Collide.

192 23 7
                                    

Even the best fall down sometimes
Even the wrong words seem to rhyme
Out of the doubt that fills my mind
I somehow find
You and I collide
Howie Day - Collide


"Perché Potter è il nostro re
ogni due ne azzecca tre
Così noi cantiam perché
Perché Potter è il nostro re!
Potter è il nostro salvator
col suo gioco pien d'ardor
vinceremo noi perché
perché Potter è il nostro re!"[1]



Era il coro rimbombante in tutta la Sala Grande, la sera di quello stesso giorno. La partita era durata più di quanto Rose si sarebbe aspettata, ed era terminata da appena due orette, 450 a 320 per Serpeverde, tutto per merito di Albus, che, gongolante, se ne stava spaparanzato sulla panca ad ingozzarsi di pollo e brindare col succo di zucca. Poche volte, la rossa lo aveva visto tanto esaltato, lì, sorrisone a trentadue denti, al centro della tavolata, accanto ai migliori amici. Scorpius, un'aria di disappunto colorata sul viso immacolato, aveva appena ricevuto una gomitata nel costato dall'amico, che apparentemente, non era, in quel momento, in grado di sedere senza essere considerato un pericolo pubblico. Rose si fece scappare uno sbuffetto di risata, reclinando lievemente il capo all'indietro, mentre, quasi avesse potuto sentire il suono cristallino sopra il frastuono, lo sguardo del biondo correva lungo la tavola scarlatta per incatenare il suo. E sorrisero ancora, assieme.
"Secondo te domani potrebbe interrogarmi Vitius?". A rompere quel momento, fu la voce di Lily, che infilandosi il bocca una generosa porzione di patate al forno, richiamò l'attenzione della ragazza. Questa sbatté un paio di volte le palpebre, come se effettivamente avesse bisogno di qualche minuto per ambientarsi. "E come pretendi che lo possa sapere? Prendi una margherita e sfogliala dicendo 'M'interrogherà, non m'interrogherà', piuttosto!", ribatté seccata da quella sciocca interruzion... da quelle sciocche parole.
Allungò una mano fino a servirsi un pezzo di torta di mele, appena materializzata davanti a sé. Iniziava ad essere ridicola tutta quella messa inscena, davvero ridicola. Occhiatina di là, pensierino di qua. Merlino buono, non aveva tempo per sbavare ai piedi di un completo decerebrato, non era da lei, non era per lei, e non lo sarebbe mai stato. Lei era tipo da chiacchiere sulla riva di un lago, era tipo da battibecchi continui.. No! Non era assolutamente tipo da battibecchi! Da dove diavolo le era uscita questa cosa?! Basta. Lei non era semplicemente tipo da Scorpius Malfoy. Punto. Era tipo da Lorcan Scamandro, Colin Jones, Edward Nepal, e tutti quei pochi esemplari di maschi dotati di un quoziente intellettivo quantomeno sufficiente a sviluppare un discorso civile. Non da "ti bacio e me ne vado".
Quella torta era deliziosa.
"Scopus, no hai m'giato nua!" , stava intanto masticando, assieme ad un pasticcino alla crema, Albus, apparentemente rivolto ad uno Scorpius perso nei lontani meandri della propria mente. "Se tu parlassi in inglese sarebbe più facile comprenderti, Al", lo rimbeccò Hilary, rubacchiando dal piatto del ragazzo un po' della crema sulla punta del dolce, ammonticchiandone un pochino sul proprio indice per poi portarlo alle labbra e lasciandosi andare ad un sospiro soddisfatto.
Albus seguì il piccolo furto molto attentamente, apparentemente indeciso sull'essere divertito o irritato, così, per non saper né leggere, né scrivere, inizialmente sbuffò un paio di volte, rivolgendo all'amica un'occhiataccia torva, poi scoppiò a ridere davanti al gesto infantile di quest'ultima, seguito a ruota da lei. Tutto nella norma, dunque.
