«Ci hanno abbandonato di nuovo!»

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Tuttavia, dopo quell'episodio, Gabriel aveva preso l'abitudine di origliare quello che dicevano i loro genitori quando erano a letto, convinti che i figli dormissero, se avevano intenzione di abbandonarli di nuovo, non voleva farsi trovare impreparato.

Qualche settimana dopo sentì la matrigna dire: «I bambini hanno ritrovato la strada di casa e ho lasciato correre ma ora devono andarsene! Rimane solo mezza pagnotta. Domani li condurremo più addentro nel bosco, perché non ritrovino mai più la strada: per noi non c'è altro rimedio.»
«Hai ragione» sentì dire dal padre.
Era talmente arrabbiato che, tornato in camera, si sfogò prendendo a calci il proprio lettino. «Cassy, vogliono rifarlo! Ma non ti preoccupare, siamo tornati a casa una volta e lo faremo ancora!»
Quando ritenne che i genitori si fossero addormentati, Gabriel s'infilò la giacchetta per raccogliere altri sassolini ma quando giunse alla porta, la trovò sbarrata, tornò in camera mogio: «Mi dispiace, Cassy, m'inventerò qualcos'altro.»

Allo spuntar del giorno ebbero il loro pezzetto di pane, ancora più piccolo della volta precedente. Per strada, Gabriel lo sbriciolò in tasca e si fermava spesso per gettarne una briciola.
«Perché continui a fermarti, Gabriel?» lo sgridò il padre. «Cammina!»
Il bambino cercava anche di raccogliere dei sassi per segnare la via ma ogni volta che si chinava, si beccava uno scapaccione al grido di: «Muoviti, pelandrone!»
Li condussero ancora più addentro nel bosco. Là ebbero di nuovo l'ordine di sedere accanto al fuoco e aspettare che i genitori tornassero a prenderli.
«Certo, come no! Muoviti, Cas, prima che quelle dannate formiche si portino via tutte le briciole!» disse Gabriel, appena gli adulti sparirono nel bosco ma quando le cercò, non ne trovò una: formiche e uccellini le avevano già spazzolate.
«Tranquillo, Cassy» gli disse Gabriel, credendo di riconoscere comunque la strada, «ti riporterò a casa prestissimo, capito?»
«Ma come facciamo a ritrovar la via senza briciole?» piagnucolò il minore.
«Oh, ci riusciremo» gli sorrise incoraggiante ma dopo qualche ora si rese conto che tutti gli alberi gli sembravano uguali, forse stavano addirittura girando in tondo, capì che si erano persi.
A mezzogiorno Castiel divise il suo tozzo di pane con il fratello.
«Accidenti! Se almeno trovassi uno dei sassi che ho lanciato l'altra volta, ritroveremmo subito il cammino!» brontolò il maggiore, masticando la sua porzione.
Camminarono tutto il giorno, poi si addormentarono abbracciati per la gran stanchezza.

Il giorno dopo trovarono un po' di bacche nei cespugli ma erano insufficienti a placare la loro fame, poi ripresero a vagare cercando, inutilmente, la strada di casa.
«Perché ci hanno abbandonato? Siamo sempre stati obbedienti!» piagnucolava Castiel.
«Mi dispiace, Cassy. Son stato stupido, avrei dovuto far scorta di sassi da tenere sempre in tasca.»
«Non sei stupido, mi hai portato a casa una volta e ci riuscirai ancora e ti aiuterò a fare la scorta di sassi... Che cos'è una scorta? Non si mangia, vero?»
Nonostante tutto, Gabriel sbuffò divertito.

Il terzo giorno ricominciarono a camminare.
Il piccolo Castiel continuava a piangere: era spaventato, affamato e infreddolito.
«To' indossa questa» disse Gabriel, togliendosi la sua giacchetta e porgendogliela.
«E tu non hai freddo?» chiese Castiel, prendendola esitante.
«Naaa, solo i pulcini han sempre freddo» rispose noncurante.
«Grazie» disse Castiel, indossandola.
«Semplicemente ero stufo di sentirti frignare» replicò il maggiore, strofinandosi le braccia.
A mezzogiorno, giunsero davanti a una casina fatta di un legno scuro particolarmente lucente, che emanava un profumo delizioso.
Il maggiore, incuriosito, leccò una parete della casetta ma era deliziosa!
«Gabriel, che cosa fai?» chiese Castiel, inclinando la testa.
«Zitto e mangia!» gli rispose il maggiore porgendogli un pezzo di anta, mentre lui si allungò sulle punte, stese la mano e staccò un pezzo di tetto, per sentire se era buono, non avrebbe potuto dire di che cosa sapesse, non aveva mai mangiato niente del genere ma il sapore gli piaceva, eccome!
«Ma è buona!» esclamò Castiel stupito, dopo aver dato un morso all'anta.
«Ci siederemo qui e mangeremo a sazietà» disse Gabriel. «Poi ci riempiremo le tasche di queste delizie e cercheremo di tornare a casa... Anche se devo confessarti che verrei ad abitare qui molto volentieri!»
A un tratto la porta si aprì e venne fuori una bellissima donna con i capelli rossi. «Avanti, entrate, siete giunti in tempo. Ho appena finito di cucinare una torta che dice: "Mangiami! Mangiami!" Volete assaggiarla?»
«Certamente!» esclamò Gabriel.
«Ma una torta non può parlare...» obbiettò Castiel, inclinando la testa.
Entrarono e videro una tavola imbandita con torte, pasticcini, frittelle; tutti cibi di cui avevano solo potuto immaginare il sapore quando sfogliavano l'abbecedario che avevano a casa e ora erano lì davanti a loro!
«Pancia mia, fatti capanna!» disse entusiasta Gabriel.
«Come fa una pancia a diventar una capanna?»
I due bambini ringraziarono e cominciarono a mangiare tutto quello che la donna portava loro.
Dopo un po', Gabriel si alzò sospirando: «Castiel, dobbiamo rimetterci in marcia. Vi ringraziamo, signora. Siete stata molto buona con noi ma temo che dobbiamo andare.»
«Il bosco è già buio, fermatevi a dormire qui» disse la donna.
«Davvero possiamo?» chiese Castiel. «Per favore, Gabriel, sono tanto stanco.»
«D'accordo, pulcino. Tanto quelli non si aspettano che torniamo a casa.»
«Bene, vado a preparare i vostri lettini. A proposito, mi chiamo Abaddon.»

Gabriel e CastielDove le storie prendono vita. Scoprilo ora