Capitolo 19 - Forse sì, forse no

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Le ultime due settimane di scuola erano passate.
Ma mentre tutti gli altri si trovavano già in vacanza, io avevo passato un'altra settimana a studiare. Pedagogia per la seconda prova; storia, filosofia, inglese e matematica per la terza. Per la prima ci sarebbe solo voluta una buona dose di fortuna...
E insomma, anche gli scritti poi erano andati. Anche abbastanza bene, scoprii dopo.

In quel preciso momento stavo aprendo la porta d'ingresso della scuola, per poi lasciarla richiudere alle mie spalle. Era finita!
Avevo appena finito l'orale, e mi sembrava fosse andato anche abbastanza bene, tutto sommato.
Mi sentivo il sorriso sulle labbra! Ero felice!!

Arrivai a casa e raccontai tutto, per filo e per segno, ai miei e a Marco. Ripensandoci, era stato abbastanza sereno... non come i professori me lo avevano fatto immaginare. Be', meglio così!
Ora restava da aspettare l'uscita dei risultati.

«Eli! Oggi vado da Gabriele, ci sono anche gli altri... vuoi venire? Così festeggiamo la tua maturità!» mi chiese Marco appena finii di aiutare la mamma a spreparare la tavola.
Alzai gli occhi «No, sono tuoi amici, mica miei!».
Lui sbuffò «Ma ti piacciono, e poi loro insistono per vederti... cosa che sinceramente mi dovrebbe preoccupare».
«Ma figurati, cosa mai dovrebbe preoccuparti?» risposi ridendo.
«Be', tu sei una bella ragazza, e loro sono maschi» sottolineò lui.
Lo guardai alzando un sopracciglio.

«Comunque, ci vieni vero? Giochiamo un po', ci divertiamo... fallo per me!» insistette ancora lui.
Alzai gli occhi al cielo «E va bene!».
Lui esultò, e io andai a prepararmi. A Marco non sarei mai riuscita a dire di no...

«Eccola la nostra diplomata!» esclamò Tommaso appena entrammo in casa di Gabriele venendo a darmi due baci sulle guance.
«Grande!» disse poi Daniel dandomi il cinque.
Sorrisi «Grazie!».
Poi i miei occhi si posarono sul prof, o meglio, sul mio ex-prof. E cavolo, il mio cuore mi risuonò così forte nel petto, che quasi ebbi paura che loro lo sentissero.
Distolsi a fatica gli occhi dal suo fisico perfetto, per poi finire incatenata dal suo sguardo.
Ops, forse se n'era accorto!

Ma lui sorrise avvicinandosi e mi strinse in un abbraccio, avvolgendomi con il suo profumo.
«Brava, Piccola Solitaria» mormorò mentre gli altri salutavano Marco.
«Non lo so ancora come è andata» commentai quando lui si allontanò leggermente.
«Scommetto che è andata bene, ne sono sicuro» mi rassicurò lui.
«Speriamo, e grazie per tutto!» risposi.
Lui sorrise, poi lanciò un'occhiata ai suoi amici.
Dopo un attimo mi si avvicinò di nuovo.
«Comunque piaci a Tommi, ne sono sicuro» mi sussurrò all'orecchio, facendomi venire i brividi.

«E come faresti ad esserne sicuro?» chiesi scrutandolo.
«Basta vedere come ti guarda, e poi mi ha chiesto il tuo numero... più chiaro di così!» rispose lui facendo una smorfia.
Io arrossii «E glielo hai dato?».
Lui scosse la testa.
«Bene, è un bel tipo, ma sarebbe imbarazzante uscire con lui».
«Perché?».
«Perché non so esattamente di che anno sia, ma già Marco ne ha 7 più di me... E la mia esperienza ammonta a zero, lo sai» spiegai guardando Tommaso che parlava con Matteo.

«È dello stesso anno di Marco, sono io il più vecchio. Comunque la differenza d'età non è così importante, quello che conta davvero è quello che provi per l'altra persona» replicò cercando il mio sguardo.

Sospirai «Lo so, ma lui non mi fa venire la tachicardia. Mi piace, ma non così tanto...».
Era qualcun'altro in effetti a farmi venire la tachicardia e le farfalle nello stomaco. Cosa che finora non avevo mai provato, ma adesso sapevo bene come ci si sentiva.
«Comunque non dirlo a Marco» continuai.
Poi raggiunsi gli altri quattro e salutai Matteo che ancora non avevo salutato.

«Andiamo giù?» chiese Daniel, mentre Spark mi raggiungeva e cominciava a strofinarsi sulle mie gambe.
Lo presi in braccio e seguii gli altri giù per le scale.
«Spark, sei un ruffiano!» disse il prof facendogli una carezza, mentre mi passava affianco.
Mi accorsi però che non potevo più pensare a lui come al "prof". Non lo era più. Avrei dovuto chiamarlo per nome, cosa che finora non avevo mai fatto... era un modo per ricordarmi la differenza e la distanza tra noi e i nostri mondi.

Mi sistemai vicino al calcetto con il micio in braccio, mentre gli altri cinque decidevano chi giocava e chi no. Cominciarono Daniel e Matteo contro Marco e Gabriele. Ecco! Mi faceva già strano riferirmi a lui con il suo nome...
Tommaso si mise di fianco a me, a guardare la partita. Forse un po' più vicino del normale.
Incrociai gli occhi azzurri, e il sopracciglio alzato. Ok, forse aveva ragione lui.

Seguii la partita, assistendo alla vittoria della mia squadra preferita. Non c'erano dubbi su quale fosse, ovviamente.
Poi cambiarono squadre e insistettero affinché giocassi anch'io. Finii in squadra con Marco, contro Tommaso e Daniel.

«Eeeeeh, grande Eliii!» esclamò mio fratello dandomi il cinque. A metà partita eravamo in svantaggio, ma poi in quattro e quattr'otto avevamo recuperato, vincendo.
Sorrisi, poi tornai da Spark che stava comodamente stravaccato sulle braccia del suo padrone. Restai vicino a lui, mentre gli altri quattro iniziavano un'altra partita.
«Lo vuoi tu?» mi chiese indicando il gatto con la testa.
«No, guarda come sta bene lì» risposi accarezzandolo, poi mi chinai leggermente e gli stampai un bacino sulla testolina pelosa.

«Però! Essere un gatto ha i suoi vantaggi» constatò lui facendo un sorrisetto.
Lo fissai «Sei geloso?» mormorai divertita.
«Mah, essendo il suo padrone dovrei ricevere lo stesso trattamento, non credi?» sussurrò con una luce negli occhi.
Risi «Tu passi tranquillamente dall'essere serio, a mettermi in situazioni assurde. Non so mai se stai scherzando o no, quando mi dici certe cose».
Lui sorrise «Chi lo sa, forse sì forse no. Ma io non rischierei».

«Che dici Spark? Lo devo fare o no? Muovi una volta la coda per il sì, due per il no» dissi avendo notato che quasi sempre quando muoveva la coda lo faceva due volte di seguito.
Lo guardammo e dopo qualche secondo lo fece. Cavolo! Una volta!
Guardai il suo padrone, che mi fissava con aria di vittoria.
Alzai gli occhi al cielo, poi mi avvicinai e gli posai un bacio sulla guancia.
«Grazie, e grazie a Spark. Lui sì che ha capito tutto!».

«Tommi, concentrati sulla partita!» esclamò Matteo. Mi girai verso di loro.
«È quello che sto facendo» mormorò l'altro.
«Mica tanto» replicò il moro.
«Vedi, te l'avevo detto» sussurrò una voce nel mio orecchio facendomi sobbalzare.
Mi voltai e lo fulminai con lo sguardo «Ma devi per forza farmi prendere un infarto ogni volta? Avvisami quando ti avvicini senza fare rumore. Prima o poi muoio».
Lui si mise a ridere.

Tornai a guardare la partita cercando di non pensare a lui. Cosa molto difficile, dato che ormai mi si era definitivamente impresso nella testa.

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