Capitolo 25

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Oh mio dio, non è possibile, non ci credo.

Non è lui, non può essere.

Lori! No! Cazzo non puoi lasciarmi così!

Mi dispiace signorina, non ce l'ha fatta.

Ti amo. So che puoi sentirmi.

Mi mancherai.

Non sarò più la stessa, questo te lo posso giurare.

Mi svegliai di soprassalto.
Le gocce di sudore scendevano lentamente sulle mie tempie, un nodo in gola mi impediva di respirare, le mani tremavano come foglie al vento.
Era solo un incubo, uno dei tanti che facevo fin dal giorno dell'operazione.
Lorenzo non lo sapeva, non glie l'avevo mai detto.

Era una fredda mattina di febbraio, le vacanze di Natale erano ormai finite da più di un mese.
Dicevano che quello sarebbe stato l'inverno più freddo degli ultimi cinquant'anni, e a quanto pare era così, perché da un paio di giorni i tetti di Roma erano coperti di bianco.
Quella notte in particolare, aveva nevicato fortissimo.

Con una voglia pari a meno di zero di uscire con quel freddo glaciale, mi preparai ad affrontare un'altra noiosa giornata scolastica.
Misi i soliti jeans, una felpa di Lorenzo, le Timberland e la giacca a vento nera. Mi coprii meglio con il cappello e la sciarpa, e uscii finendo di masticare un biscotto al cioccolato.
Come al solito, ero in ritardo.
Mentre uscivo dal palazzo, vidi l'autobus passarmi davanti.
Cazzo.
Quella giornata non stava iniziando per niente bene, così, anche se un po' controvoglia, decisi di andare a scuola a piedi: camminare mi rilassava.
Infilai le cuffiette e mi avviai per le stradine del mio quartiere.
Un po' di tempo prima, Lorenzo mi aveva mostrato una scorciatoia per arrivare a scuola, che però era un po' buia e solitaria, e non era consigliato andare lì da soli.
Ma dato che ero troppo in ritardo, la feci comunque, sperando con tutta me stessa di non incontrare nessuno.
Ero arrivata quasi alla fine, potevo vedere il retro della scuola in fondo alla strada, quando all'improvviso qualcosa mi toccò la spalla.
Rimasi paralizzata per qualche secondo: non avevo il coraggio di girarmi.
Lentamente, spensi la musica e tolsi le cuffiette.

-Quante volte ti ho detto di non venire qua da sola?- disse una voce.
Tirai un sospiro di puro sollievo: era Lorenzo.
-Mi hai fatto spaventare- dissi io ridendo e dandogli una piccola spinta sulla spalla sinistra.
-Che fai mi spingi?- fece lui in tono minaccioso.
Lo faceva sempre, si divertiva a provocarmi il quel modo.
Si avvicinò serio, poi mi prese per i fianchi e mi baciò.
Anche quello lo faceva sempre.
-Comunque buongiorno- aggiunse poi.
-Buongiorno- dissi io, ma abbassai subito lo sguardo.
Glielo volevo dire, non potevo continuare a tenerglielo nascosto.
-Ei, che c'è?- chiese lui.
-Lori c'è una cosa che ti devo dire- iniziai -Da quando hai fatto l'operazione, ho spesso degli incubi. Stanotte eri in ospedale, avevi avuto un incidente, il medico mi stava chiedendo di riconoscerti. Eri tu, e stavi morendo. Mi hai lasciata per sempre, e io ho giurato che non sarei mai tornata la stessa di prima. Mi sono svegliata in preda al panico Lori-
-Mari ascoltami- disse lui fermandosi e prendendomi le spalle -L'operazione è passata, io sto bene, non c'è motivo di pensare queste cose. Devi stare tranquilla, perché ti prometto che qualsiasi cosa succeda, io sarò sempre e comunque accanto a te. Hai capito?-
-Si- dissi con le lacrime agli occhi -Ti amo-
-Anche io ti amo. Dai vieni qua-
Le sue braccia si avvolsero attorno a me, il suo mento si appoggiò sulla mia testa.
Un improvviso calore mi fece dimenticare della neve e del freddo che mi circondava, facendomi totalmente affondare in quell'abbraccio.
Ci guardammo per qualche secondo, e poi, insieme, ci baciammo.
-Dai andiamo- dissi dopo un po' -o faremo tardi-

Arrivammo a scuola giusto in tempo per il suono della campanella.
Come previsto, la giornata fu molto noiosa.
Passai la maggior parte del tempo a disegnare sul banco e scrivere parole casuali su una pagina di quaderno.
L'unica lezione in cui mi applicai nel prendere appunti, fu quella di biologia, che come materia mi era sempre piaciuta.
Per il resto, i disegnini potevano bastare.

-Dove hai imparato?- mi chiese Lorenzo, che era seduto accanto a me perché Livia aveva fatto sega con Mattia, mentre la prof. spiegava storia.
-A fare cosa?-
-A scrivere così bene-
Così stava leggendo, eh?
-Oh... Beh credo di esserci nata- risposi.
-Sei bravissima- disse, rimanendo a fissare quel foglio colmo di frasi che, teoricamente, avrebbero dovuto formare un racconto di senso compiuto.
-Grazie- dissi io sorridendo.
Poi mi resi conto che la prof. ci stava guardando malissimo, così riabbassai lo sguardo e tornai a fingere di prendere appunti.

Alla fine dell'ultima ora non buttai quel foglio.
Non lo facevo mai, mi piaceva conservare anche la più breve e insignificante delle mie storie, e in più, sapevo che quella mi sarebbe servita.
La infilai nel portafogli e, insieme a Lorenzo, tornai a casa.

NON HA SENSO

Lo so, ma mi serviva per uno dei prossimi capitoli...

Vogliatemi bene😇

Sono le 7:40 e sono sull'autobus. E ho sonno. Tanto sonno. Piango.💤

Come al solito, il tipo accanto a me legge cosa scrivo. Che ansia che mette 'sta genteee😂

Vabbè, vi lascio in pace.

Bellaa👋🏼

-Marins⚓️

Never Without You || Lorenzo Ostuni Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora