42 ~ La fontana dei desideri

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Quando bussano alla mia porta, a malapena riesco ad alzarmi per andare ad aprire. Ho le gambe addormentate. Ho passato tutto il giorno davanti alla televisione a guardare film o programmi televisivi. Oggi è stato il primo giorno di scuola e non ci hanno ancora assegnato compiti, ragion per cui poltrire ancora un bel po'.

Mamma e papà hanno ricominciato a lavorare assiduamente ed è per questo che sono sola.

Step è uscito con i suoi amici, il tempo di andare all'Angels a bere qualcosa e poi torna. Anche se ormai lo aspetto da quasi un'ora.

Mi alzo dal comodo divano, scostando le coperte, e lentamente mi avvicino alla porta.

Aprendola, mi sorprendo di vedere la chioma bionda della mia amica.

Ha lo sguardo diretto verso di me, come se aspettasse che aprissi la porta solo per guardarmi negli occhi.

Le mie forze vengono meno quando vedo che i suoi di occhi sembrano spenti. Tristi, troppo tristi.

Non è truccata, non è vestita di tutto punto, come invece tende a fare per presentarsi al meglio. I capelli sono sciolti, disordinati lungo la schiena.

Si sta mordendo l'unghia del pollice, segno che è nervosa.

Abbozza un sorriso, come per scusarsi della sua presenza, e poi passa il pollice sulla maglietta per asciugarselo.

Non è solo nervosa, ma è profondamente agitata.

Non ci sono ancora parole tra di noi, solo silenzio e sguardi.

Mi ha evitata per sette giorni, non ha risposto alle mie chiamate, non mi ha voluta vedere, e senza nemmeno una spiegazione. Dovrei essere arrabbiata con lei perché le sono sempre stata accanto e non meritavo quel comportamento.

Ma poi sorride, e so che si sta scusando.

Si scusa per avermi evitata, per avermi trattata male, per non avermi permesso di starle accanto come avrei voluto e dovuto.

E poi si fionda tra le mie braccia, come non aspettasse altro che quello.

Rimango ferma, con le braccia lungo in fianchi, nonostante la mia testa si chini sulla sua spalla.

Sento le sue braccia stringermi più forte il collo e le scapole e lei venirmi più vicina, ancora più stretta, come se volesse che ricambiassi con la forza.

Alla fine aggancio le mie braccia sul suo bacino e la tengo a me, e lei si rilassa tirando un sospiro di sollievo.

<<Sono una stronza che non ti merita. Ti prego, scusami.>>

<<Non volevo farti stare male, dovevo solamente capire cosa stesse succedendo.>> spiega, seduta sul divano.

Dopo il nostro abbraccio, ci siamo spostate sul divano ed Elena non ha lasciato nemmeno per un secondo la mia mano, timorosa che potessi scappare via da lei.

E ora sono qua ad ascoltare le sue ragioni. Voglio che parli, che mi dica tutto, così posso capire.

<<Se riguarda quello che sta succedendo con i tuoi genitori...>>

<<Non è solo quello.>> m'interrompe. <<Papà se ne è andato, non so dove sia e non ha ancora chiamato. La mamma si inventa qualsiasi scusa con Eleonora per giustificare la sua assenza e io non sopporto come si comporta con me. Come se tutto fosse finto, come se stessimo ancora tutti bene. Ma questo non c'entra niente con te e me.>>

<<Io non capisco proprio cosa posso aver fatto di sbagliato.>>

<<Non hai fatto niente di sbagliato.>> mi prende anche l'altra mano, nel suo volto leggo apprensione. E dolore, dolore per cosa è successo.

Prima di te nessuno mai || 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora