Diciassettesimo giorno.

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Sento qualche passo girovagare incerto per il salotto, la luce della cucina scattare e un rumore di tazze e piatti che sbattono. Decido di non alzarmi, mi accoccolo meglio nella coperta calda e tento di ignorare tutto il rumore che non so chi sta facendo dalla cucina. Sembra un dinosauro che sta cercando il tesoro perduto, non un ventenne che tenta di farsi la colazione. Spero solo che smetta presto.


Non possono essersi già mangiati tutti i biscotti. Duff e la stronzetta hanno fatto la spesa una settimana fa ed erano tornati con una quantità di biscotti che poteva risolvere la fame del mondo. Non possono essere già finiti.

Apro l'ultima credenza nella quale non ho ancora guardato e finalmente, seminascosto dietro ad un muro di carta igienica (che non ho ancora capito perché teniamo in cucina), scovo quel pacco di frollini che ho cercato con tanto impegno. Penso proprio di meritarmeli, dopo tanta fatica. Soddisfatto, mi verso un po' di latte nella tazza e ci intingo qualche biscotto. Mi sporgo a guardare il salotto, Jeanette dorme ancora nonostante la luce del sole che filtra dalle tapparelle. Continua a muoversi sul divano, ho come l'impressione che non stia dormendo tanto pacificamente. Scuoto la testa e mi siedo al tavolo della cucina, rimuginando su quello che mi ha detto ieri. "A te da piccolo bastava uscire di casa ed era tutto finito". Ma fottiti, acida del cazzo.



Sto camminando a caso, come faccio di solito quando ho bisogno di sciogliermi un po' i nervi. Sono arrabbiata. Non so perché o per colpa di chi, non so cosa sia successo. Continuo a camminare per una strada che non finisce mai, sembra ripetersi sempre uguale. Cerco qualche punto di riferimento. Un lampione rosso, che si distingue dagli altri neri per il suo colore sgargiante. Continuando a camminare noto un altro lampione rosso. Identico. Cerco qualche altro elemento particolare. Sul muro di una palazzina, a grandi lettere scarlatte, c'è una scritta tracciata con una bomboletta spray. "NOT ME". Sembra un urlo disperato di qualcuno che è sempre stato ascoltato solo superficialmente. Per sicurezza, mi fisso in testa anche l'immagine di una finestra rotta, posta al quinto piano dell'edificio di fronte a quello della scritta. Più tranquilla, ricomincio a camminare, finchè non rivedo il lampione rosso. Muovo qualche passo incerto, di nuovo la scritta sgargiante, grande sul muro di mattoni. Mi volto. La finestra rotta è sempre nello stesso punto. Comincio a correre lungo quella strada della quale posso vedere la fine. Posso vedere il mare, una spiaggia dorata affollatissima. Il lampione rosso ricompare alla mia destra. La scritta. La finestra rotta. Continuo a correre. Lampione rosso, scritta, finestra rotta. Lampione rosso, scritta, finestra rotta. Lampione, scritta, finestra. Mi blocco ormai senza fiato. Butto un occhio sull'edificio della finestra. Noto che non è più al quinto piano. Abbasso lo sguardo. E' al secondo. Rilassata, mi avvio verso quella spiaggia che si vede ancora alla fine della strada. Sembra sia sempre alla stessa distanza. Rivedo il lampione rosso, ma non mi preoccupo più di tanto. Probabilmente ne hanno posto uno ogni tot di lampioni. Così come per la scritta: qualche ragazzo che non aveva niente di meglio da fare l'ha scritta su tutte le palazzine al lato destro della strada. Giusto per sicurezza, guardo l'edificio di fronte. Come volevasi dimostrare, la finestra rotta è al primo piano. Incuriosita, mi avvicino. Chissà cosa c'è dentro. Chissà perché qualcuno l'ha rotta. Ma prima che io possa arrivare ad una distanza tale da permettermi di sbirciare all'interno, un uomo esce da quella finestra. E' calvo, indossa dei larghi pantaloni militari e una canottiera nera. E' alto, muscoloso. Non gli costa molta fatica spingermi contro il muro della palazzina, esattamente sulla scritta "NOT ME" che mi macchia la schiena, come se fosse appena stata disegnata. Solo ora mi accorgo di essere senza vestiti. Le mani di quell'uomo sono incredibilmente fredde. Si appoggiano sui miei seni, mentre lui mi bacia. Rabbrividisco, sia per la paura che per il freddo che sento solo ora. Provo a dire qualcosa, ma non riesco ad emettere nessun suono. Provo a divincolarmi, ma tutto il mio corpo è intorpidito, non riesco a muovermi. Le labbra dell'uomo passano sul mio collo, fredde come le sue mani.
Mi sveglio con davanti il viso di uno Steven decisamente preoccupato che mi sta accarezzando i capelli.
"Stai bene?" mi chiede. Sono un bagno di sudore. E' stato tutto un brutto sogno. Duff si precipita di fianco a Steve.
"Oh, ti sei svegliata. Che stavi sognando?"
Chiudo gli occhi e prendo un grande respiro. Scalcio via la coperta, decisamente di troppo.
"Niente. Perché?"
"Ad un certo punto hai cominciato ad agitarti, hai detto qualcosa... Stavamo pensando di chiamare un esorcista" scherza Steve, riuscendo a farmi ridere. Pigramente mi alzo e vado in bagno, ho assolutamente bisogno di una doccia.

Febbraio ha ventotto giorni.Where stories live. Discover now