Capitolo 2.

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Natasha era pallidissima. Il suo corpo era un intrico di fili e tubetti che si attorcigliavano come serpenti, lungo le braccia, intorno al collo e fra i capelli.

Mi chiesi come facesse ad essere tanto bella anche in una situazione del genere. I suoi occhi azzurri, grandi e luminosi, contrastavano con il rosso cremisi delle ciocche che le ricadevano intorno al viso. Pensai che, se avesse potuto avere figli, sarebbero stati senza dubbio tutti belli come lei.

-Non è niente- ripeté per l'ennesima volta. L'espressione apprensiva sul mio viso doveva essere inamovibile. -Domani sarò già come nuova. Gli servirà di più di una fiala di veleno per mettermi definitivamente fuori gioco.-

-Nat,- iniziai, intrecciando le dita della mia mano con quelle della sua -non ti sforzare troppo, ok?-

Lei fece per rispondermi, ma poi cambiò idea. -Okay- disse solo, alla fine.

Tre colpi sordi battuti alla porta richiamarono la mia attenzione. Steve era in piedi sulla soglia, accasciato contro lo stipite. Indossava un maglione beige e dei comunissimi jeans, un po' rovinati. Ancora mi faceva strano vederlo così, in borghese.

-Signorine...- disse, chinando appena in avanti il capo.

-Ciao Cap- sorrise Natasha, abbandonandosi fra i cuscini.

Steve entrò nella saletta, afferrò per lo schienale una sedia che era stata abbandonata poco lontana dal letto e la avvicinò alla mia. -Come stai?- domandò, quasi a voce bassa. Pensai che riuscisse ad essere veramente premuroso, alle volte.

Natasha fece spallucce. -Potrei stare peggio.-

Steve abbozzo un sorrisetto sollevato. -E tu, Kara?- chiese poi a me.

Probabilmente, si stava riferendo ai lividi ed ai graffi che avevo sparsi un po' per tutto il corpo. Ormai c'ero abituata.

-Sana come un pesce- replicai. -La prossima volta non ce lo faremo scappare.-

Non appena pronunciai quelle parole, Steve si rabbuiò. Era evidente che stesse soffrendo per tutto quello che era successo.

-Tu, piuttosto?- domandò Natasha guardandolo dritto negli occhi. -Come stai?-

Steve fece spallucce in un modo che trovai a dir poco sconsolato.

-Potrei stare meglio- replicò a sua volta.

-Hey- intervenni, appoggiandogli una mano sulla spalla. -Lo riporteremo indietro. Dico sul serio.-

Lui mi guardò interdetto, ma non rispose. Quello sguardo mi fece più male di mille parole. Steve era mio amico. Mi aveva raccolta quando ormai ero rimasta sola con la mia battaglia personale ed aveva avuto fiducia in me quando nessun altro l'aveva fatto. Mi aveva dato una casa, degli amici, una nuova famiglia ed un motivo per combattere che mi faceva alzare tutte le mattine con la voglia di vivere.

Dopo la morte dei miei era cambiato tutto, ma da quando ero entrata negli Avengers avevo ritrovato una pace che non avevo più da tempo. Io volevo aiutarlo. Non importava come e quanto tempo ci avrei impiegato. Io avrei aiutato Steve Rogers come lui aveva aiutato me. Fino alla fine e con coraggio.

Lui si limitò a schiarirsi la voce e ad uscire dalla stanza raccomandando a Natasha di rimettersi presto.

La donna gli lanciò uno sguardo a dir poco apprensivo. Io mi limitai a sospirare. Rimanemmo in silenzio per qualche altro secondo prima che Natasha decidesse di aprire il discorso.

-Si sente ancora in colpa- affermò. -Vive col rimpianto di non essere riuscito a salvarlo, quando è caduto da quell'aereo. Credo che per lui sia come perderlo di nuovo ogni volta.-

Steel || Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora