Capitolo 7

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I raggi del sole battevano potenti sulla finestra del salotto.
Non si erano spostati dal divano al letto, avrebbe voluto dire lasciarsi l'uno dalla presa dell'altro, e probabilmente non erano ancora pronti per questo.

La luce del mattino illuminava il viso e i capelli di Ian, che in quel momento, Mickey avrebbe potuto giurare, sembrassero quasi fuoco.
Lo stesso fuoco che poteva sentire dentro di lui, che poteva sentire divampare alla sola vista dell'altro.

Passò una mano sulla fronte di Ian, e infilò le dita nei capelli, piano, come se i suoi polpastrelli potessero bruciarsi.
Era li, sudato per il caldo, e appiccicoso per il sesso, abbracciato ad un ragazzo, che in quel momento, di certo, non aveva affatto un buon odore, la testa ancora sul suo petto ormai indolenzito.
Eppure era l'unico posto in cui avrebbe voluto essere.
Che cosa gli stava prendendo?
Da quando era diventato cosi smielato?
Cazzo. Chissenefrega.
Infondo, nessuno avrebbe dovuto saperlo, nessuno a parte Ian.
Per gli altri, sarebbe rimasto il solito rude e attaccabrighe di sempre.

Sorrise quando vide la testa di Ian sollevarsi, gli occhi ancora socchiusi che si scontravano con i suoi.
Ridacchiò quando notò la macchia rossa sulla guancia sinistra, dovuta al prolungato contatto con la sua pelle.

"Buongiorno, perché ridi?"
Sussurrò nella bocca di Mickey prima di baciarlo sulle labbra.
Le loro lingue diedero vita a una sessione di pomiciata mattutina.
E cosa importava se i loro rispettivi aliti non sapevano propriamente di dentifricio.

"Buongiorno a te cenerentola"
Ok, forse così aveva esagerato con tutto quel fatto del sentirsi un po' più dolce del solito.
Abbassò gli occhi distogliendoli da quelli di Ian.
Forse anche lui doveva abituarsi a quel lato di se stesso, cosi sconosciuto prima di allora.
O forse solo ben nascosto, da qualche parte dietro il suo cuore.
Dove tante cose aveva seppellito, e in parte, dimenticato.

"Sei tenero"
Con la testa si infilò sotto il mento abbassato di Mickey per guardarlo negli occhi.
In realtà aveva la sensazione di non poter proprio più fare a meno di quegli occhi lì,
era sicuro, e questo lo aveva pensato fin dal primo giorno, di non aver mai visto tonalità di blu più bella di quella.

"Oh fottiti stronzo"
E perché Ian si mettesse a ridere ogni volta che lo prendeva a parolacce proprio non riusciva a capirlo.
Peccato che quelle parole che assomigliavano cosi tanto ad un insulto, assumevano un tono completamente diverso se rivolte ad Ian.
Beh, di questo non ne era consapevole nemmeno lui, non ancora almeno.

I loro nasi si intrecciarono quando arrivò alle loro narici un odore di bacon cosi intenso da fargli brontolare lo stomaco.
"Mia sorella avrà preparato la colazione"
"Quindi conoscerò tua sorella in queste condizioni?"
Il prolungato silenzio di Mickey fece sussultare Ian, il sorriso svanì improvvisamente dalla sua faccia, e si accigliò quanto basta da sembrare un cagnolino che aveva appena ricevuto un rimprovero
"Uh, è troppo presto ho capito"

"Ei Mandy vieni qui"
Il rosso dovette nascondere le orecchie tra le mani
Quel ragazzo era in grado di urlare come un dannato megafono

"Lui è Ian"
Mickey indicò, con un gesto della mano, prima l'una, chiaramente divertita alla vista delle condizioni in cui versavano quei due.
Ian rannicchiato tra le gambe di Mickey, che teneva un piede a terra e il collo sul bracciolo.
Il loro divano non era un cazzo di letto a baldacchino.
Perché cazzo non usavano la camera.
E poi l'altro, visibilmente imbarazzato da quella ragazza così spavalda,
Pensava proprio assomigliasse a Mickey.
e cosi del tutto al suo agio nell'assistere a quella scena.

