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"Quando cerco me stesso mi ritrovo in te."

Stavo solo passando le dita sulla mia nuova chitarra nella mia ora pomeridiana libera, nella mia stanza in completa solitudine, non stavo facendo niente di male e neanche facevo rumore. E ora me ne sto qui, mezza intontita a cercare di capire esattamente cosa è successo. Ho sentito solo qualcuno che mi ha ordinato di non fare rumore, poi sono stata presa dai capelli e portata in una stanza buia. L'ultima cosa che ricordo è un forte dolore sulla guancia e poi il nulla. Credo di essere svenuta, non saprei come spiegarmi questo lasso di tempo in cui il mio cervello non è stato connesso. Sono a terra, in un angolino, con le gambe rannicchiate sulla pancia e lo sguardo vigile, pronta a qualunque cosa mi aspetta nel buio. La stanza, come le altre, è buia, la luce del sole entra flebile dalla finestra con le persiane quasi chiuse completamente.

C'è troppo silenzio. Un quadro raffigura lo stemma della famiglia: le due rose che si intrecciano in armonia e ognuna guarda nella direzione dove nasce l'altra. Questo quadro mi è tremendamente familiare. Non riconosco questa stanza, non credo di esserci mai stata eppure sento di conoscerla. Di fronte al quadro c'è un letto a baldacchino con le lenzuola nere e un unico cuscino rosso e le pareti sembrano siano tinte di viola.

E poi mi ricordo. Sono già stata qui, ho già visto questo posto, ma in un mio sogno più di un mese fa. Com'è possibile?

<<Ti sei svegliata finalmente.>>

Metto a fuoco la figura che mi viene incontro e le mani mi formicolano per il nervosismo.

<<Che vuoi da me?>>

Cerco di alzarmi ma c'è qualcosa che me lo impedisce: una corda, legata alla mia caviglia. Proprio come nel sogno.

<<Voglio parlare, e se con le parole non avrò ottenuto ciò che voglio, allora passerò al piano B.>>

Si inginocchia e il suo volto diventa più chiaro sotto la flebile luce. Perché non si scotta? Dovrebbe, anche se è un piccolo raggio è pur sempre sole.

<<Che cosa vuoi?>> ringhio incrociando le braccia.

<<Hai deciso di ignorarmi, da quella volta. Non mi sta bene, non si ignora il principe. E tanto meno si parla con suo cugino.>> bisbiglia serio.

<<A me sta benissimo invece e, finalmente, vostra signoria, posso godermi il mio soggiorno in questo palazzo.>>

Non posso fare a meno di calcare con ironia la mia falsa dimostrazione di rispetto verso di lui. Ancora mi irrita la sua presenza e mi irrita ancora di più il suo tono. In un giorno solo avevo scoperto la sensazione delle farfalle nello stomaco e subito dopo avevo capito come prenderle tutte e buttarle nel dimenticatoio, proibendo loro di uscire. Non è stato per niente facile, ma sono cresciuta da ragazza forte e così sarà, sempre. Un paio di occhi azzurri non saranno l'eccezione alla regola.

<<Goderti?>> ripete con un tono tra l'infastidito e il sorpreso. <<Tu non sei qui per godere del letto e per mangiare tutte le volte che vuoi, sei qui per lavorare e per obbedire a tutti i miei capricci, di ogni genere.>>

<<E se io non volessi?>>

Increspa gli occhi e solleva un angolo della bocca. <<Ti ucciderò, con queste stesse mani.>> gira le mani con il palmo in su e me le mostra. <<Vuoi ancora opporti a me?>>

Le guardo per qualche momento, indecisa su cosa dire.

<<Preferirei morire piuttosto di essere toccata di nuovo da te.>> affermo con freddezza, riducendo gli occhi a due piccole fessure. <<E tu non puoi comandarmi riguardo le amicizie, posso parlare con chi voglio e quando ne ho voglia.>> concludo.

Soul Hunter - Schiava per SceltaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora