Capitolo 1 - Il coinquilino pazzo

3.1K 196 33
                                    

-Ha origini irlandesi? Perché Murphy è un cognome tipico di quelle parti- mi domandò la segretaria cicciona, sorridendo e sfottendo il mio cognome e la mia generazione di irlandesi.

-Sì, signora- risposi, respirando con calma, mentre rideva e ungeva la mia tessera di riconoscimento con quelle mani schifose che, fino a dieci secondi prima, tenevano in mano un cheeseburger enorme. Sorrisi, attendendo la restituzione del mio badge e infilandolo in tasca cercando di toccarlo il meno possibile. E poi dicono che noi gay siamo schizzinosi... non è essere schizzinosi, è odiare lo schifo!

-Allora, appelli obbligatori due, uno a semestre, fissati dai professori dei corsi. Alloggio nel campus all'appartamento 155 del dormitorio maschile B, nella cartina è contrassegnato come "Dormitorio maschile B"- ma dai... è un genio sta qua –Poi, regole del campus affisse ad ogni bacheca. Prima regola: è vietato uscire dopo le 21.00, seconda regola...-

-No aspetti un momento- la bloccai –Cosa significa che è vietato uscire dopo le 21.00? Siamo tutti maggiorenni ed è illegale "chiuderci" nei dormitori- domandai, dubbioso. Lei rise.

Cazzo ridi cogliona di merda. OK. Non mi stava simpatica, quella segretaria.

-Perché il rettore ha stabilito così. Vuoi studiare alla Ohio State? Bene, allora segui le regole- spiegò, o, per meglio dire, glissò la domanda. La liquidai con un cenno e mi diressi fuori dallo stabile, in cerca del dormitorio. Il campus era enorme e pullulava di gente: dagli studenti, ai professori, al personale ATA, alle guardie del campus. Tutto era stupendo e diverso dalle scuole superiori, ambiente che odiavo e finalmente ne ero fuori. L'ultimo giorno, tra le lacrime e gli abbracci che i miei compagni si davano, io ero del tipo: "SII CAZZO LA SCUOLA E' FINITAAAA". Okay. Non sono una persona normale. Che dire di me? Sono un ragazzo di 19 anni, gay e single. Sono piuttosto normale, con dei capelli normali, degli occhi normali, un fisico normale. Insomma, poco interessante, ma non mi importa. Non voglio un ragazzo e sto bene da solo. Mi sono iscritto alla facoltà di legge della Ohio State University e, sicuramente, ciò mi darà una spinta maggiore nel trovare lavoro. Raggiunsi il dormitorio: era enorme. Dotato di un giardino esterno, appena entrato vidi tre cucine e due salotti con divani e televisori, e la gente spaparanzata sui comodi sofà. Salii sino alla 155. La porta, in legno chiaro, era leggera. Una volta aperta, vidi un vero e proprio appartamento costituito da due letti, un salottino, un bagno e un angolo cottura. Sorrisi, immaginandomi da solo in quel ben di Dio.

Diciamo che il momento hippie durò poco, perché alle mie spalle, come una furia, un ragazzo si precipitò nella stanza, facendomi perdere l'equilibrio. Scivolai e mi aggrappai ad un mobile rischiando di romperlo.

-Che cazzo di appartamento stupendo- disse lui, voltandosi verso di me e tendendomi la mano –Mi chiamo Caleb-

Ricambiai la stretta, dichiarando il mio nome. Ecco il mio coinquilino, un montato, pazzo e sicuramente etero e omofobo. Fosse stato per me, mi sarei sotterrato all'istante, immaginando cinque anni di inferno con il mio coinquilino. Ma, lui d'improvviso mi tirò un pugno sulla spalla, colpendomi il nervo e facendomi imprecare.

-Che cazzo... perché lo hai fatto?!- domandai, tamponandomi il braccio dolorante.

-Perché mi stai immaginando nudo- disse ridendo, io lo squadrai, notando che era molto carino: capelli biondi e occhi verdi, un fisico abbastanza marcato e dei tatuaggi lungo tutto il corpo, poi ritornai sulla terra.

-No, non ti sto immaginando nudo!- urlai, sulla difensiva. Lui continuò a ridere. Perché tutti ridevano in quella cazzo di università?!

-Lo so che sei gay- confessò lui –E stavo scherzando. Cioè, sono etero e sono figo, è normale che mi immagini nudo- mi fece salire il nervoso...

-Non ti stavo immaginando nudo- ribadii –E come fai a dire che sono gay?-

-Me l'ha detto Alexis appena ha scoperto che eravamo in stanza insieme- spiegò, mentre io imprecai nuovamente.

-Quella cazzo di pettegola mi sente- dissi arrabbiato, lui rise ancora. Alexis era la mia migliore amica. Si era iscritta alla mia stessa università e conosceva un sacco di gente, per cui era ovvio che conosceva anche Caleb. Però mi dava fastidio che andava in giro sbandierando la mia omosessualità...

Il mio coinquilino si sedette sul morbido divano beige, e io lo imitai.

-Che ne pensi delle confraternite?- mi chiese, questa volta fu il mio turno di ridere.

-Le odio. Non mi ci iscriverei mai- confessai, lui annuì, in segno che la pensava come me. Effettivamente non mi ci sarei mai voluto iscrivere, ma, a lungo andare, mi sarei accorto di non avere scelta...


BrotherhoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora