Quel Leggero Brusio (#PieroBarone)

Capitolo 20

{ Buongiorno a tutti :) Eccovi finalmente un aggiornamento, spero che vi piaccia anche questo. Un milione di GRAZIE per i voti e i commenti, sia qui che su Instagram, e in generale per leggere questa storia sempre più lunga. Vi adoro. Buona lettura! G. }

« Dimmi che sai,

Che non mi sbaglierei mai

Dimmi che sei,

Che sei il mio unico grande amore »

Un boato si scatenò nell'auditorium romano, migliaia di persone scattarono in piedi e cominciarono a consumarsi le mani in applausi urlando apprezzamenti. Gioia si guardò intorno inebetita, sciolse le gambe pietrificate e li imitò in quella standing ovation, mentre frotte di ragazze correvano sotto al palco per stringere le mani ai cantanti.

« Grazie Roma!!! » esclamavano quelli, a turno.

Una signora le ruppe un timpano sporgendosi al suo fianco per ruggire un "braviiiii". Gioia la guardò con tanto d'occhi ma non si infastidì, troppo sconvolta di per sé. Certo, passare da un viaggio in treno in compagnia di Corey Taylor e Marilyn Manson a quelle melodie era stato inizialmente spiazzante. Ma la potenza con cui quelle tre voci l'avevano disarmata allacciandosi in armonia? Inaspettata. Di più, incredibile. E poi ansiogena: non aveva mai smesso di tamburellare nervosamente i piedi. Una emozione insostenibile e un imbarazzo bruciante per esser stata così miscredente ed essere arrivata lì senza conoscere quasi nessuna canzone. Adesso sapeva esattamente con chi aveva a che fare, con quale cura doveva trattarlo, quanto era fortunata a baciare quelle labbra.

Lo sguardo di Piero appena l'aveva individuata tra il pubblico? Peggio di un coltello che si conficca tra i polmoni per mozzarti il fiato. La sua fronte si era aggrottata come a dirle "ah, sei lì", per poi tornarla a guardare più e più volte con uno sguardo serio che probabilmente camuffava una umile curiosità, quasi preoccupato quanto un bambino alla recita natalizia davanti ai suoi genitori. Sapeva quanto quel genere non fosse nelle corde di Gioia e cercava la sua approvazione. Allora quando ella riuscì a scongelarsi dall'aver drammaticamente realizzato la sua bravura, tentò di sostenerlo con un sorriso di supporto, mentre dentro di sè rabbrividiva e non vedeva l'ora che lui guardasse altrove. E finalmente Piero poteva rincuorarsi di aver colpito e affondato.

Ignazio non la guardava mai, no, lui osservava sempre verso l'orizzonte per riempirsi dell'entusiasmo dell'intera platea. Gianluca, invece, voleva proprio farla secca; non gli bastava salutarla con la mano e i suoi migliori sorrisi, incapace di nascondere la loro amicizia... ma non le risparmiava neppure quel mix di occhiolini e sguardi infuocati mentre cantava. Una pressione non indifferente, per Gioia.

Una volta scrollatasi di dosso lo shock afferrò la borsa che aveva raggomitolato ai suoi piedi, imbracciando la tracolla come avrebbe fatto Robin Hood con la faretra, e si eclissò attraversando la folla che ancora sciamava verso il palco. Lei, invece, imboccò un'uscita laterale nascosta dal sistema di amplificazione, dove trovò l'ennesimo buttafuori a cui dover esibire il pass. Dietro al palco degli addetti spianavano freneticamente quella che sarebbe stata la via di fuga posteriore per gli artisti.

« Buonasera... » salutò timidamente l'uomo irsuto che si trovò di fronte, timorosa di disturbarlo mentre si dava da fare nell'adunare parenti ed entourage.

« Ciao Gioia, bentrovata. Allora, ne è valsa la pena? » le domandò Torpedine, continuando a vigilare attentamente ciò che i cantanti stavano facendo sul palco. Il pubblico era stato richiamato al fine di scattare un selfie commemorativo per i social network de Il Volo.

« Sì cavolo... assolutamente sì! » rispose lei senza pensarci troppo. In effetti il processo di elaborazione mentale le era ancora precluso. Passare dalla stretta allo stomaco che aveva provato durante tutto il concerto, all'ansia dovuta all'essere lì dietro con un team ancora sconosciuto, desiderando essere invisibile, era paralizzante.