"Ohh e cosi sei tu il famoso Ian"
Gli occhi di lei vagavano su e giù scrutando ogni centimetro visibile del corpo del ragazzo.
"Bei gusti fratellino"

Strofinandosi il naso con l'indice e il pollice fece cenno a Mandy di andare via di li.
Era cosi fottutamente imbarazzante a volte.
Senza farselo ripetere due volte, sparì di nuovo in cucina.
Qualcosa le diceva, che avrebbe avuto tempo per sfottere suo fratello.

"Sei felice adesso?"

Cazzo se era felice.
Era felice come un bambino il giorno di natale al solo pensiero che Mickey avesse parlato di lui, con sua sorella.
Era felice di essere li.
Era felice di averlo trovato.
Era felice e basta.

Il telefono di Ian squillò per cinque o sei volte prima che lui si decidesse a rispondere.
Non lo aveva sentito in realtà
O l'aveva semplicemente dimenticato
nei pantaloni, che non si era più infilato dalla sera precedente.
Fu più facile dopo una doccia, durante il quale, chiaramente, fecero sesso, infilare una tuta di Mickey.
Quello, li portò a fare la lotta sul letto come due ragazzini, in seguito a qualche battuta, che Mickey fece finta di non trovare affatto divertente, su come fosse possibile che non gli arrivassero nemmeno leggermente sotto la caviglia.

Persero un paio d'ore a farsi fare il culo da Mandy alla playstation e chiacchierarono del più e del meno accoccolati sul letto dopo aver pranzato.
E si, mickey ora credeva davvero che il suo ragazzo masticasse come un maiale.
Ragazzo.
Fidanzato.
Che cazzo di pensieri aveva.
Suonava bene però.

"Era mio padre, devo andare"
"Devo andare al lavoro tra poco comunque, quindi è ok"

Non era ok.
Ian non voleva andar via
Mickey odiava il pensiero di non ritrovarlo al suo rientro.

"Senti.. mh"
"Ci parlerò Mick, te lo prometto"
Lo attirò per la maglietta e portò le braccia intorno al suo collo.
Mickey affondò la testa nella spalla, una mano sulla nuca di Ian
l'altra stringeva la sua maglietta dietro la schiena, spiegazzandola.

Non pensarono al fatto che quello fosse il loro primo vero abbraccio.
I loro corpi combaciavano così perfettamente che potevano credere di essere nati esattamente in quella posizione.
Chiunque avesse inventato gli abbracci, ne meritava sicuramente uno.

"Ian dove sei stato?"
La voce di suo padre arrivava ruvida alle orecchie.
Di schiena davanti alla finestra con la consueta tazza di te in mano, le tende bianche tirate, cosi da impedire alla poca luce rimasta fuori di entrare in casa.
"Ti rendi conto di essere sparito?"

"Devo parlarti papà"

Era il momento giusto
Quello che aspettava da una vita
Non si sarebbe tirato indietro, questa volta.
Questa volta c'era Mickey.

"No Ian, sono io che parlo adesso, non uscirai di casa, non uscirai più fin quando sarai pronto a partire per il seminario"
"E non si discute Ian, mi hai sentito?"

Poteva sentire gli occhi bruciare.
Il cuore accellerare i battiti.
La rabbia salire.
Perché suo padre non aveva mai voluto ascoltarlo.
Perché non aveva guardato. abbastanza dentro il cuore di suo figlio.
Per non aver capito chi era davvero.
Cosa voleva davvero.
Per non essersi reso conto di quanto tutto questo lo facesse soffrire.

"Dov'è mamma?"
Non ebbe risposta.

Era sempre stato così, se sua madre non era in casa probabilmente era a farsi scopare da qualche tizio chissà dove
O a giocare d'azzardo chissà dove
O al circolo, a trovare qualcuno per farsi sbattere chissà dove.
Finché non arrivava la domenica, quando arrivava la domenica era una madre amorevole e una moglie devota.

"Mi sono innamorato papà"

"Partirai lunedì, devi studiare"

"Si chiama Mickey"

A cosa mi sarebbe servito studiare?
Quale grande conoscenza avrebbero potuto regalarmi quei libri?
Se tutto quello che ho bisogno di sapere, è nella geografia del suo corpo, nella storia dei suoi occhi, e nella chimica del suo bacio.

"Non andrò da nessuna parte".

Il Destino Ha La Sua PuntualitàWhere stories live. Discover now