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Mi porto alle labbra la tazza di caffè che sorreggo con entrambe le mani, mentre osservo il vuoto, senza minimamente prestare attenzione a tutto quello che sta accadendo attorno a me, persa nei miei pensieri, nella stanchezza dovuta alle innumerevoli ore insonni e in me stessa. È la seconda che bevo, ma non posso rischiare di addormentarmi mentre guido. Il profumo di caffeina si dissipa nell'aria ma si incastra nei miei polmoni, rigenerandomi, assieme al sapore rinvigorente della bevanda calda che mi sta scaldando le mani. Come se già non stessi morendo di caldo di mio. Per fortuna in quest'area di servizio sono accesi i condizionatori: in quella in cui mi sono fermata un'oretta fa per fare benzina e andare in bagno non lo erano, e per poco non si soffocava. Si respira profumo di cornetti caldi e cibo di ogni genere, nell'area ristoro. Sono seduta su uno sgabello particolarmente alto, a un tavolino rosso altrettanto soprelevato, con i gomiti poggiati sulla superficie di plastica. Fino a qualche minuto fa ero tutta intenta a guardarmi attorno, a osservare la gente che popola questo posto svolgere le mansioni più disparate. Ma ora non c'è più nessuno, a parte me e una cassiera abbastanza annoiata, che non fa altro che mangiucchiarsi le unghie di una mano e scorrere il pollice dell'altra sulla schermata principale del cellulare. E non è che posso pretendere chissà che affluenza, alle tre e mezza di mattina. La gente normale dorme. Sono io l'unica folle che ha stabilito di partire immediatamente. Termino il caffè e scendo dal rialzo, per poi riportare la tazza di ceramica alla suddetta cassiera, che, irritata, borbotta una sorta di ringraziamento, e ritornare in macchina. Quella che si prospettava come una serata arieggiata si è rivelata essere una notte afosa, non so tramite quale incomprensibile corso. Sospiro e rientro in auto, azionando l'aria condizionata e la radio, per evitare di rimanere sola con le mie riflessioni. Sospiro quando il canale su cui sono sintonizzata fa partire la riproduzione di una canzone che mi risulta più che familiare, e solo dopo qualche minuto il mio cervello metabolizza il tutto e mi fa rendere conto che è la canzone che Peter stava suonando quella sera in cui io avevo bevuto più del necessario, e della quale non ricordavo nulla fino al momento in cui mi sono ritrovata a raccontare tutto a zia Flo, e ogni ricordo è improvvisamente riaffiorato alla mia mente. Palpabile e vicinissimo, come se non fosse mai andato via.

Just like Philadelphia
Freedom means a lot to me.
In between the place I've been
And where I'm goin'.

E trovo ironico come si adatti perfettamente a questo istante. Proprio questo istante. In cui sto lasciando Filadelfia per andare alla ricerca di una libertà che credevo di aver acquisito, ma che in realtà ho perso sei anni fa. E sono al centro tra il posto in cui sono stata e quello in cui sto andando, perché sono a metà strada. Ma non provo rimorso, perché io sono veramente convinta di quello che sto facendo. Perché è quello di cui ho bisogno. Perché è quello che voglio.

But it's much too late for now
To be like yesterday.

And the time is running out
And we still have to say
Goodbye.

E, sì, forse è troppo tardi perché torni esattamente tutto come prima. Ma non è certo questo che pretendo da lui, da me stessa o dalla situazione. Il tempo passa, ma io intanto ho ancora tante, troppe cose da dirgli. E non troverò pace finché non l'avrò fatto. Dopo può capitare qualsiasi cosa. Mi basta sapere di poter vivere senza rimpianti, senza rimorsi e senza pentimenti. Ma non senza lui, preferibilmente.

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Ho lasciato zaino e valigia in macchina. Ho solo il cellulare con me - in una delle tasche della giacca leggera che indosso, siccome non mi sono ancora cambiata da ieri sera, e questo dannato vestitino non ha tasche - e le chiavi della mia auto nella mano sinistra, mentre con la destra suono il campanello, timorosamente e con l'ansia. Ho sentito la pressante urgenza di fare una tappa qui, prima di partire definitivamente, eppure non ho per niente pensato a come e cosa dire. Come al solito faccio le cose d'impulso e poi ne pago le conseguenze. Giustamente. Sbadiglio e mi stropiccio gli occhi stanchi e affaticati - rovinando senz'altro il trucco ormai già colato, che si sarà indubbiamente fuso con le mie occhiaie da panda. Poso le chiavi nell'altra tasca del giubbottino e attendo. Mi sento completamente privata di ogni energia. Forse non è stata un'idea geniale, quella di guidare per ben cinque ore, a notte fonda, con il peso di altre numerose ore in cui non ho chiuso occhio sulle spalle e con solo due caffè a ricaricarmi. Sono quasi le sette di mattina, e il sole sta appena facendo capolino all'orizzonte, irradiando con i suoi deboli raggi il cielo delle più svariate screziature, che passano dal rosa all'arancio, creando un miscuglio di luci, ombre e colori da mozzare il fiato. C'è profumo di gelsomini in fiore e di primavera. Fa meno caldo di qualche ora fa, per questo riesco a sopportare il giubbotto addosso.

Celeste - Lasciati trovare [SEQUEL]Where stories live. Discover now