lui, mentre brandiva un coltello da carne molto affilato. Un rumore proveniente dalla sala ci fece saltare dallo spavento: dei cocci venivano calpestati. Qualcuno si dirigeva a grandi passi verso la cucina. In quel momento, mentre Dalton si preparava a fronteggiare l'aggressore, ebbi paura, quella paura che non provavo da quando venivo picchiato a scuola, quella paura totale che, lì, in quel momento, mi fece sentire totalmente solo.

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