Il biondo però era totalmente incurante della scena, e, senza ancora aver toccato una qualsivoglia pietanza, continuava a rivolgere i propri occhi all'altro lato della sala, costantemente incentrato su d'un ricciolutissimo capo fulvo . Era diventata un'ossessione quella, da quando si era preso quella febbre maledetta, Rose Weasley era diventata la sua costante ossessione. Era un sogno onnipresente dal giorno in Infermeria, gli pareva di poter avere davanti a sé quei lineamenti tondi ogni qualvolta chiudeva gli occhi; gli pareva di poter sentire quel profumo di ciliegie ogni qualvolta sprofondava nel sonno. Era un pensiero costante, imperterrito. Quelle labbra, quei capelli, quegli occhi. Sempre. Lo stavano facendo uscire di testa, lo stava facendo diventare pazzo. Pazzo, incondizionatamente, di lei; voglioso, con suo disappunto, di poter saggiare ancora quelle labbra morbide e piene. La guardava da lontano, la guardava ridere col cuore, la guardava contorcersi sulla sedia dalle risate, e non riusciva a fare a meno di focalizzare su quei petali di rosa. Era pazzia, quella.
"Attento!!". Ma era troppo tardi. Lo squisito pezzo di crostata di mele che era stato tirato in aria –e Scorpius non poté fare a meno di chiedersi chi fosse quel demente patentato e come avesse potuto fare una cosa simile- era irrimediabilmente spiaccicato sul viso incredulo del ragazzo. Troppo tardi, appunto. Le mele erano ovunque sul suo viso, l'impasto stava lentamente scivolando lungo di questo, lasciando dietro di sé la scia di sciroppo. Scorpius era stato preso tanto alla sprovvista che non mosse un muscolo, mentre tutta la Sala Grande, insegnanti compresi, si voltava a guardare la sua faccia imbrattata. Fu un attimo, poi, un boato di risate esplose da ogni angolo di quest'ultima. Grande, quella grandissima figura di merda era proprio necessaria.
Il ragazzo si alzò. "Spargi voce tra i Serpeverde che chiunque mi abbia tirato quella cosa verrà appeso per il perizoma al punto più alto della torre di Astronomia" sussurrò in un sibilo ad Albus prima di percorrere la navata della sala il più velocemente possibile, cercando di evitare gli sguardi derisori di tutti, ed uscirne.
Si passò una mano sul volto, buttando per terra quello che restava dell'impasto trucidato dall'impatto. Quel cretino l'avrebbe pagata, porco Salazar, altro che se l'avrebbe pagata!
Si arrampicò sulla scalinata di marmo, passando velocemente il braccio sul corrimano, quasi ad ausiliare la corsa alla volta del bagno. Arrivarvi il più presto possibile, ecco l'obiettivo che gli premeva di più raggiungere.
Una rampa di scale, un corridoio, e di nuovo altre scale, poi, finalmente, la porticella nascosta in parte da un'armatura scintillante, gli comparve davanti. Entrò frettolosamente nel bagno, ed avvicinatosi al lavabo, girò velocemente la maniglietta, finché un piccolo zampillo d'acqua non si trasformò in un fiotto più importante.
Raccolse un pochino del liquido cristallino nelle mani, precedentemente unite in modo tale che lo potessero contenere, poi, con un rapido movimento, lo portò al viso, nel disperato tentativo di levarsi di dosso quella gelatina molliccia ed appiccicosa. Una volta appurato al tatto che non vi fosse più il residuo, alzò il capo, scambiando un'occhiata col se stesso riflesso sullo specchio. Maledizione!
Solitaria, proprio sulla camicia dell'uniforme, vi era un'enorme macchia tra il marroncino ed il giallastro, informe, palesemente creata dallo scivolare via della crostata, esattamente il tipo d'imprevisto a cui Scorpius non era in grado di porre rimedio. Aveva studiato la formula dell'incantesimo, ed in classe si era anche esercitato un paio di volte, ma, a dirla tutta, Tergeo era l'ultimo incantesimo che aveva pensato gli sarebbe servito. Ed invece... Maledizione ancora!
Come riflesso incontrollato, Scorpius si ritrovò a sbuffare come una locomotiva a vapore. Di tutti gli incantesimi inutili che aveva imparato in quei cinque anni, proprio quello doveva servirgli?? Siano dannati i calzettoni a righine di Grindelwald. Dai, alla fine tentar non nuoce. Animato da una nuova tenacia, sfoderò dalla tasca interna dell'uniforme la bacchetta di legno chiaro, ed, impugnata per bene la puntò contro la vittima, la voce grave ed impassibile di un comando. "Tergeo". Nulla. Okay, se lo aspettava, doveva ammetterlo. Ma credere nei miracoli alcune volte non è un errore, no? Fissò ancora il suo riflesso allo specchio, scoprendo una piccola rughetta di concentrazione ad increspare delicatamente la pelle candida, proprio nello spazio tra gli occhi argentei. "Tergeo". Questa volta poté quasi giurare di aver visto una piccola riduzione dell'espansione della macchia. Sbuffò. "Tergeo". Nulla. "Tergeo, maledizione, Tergeo!". Dopo aver praticamente urlato la formula si rese conto che probabilmente la soluzione migliore sarebbe stata semplicemente far Evanescere la camicia e chiudere il mantello fino al dormitorio, per poi poter prendere un'altra camicia. Sconfitto, iniziò a far scivolare i bottoni via dall'asola.
"Pensi che imprecare ti porterà a correggere l'orrore che stai facendo nel movimento del polso? Non direi. È completamente sbagliato. Merlino santo, ma cosa facevi mentre Vitius spiegava? E pensare ti reputavo quasi alla mia altezza. Quasi.". Riconobbe la voce saccente di Carota Weasley dalla prima intonazione fatta, ma purtroppo, per quanto avesse bramato un incontro simile per tutta la giornata, quello con una chiazza stratosferica di gelatina marroncina addosso non era esattamente nei suoi piani.
"C-cosa Morgana stai facendo qui, Lenticchia?" balbettò quindi, da bravo seduttore qual'era. Giornata di merda dal principio di certo non sarebbe diventata la migliore in pochi istanti. Cosa gli diceva la testa?
Rose parve alquanto sorpresa dalla reazione tanto brusca. Tanto sorpresa da.. essere destabilizzata. Che stupida che era, ma cosa le era saltato in testa? Cosa pensava di poter fare? Aggrottò le sopracciglia. Cosa l'aveva seguito a fare? Le era passato di mente. Probabilmente colpa.. colpa della scuola e..
Scorpius soffiò via dal viso un ciuffo di capelli che vi ci si era erroneamente poggiato. Rose continuava a fissarlo, quasi non riuscisse fisicamente a staccargli gli occhi di dosso, quasi dipendesse da quello scambio di sguardi, ancora una volta. Poi, tutto ad un tratto, parve tornare in sé. Dannazione! "I-io e-ero.. v-volevo.. nulla, non so cosa volessi.. c-cioè, certo che lo so..ma..". Per pura casualità, il suo sguardo fece appena in tempo a cadere sula camicia mezza sbottonata del ragazzo. Quella piccola porzione di pelle visibile le parve quanto di più.. di più perfetto avesse mai visto. Non era molto, eppure quel pallore delineato, quel.. profumo.. "..ma non mi s-sembra la.. situazione adeguata" finì, quasi col fiatone. Sembrava che quella frase così stupida fosse stata la più difficile della sua vita. L'intreccio di sguardi che s'era creato dall'ingresso della ragazza nel bagno non dava cenno di rompersi.
Il ragazzo, d'altro canto, non parve neppure fare caso alle sue parole tanto concentrato ad osservare il timido rossore sulle sue gote, a notare quanto effettivamente si sposasse bene con quelle piccole spirali infiammate. "Eh,.. s-si.. già.. c-credo di si".
Non parevano nemmeno loro, non parevano la combattiva Rose e l'ironico Scorpius. Momentaneamente, ed a giudizio d'entrambi, parevano solamente due balbettanti imbecilli incapaci di guardare altrove.
"I-io penso di..di d-dover andare" balbettò la rossa, senza distogliere indicando con un piccolo gesto della mano l'uscita, come se indicandola potesse avvicinarla o spingerla ad uscire più velocemente. Però non mosse un muscolo. Doveva, ma non voleva. Scorpius annuì semplicemente.
Ecco cos'era la maledizione del pensarsi troppo, poi si finiva per non riuscire a smettere, e Rose sapeva bene che lei doveva per forza porre fine a quella ridicola pagliacciata. Quel bacio aveva rovinato tutto, ma non si poteva cancellare, non si poteva semplicemente tornare indietro e passaci sopra una riga d'inchiostro. Dovevano chiarirsi, dovevano quanto meno mettere fine a quei dubbi. Rose ne era certa. "No, io ero venuta per parlare.. p-per parlare di ciò che è successo.. t-tra noi" disse, dunque, facendo fede alla Grifondoro che era. E chi l'aveva ora quel coraggio? Giunse alla conclusione che avrebbe preferito avere l'occasione di stendere un troll di montagna, in quel bagno.
Scorpius annuì ancora. Era arrivato il momento. Come aveva anche potuto pensare che sarebbe passato tutto da solo? Okay, sapeva cosa dire, lo aveva pensato più volte ed ora bastava soltanto formularlo. Rapido ed indolore. 'È stato uno sbaglio. Mettiamoci un punto ed andiamo a capo'. Semplice no? E allora cos'era quel dannato peso sullo stomaco? Dov'era la difficoltà?Dannazione! Era tutta colpa di quei maledetti occhi azzurri. Sarebbe stato tutto più facile, altrimenti. "S-si.. d-dobbiamo parlarne" concordò poi.
Rose deglutì a vuoto. "Tu non avresti dovuto farlo" riuscì a dire. E lo disse con una voce così pacata che s'impressionò di tanta realtà in così poche parole. Lo aveva detto col cuore, lo aveva sussurrato con gli occhi, ce lo aveva scritto attorno, tra ciascun riccio, in ogni respiro. Lui non avrebbe dovuto farlo. Nulla di più vero. Era semplicemente scivolato via dalla sue labbra, così semplicemente coeso che quasi stentò a crederci. Le sembrava di aver detto tutto, le sembrava che in quelle cinque parole stesse il senso di tutte quelle nottate insonni, il senso dei precedenti giorni. Ma non era abbastanza. Non era abbastanza per passarci sopra. Era come stare davanti un muro invalicabile: a pochi metri dall'obbiettivo, tuttavia irrimediabilmente lontana.
Il ragazzo socchiuse le palpebre. Quello era stato troppo rapido per essere indolore. "Non avrei dovuto". Si ritrovò dunque a concordare, per l'ennesima volta nell'arco di dieci minuti. Era facile. Era cos' dannatamente facile pronunciare quelle parole. Perché non ci riusciva? Perché da un momento all'altro quel contatto visivo gli pareva così vitale? Non lo sapeva. Sapeva solo che non riusciva a rimpiangere quel bacio. Non avrebbe dovuto, era vero, ma lo aveva fatto, ed in quel momento, gli occhi pieni di ciascuna piccola efelide, non avrebbe stentato a fare due passi e rifarlo ancora. Morgana! Questo non andava bene! Non doveva essere così!
Tra i due calò il silenzio. Le parole erano terminate per quel momento, ora v'era rimasto soltanto lo spazio di un respiro mozzato. No, no, no.
"È stato uno scherzo pessimo, non avevi il diritto di portare via il mio primo ba.. quel bacio" disse quindi Rose, per limitare gli effetti dell'atmosfera che si stava creando. L'atmosfera sbagliata. Perché erano solo parole le loro, parole bugiarde, parole che confermavano la loro falsità ad ogni tremitìo. Quanto era stupida, Rose. Era arrivata sin lì per smettere di pensarci, era arrivata sin lì per sputagli addosso tutto il veleno che sarebbe riuscita a sputare, per odiarlo, finalmente, ed ora si trovava così: in piedi a non desiderare altro che avvicinarsi, altro che perdersi negli occhi del suo più acerrimo nemico, altro che un altro bacio.
Non era stato uno scherzo. Quanto avrebbe voluto urlarglielo in faccia, ma l'orgoglio bruciava, bruciava troppo per dirlo. "Non mi dispiace". Questo però lo disse, e lo disse con un impeto tanto accennato che pur di correggerne il significato dato con le parole, Scorpius fu costretto a farci risuonare un disgusto eccessivo. Un disgusto di cui non v'era traccia da nessuna parte.
Rose strinse i pugnetti fino a far sbiancare le nocche, ma tutto sembrava così.. intenso .. da semplicemente non poter distruggere quella bolla che s'era creata. Una bolla che non conosceva amicizia, non conosceva dolcezza, di cui Rose non riusciva a cogliere la caratteristiche. Era una bolla vorace del profumo circostante, un bolla vorace di sguardi, vorace di contatto, vorace di un legame. Un qualsiasi legame purché indissolubile.
"Ti odio" borbottò bruscamente. Sentiva una voglia matta di farli male, una voglia matta di tirargli un pugno che il ragazzo avrebbe ricordato per sempre, sentiva la voglia matta di picchiarlo, di prenderlo a schiaffi ed urlargli addosso quanto lo odiava, quanto lo avrebbe volentieri fatto fuori con le sue stesse mani, di prendere quelle ciocche bionde tra le dita e tirarle così forte da fargli reclinare il capo a suo piacimento, voglia di.. di.. Non lo sapeva, aveva voglia di fargli capire quanto diavolo faceva male quel desiderio di baciarlo ancora, che esisteva solo per colpa sua. Voleva solo fargli capire quanto facesse male quell'impellenza di lui.
"Anche io" le rispose beffardo, perdendo quella timida balbuzie che aveva colorato la sua voce durante gran parte del discorso. Perché era vero, la odiava, da sempre, ed aveva perso il conto delle volte in cui lo aveva pensato. Aveva odiato quella perfetta bambinetta con quelle orribili trecce rosse, ed era arrivato ad odiare con la stessa sicurezza la ragazza dalla camminata goffa e storta. La odiava dalla prima parola che le aveva sentito pronunciare. La odiava così tanto da non sopportare la brama di poterla prendere per quei ricci arruffati premerla contro di sé fino a smettere di odiarla.
E così lo fecero insieme si odiarono ad ogni passo che mossero l'uno verso l'altro, si odiarono quando le braccia di Scorpius l'avvolsero con urgenza, quando le dita della ragazza s'intrecciarono ai suoi capelli, quando le mani del biondo si ancorarono ai suoi fianchi morbidi come se fossero un'ancora in mezza al mare aperto, si odiarono quando le loro labbra combaciarono perfettamente secondo dopo secondo, lambendosi, cercandosi, trovandosi, per poi perdersi di nuovo ed iniziare di nuovo; quando il loro profumo fu uno unico, quando quel bacio divenne così profondo da poter essere considerato una droga. Labbra su labbra, corpo contro corpo, anima su anima, cuore contro cuore.



[1]Okay, perdonatemi, però.. quando penso al Quidditch, non posso far a meno di pensare a questa canzoncina, quiindi, la dovevo riportare. Ovviamente ho pensato di cambiare solamente il nome (da Weasley a Potter), ma, per il resto non è di mia proprietà, ma di proprietà di J.K. Rowling .

Qualche Lentiggine Di TroppoWhere stories live. Discover now