1 - La Chiave

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Era una giornata triste e grigia.

Non importava che il cielo fosse azzurro e limpido, neanche una nuvola all'orizzonte, che il sole splendesse alto, che le scuole fossero finite da un giorno e che gli studenti si fossero riversati nelle strade, nei bar e nei parchi ad oziare e chiacchierare delle vacanze, dell'ultima moda, degli amori estivi e delle grandi avventure.

Era una giornata triste e grigia, punto e basta.

Vestita sobriamente di nero, con passo lento e mesto, stavo tornando da un funerale, quello di un'amica così affettivamente vicina da essere quasi una gemella, di una persona così cara da sentire che una parte di me era scomparsa con lei, e il senso di colpa mi stava uccidendo lentamente mentre una domanda mi rimbalzava in testa come la pallina di un flipper impazzito: perché si era tolta la vita?

Non riuscivo ancora a crederci: i suicidi sono eventi che si leggono sul giornale, che appartengo alle vite di qualcuno che non siamo noi e il nostro circolo di affetti, gesti disperati di persone disperate.

Allora perché Jule si era tolta la vita?

Durante la sua infanzia e la sua adolescenza aveva avuto dei problemi, un padre risposato e assente e una madre un po' distratta e in carriera che non avevano molto tempo per lei, una costituzione delicata e un carattere timido e introverso, e crescendo era diventata una ragazzina troppo alta e troppo magra, un po' sgraziata e un po' imbranata, ed in classe l'avevano presa in giro solo fino a che non era sbocciata in una bella adolescente sorridente, il passato alle spalle e un promettente futuro di fronte a sé.

Jule era stata molte cose, ma non era mai stata una vittima.

Aveva un gran senso dell'umorismo e sapeva ridere di se stessa e degli altri senza malizia, testarda e curiosa cercava sempre di fare del suo meglio e non si arrendeva mai.

Quindi, perché? Perché? Perché?

Guardai in basso, fissando il mio sguardo sul diario con la copertina nera rigida che tenevo stretto al petto, come un'ancora di salvezza: il diario di Jule. Sua madre me lo aveva dato ala fine della cerimonia, mentre uscivamo con le mani giunte dalla sala. Mi aveva stretta al petto e mi aveva dato qualche leggera pacca sulle spalle, per farsi forza, e farla anche a me. Tra le lacrime trattenute mi aveva consegnato questo piccolo prezioso fardello.

"E' per te! Giulietta ha lasciato una lettera prima di... il diario è per te, c'è scritto così. E' chiuso, non ho voluto forzare il lucchetto e... non so cosa ti ha scritto... ti chiedo solo... non lasciarmi sola, d'accordo? Io sarò in quella casa vuota e non avrò nessuno con cui parlare di lei... per ricordare tutti i bei momenti... vieni a trovarmi, ok? Magari mi racconterai cosa c'è scritto qui dentro... se posso saperlo... e tutte le cose che non mi avete mai detto... tutte le cose che non so di lei..." e aveva preso un profondo respiro stringendomi forte, poi mi aveva fissato negli occhi.

"Tu lo sai perché...?".

Avevo scosso lentamente la testa. Ero scoppiata a piangere e lei mi aveva stretto ancora di più a sé.

"E' tutto a posto, vedrai che andrà tutto bene... " ma stava mentendo, a me e a se stessa.

Niente sarebbe andato più bene perché niente sarebbe più stato lo stesso.

La sua Giulietta, la mia Jule, non c'era più e il mondo non era più così brillante né così benevolo.

L'avevo salutata mentre veniva circondata dai colleghi di lavoro, dagli amici e dai parenti, e mi ero avvicinata a salutare le compagne di corso di Jule che mi avevano chiesto se volessi passare un po' di tempo con loro. Avevo cortesemente rifiutato, avevo bisogno di stare sola, di scendere a patti con l'accaduto. Mi avevano raggiunto i miei genitori dopo aver fatto le loro condoglianze ai genitori e aver scambiato con loro qualche parola, e subito dissi loro che sarei tornata a casa a piedi. Mia madre aveva cercato di protestare, ma mio padre aveva scosso la testa e poi aveva annuito, dicendomi solo di stare attenta.

Mi ero avviata lasciandomi tutti alle spalle, immergendomi nell'atmosfera vivace delle strade del mio quartiere di periferia, uno dei tanti nella grande metropoli, ma abbastanza nuovo da essere ricco di parchi e servizi, strade larghe e parcheggi, supermercati e negozi di cinesi sparsi un po' ovunque.

E ogni angolo era pieno di ricordi, come fantasmi: la gelateria che era stata una tappa fissa ogni sera d'estate per tutta la nostra adolescenza, la panchina nascosta dietro le siepi del parco dove avevamo fumato sigarette in segreto, la nostra scuola elementare e media dove ci eravamo conosciute e che ci aveva unite, il bar dove facevamo colazione il sabato mattina prima di dividerci per andare nei differenti licei che avevamo scelto...

Mi fermai al tabaccaio e poi entrai nel parco e all'ombra del fogliame mi avviai verso il nostro giardino segreto, mi sedetti sulla nostra panchina e tirai fuori il pacchetto di sigarette e l'accendino. Avevo smesso di fumare da più di un anno e mai momento mi sembrava più appropriato di questo per ricominciare con le brutte abitudini.

La prima boccata di fumo era sempre calda e acre, pungente e irritante, ma già la seconda e la terza mi fecero chiudere gli occhi e appoggiare la testa sulla pietra. Il vento caldo mi accarezzava le guance e un'ultima lacrima solitaria vibrò sulle ciglia prima di cadere lentamente lungo il viso fino ad essere inghiottita dalle labbra schiuse. Era salata e si mescolò al gusto della nicotina, in un tono dolce-amaro che potevo giurare fosse il sapore della malinconia.

Riaprii gli occhi e fissai il diario con il suo lucchetto d'argento, chiedendomi se tutte le risposte alle mie domande potessero essere lì dentro e chiedendomi se ero pronta a scoprirlo.

Temevo di scoprire una Jule di cui non sapevo nulla e che non si fidava di me o di sapere che mi aveva chiesto aiuto e io non lo avevo capito, di leggere nero su bianco e nelle sue parole che era anche colpa mia se era finita così. E allo stesso tempo anelavo tutto quello che temevo, perché nel mio cuore non trovavo un senso alla sua morte.

Infilai le dita nello scollo del vestito, sfiorando appena la sommità dei seni, e le ritirai strette intorno al ciondolo della catenina d'argento che portavo al collo, un regalo di Jule per il compleanno di un anno prima: una piccola chiave, elaborata ed ispirata all'opera di Alice di Lewis Carroll, con una piccola tazza sulla sommità e il coniglio bianco al centro del cuore che formava l'impugnatura, e una boccetta di vetro con un tappo di sughero con dentro un liquido blu opalescente e luccicante e sopra una etichetta con scritto "Drink Me".  




Note dell'Autrice

Ogni giovedì pubblicherò un nuovo capitolo. La storia è un WIP, un lavoro in "work in progress" quindi in fase di scrittura, e spero possa piacervi ed appassionarvi. Cordelia e Jule fanno già parte di me più di quanto mi aspettassi e sono impaziente di raccontarvi la loro più grande avventura.

E' la prima storia che pubblico su wattpad, anche se ho già scritto racconti e tradotto dall'inglese altri testi, e spero che questa esperienza mi permetta di crescere come autrice.

La più grande delle AvventureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora