~Second letter

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«Aurora Jinn Anderson, perché ti sei imbambolata?» la voce squillante di mia zia Rose mi riporta alla realtà, facendomi sobbalzare per lo spavento. E' così vicina all'orecchio da avermi stonata sul serio.
Guardo i suoi occhi completamente confusa, in piedi dietro al bancone in marmo nero del Cakes Paradise, con il blocchetto a mezz'aria ancora tra le mani e la penna incastrata tra le dita.
Stavo ripensando alla seconda lettera che ho infilato nella borsa di tutta fretta questa mattina, provando a nasconderla alla vista di mia zia, da essermi totalmente persa tra i pensieri, passando da un'idea all'altra come se nulla fosse.

«Scusa, zia. Mi ... mi sono persa un attimo.» le dico con voce debole, imbarazzata dal suo rimprovero severo. Infilo la penna in una piccola apertura del grembiule verde allacciato alla vita e prendo un grande respiro provando a ricompormi.

Non credo sia da tutti avere ... una specie di ammiratore segreto che scrive lettere, che dedica parole carine e dolci. E' normale che ci abbia pensato a lungo. Questo, però, zia Rose non deve assolutamente saperlo. Se lo scoprisse si infurierebbe, mi farebbe la ramanzina del secolo e mi chiuderebbe a vita in casa emarginandomi e costringendomi a diventare una donna sola, frustrata e con molti gatti a cui badare.

«Cerca di svegliarti, ci sono i clienti che aspettano di ordinare.» afferma più calma e meno autoritaria di prima indicandomi un tavolino con due ragazzi biondi, di cui uno ha la mano alzata nella mia direzione. Sono Benjamin e Federico. Di bene in meglio a quanto pare, penso ironica sospirando profondamente. 

A passo veloce mi dirigo verso di loro imponendomi di non arrossire alla sola vista di Fede e del suo dolcissimo e gentile sorriso. Ha il viso tondo ed un'espressione adorabile, e a causa della sua dolcezza l'ho sempre paragonato al mio orsacchiotto di peluche che ho da quando avevo quattro anni, quello che mi regalarono i miei genitori per il compleanno: era color caramello con un grande fiocco rosso intorno alla gola. Non so il perché, ma il colore mi ha sempre fatto pensare alla tinta bionda di Fede. I suoi occhi, al contrario di quelli del suo amico, sono leggermente più scuri e mi fanno pensare all'oceano, alle acque profonde e quiete del mare. Anche lui ha tatuaggi sparsi sul braccio destro che rendono la sua aria dura e ancor più affascinante.

«Salve ragazzi.» li saluto con un grande sorriso non appena mi avvicino al tavolo rotondo fatto di marmo nero e in ferro battuto; spero che la mia maschera di quasi indifferenza funzioni, perché nel frattempo il cuore mi battere forte nel petto.

«Ciao Aurora.» dicono entrambi sorridendomi, accecandomi quasi con il bianco splendente dei loro denti.

«Come stai?» mi chiede Benjamin poggiando le mani sul tavolo e unendole insieme, mentre gioca con il suo piercing tirandolo leggermente con i denti. Gesto che mi attira particolarmente.

«Bene, grazie.» rispondo sincera, tentando di scacciare i pensieri poco casti fatti sul mio amico - non si può negare la sua bellezza. «Voi due, invece?» chiedo davvero interessata, spostando lo sguardo da Ben a Federico, soffermandomi di più su quest'ultimo.

«Ora decisamente meglio.» mormora piano Fede, mordendosi il labbro cercando di trattenere una risata. Non stacca gli occhi da me mentre lo dice, provocando un leggero rossore sulle sue e sulle mie guance. Sono lusingata, davvero. Non lo facevo così coraggioso. Mi ha stupita, piacevolmente stupita.

«Ehm ...» mi schiarisco la voce mettendo da parte l'imbarazzo. «Cosa vi porto?» chiedo gentile prendendo la biro tra le dita pronta a segnare le loro ordinazioni sul blocchetto.

«Red velvet con frutti di bosco e una torta Oreo, insieme a due caffè.» comanda Federico senza perdere il bellissimo sorriso e fissandomi in modo insistente. Riesco a sentire i suoi occhi bruciarmi la pelle, anche se ho la testa abbassata verso i foglietti.

«Arrivano subito.» rispondo cordiale riportando l'attenzione su di loro.

Giro i tacchi e mi avvio verso il bancone dove mia zia è intenta a servire dei clienti abituali: una coppia di cinquantenni in pensione che adorano trascorrere un'oretta qui in pasticceria e poi scarrozzare in giro per la città in sella alla loro moto sportiva.
Do l'ordine a Rosalinde e aspetto che tutto sia pronto. Volto la testa alle mie spalle per guardare la situazione all'interno del locale: tutto è tranquillo e tutti sono serviti e soddisfatti. Adoro vedere i volti delle persone sorridenti quando lasciano il Cakes Paradise.
Mentre passo lo sguardo attenta in ogni zona, inevitabilmente, gli occhi mi finiscono su Fede e Benji, ora intenti a giocherellare con il cellulare ridendo di qualcosa che hanno appena visto. Il secondo si accorge del mio sguardo e mi sorride gentile, alzando appena la mano e facendo un piccolo cenno di saluto. Ridacchio davanti alla simpatia di Ben, ha anche un'espressione buffa sul suo viso dai lineamenti marcati e spigolosi. Non cambierà mai, é sempre il solito giocherellone. 
La zia richiama la mia attenzione porgendomi un vassoio con l'ordinazione dei ragazzi, lo afferro e, in prefetto equilibrio, lo tengo stretto tra le mani incamminandomi verso di loro.
I miei piedi, d'improvviso, inciampano in qualcosa che ostacola il cammino. Non so di preciso cosa sia successo, ma le torte ed i caffè finiscono spiaccicati al suolo sporcandomi tutta la divisa nera di panna, cioccolato e sciroppo di frutti di bosco, mischiato tutto col caffè. Non mi è mai successa una cosa del genere e non capisco come possa aver combinato questo disastro. Tutti i clienti si sono voltati, mentre io sono ancora perplessa ed imbambolata a fissare il casino che ho fatto.

Lettera || b.m.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora