Terzo giorno.

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Suona il campanello. Chiunque sia, io non vado ad aprire; sono pur sempre un ospite. Abbraccio il cuscino più forte e mi inabisso sotto la coperta, sperando che quel concertino finisca in fretta.
"Chi è che rompe le palle di mattina, perchè non si può venire a un orario decente. E poi devo andare io ad aprire, sì, Steven vai tu, che sei quello che deve sempre fare le cose che gli altri non vogliono fare..."
Decido di restare ferma sotto le coperte. Mi fa troppo ridere.
Steven apre la porta incazzato.
"Buongiorno"
"Buongiorno"
"Devo consegnare un pacco per Jeffrey Isbell"
"D'accordo. Grazie"
"No, deve firmare lui"
"Jeeeeeeeeeff, vieni qua" Anche Steve brilla per la finezza, insomma.
Si sente una porta aprirsi e i passi pesanti di mio fratello dirigersi verso il portone, accompagnati da vari borbottii.
"Grazie, arrivederci"
"Sì, si, arrivederci"
Il portone sbatte e, tra altri borbottii e lamentele anche gli altri escono dalle camere.
"Chi era?"
"Non urlare Saul, c'è Jeanette che dorme"
"Sarebbe anche ora di svegliarla"
"Se continui così, la svegli sicuro"
"Fermi, so io come fare"
Ho una bruttissima impressione. Forse l'ho capita l'idea di Steven. E infatti, mezzo secondo dopo, mi ritrovo due mani addosso intente a farmi il solletico sulla pancia. Scalcio, sperando di farlo smettere, ma non c'è niente da fare.
"Basta, sono sveglia"
"L'ho detto io che sapevo come fare"
"Chi era che bussava?"
"Il postino. Ma non era niente di importante" chiude il discorso Jeff, che ha già aperto il pacchetto e messo al sicuro il suo contenuto.
Faccio spallucce e mi alzo, accorgendomi dopo un po' che sono in reggiseno di fronte a cinque ragazzi che mi fissano. Quattro, mio fratello non conta.
"Giratevi, che diventate ciechi a guardare certe cose"
"Ah bè, allora io sono un caso perso" commenta Slash, divertito. Gli altri annuiscono, segno che anche loro, impavidi e coraggiosi, hanno spesso giocato sulle porte della cecità.
Frugo dentro ad una delle borse comprate durante il giro di shopping del giorno prima e ne estraggo una maglietta blu, con sopra disegnata una grande farfalla nera.
"Che ore sono?"
"Quasi mezzogiorno" sento Axl urlare dalla cucina.
"E dov'è che suonate stasera?"
"Al Roxy, ma dobbiamo essere lì tipo per le sette"
Axl torna in salotto e lancia una birra a Slash, che si siede per terra a bere.
"Sette ore per prepararvi e siete così tranquilli?"
"Non so se hai notato, ma non siamo ragazze. Cinque minuti e siamo pronti" mi prende in giro Duff, sedendosi sul divano di fronte a me, che sono in piedi dietro allo schienale. Gli accarezzo un po' i capelli.
"E questa ricrescita, ci metti cinque minuti anche per questa?"
Il biondo, che ora ho scoperto non essere così biondo, si volta di scatto.
"Si nota tanto?"
"Tantissimo" gli sussurro annuendo.



Merda, non posso farmi un concerto con i capelli bicolor. E il colore a casa non ce l'abbiamo. Ma è l'una, non ci sono parrucchieri aperti all'una.



"Se vuoi farti la tinta vai fuori, l'ultima volta c'è stata un tanfo assurdo per una settimana" informa gentilmente Slash, indicando la porta d'ingresso.
Duff mi guarda.
"Dobbiamo andare a comprare il colore"
"Andiamo"
Prima di uscire, mi volto verso gli altri.
"Non è che c'è qualche altro falso qua dentro?" Fisso Axl.
"Nah, i miei capelli sono puri e naturali"
"Ci credo, chi è che si farebbe i capelli di quel colore apposta?"
"Stai zitto, biondone"
"Buongiorno, vorrei quella tinta color carota"
Esco e chiudo la porta, appena in tempo per vedere Axl che lancia un cuscino in piena faccia a Steven.


"Ma che, sei deficiente? Mi serve, la faccia"
"Magari te la abbellivo un po', chissà. Non toccare mai più i miei capelli"
Steven mi fa una linguaccia, mentre Izzy continua a ridere.
"La tinta color carota..."
"Taci anche tu, Stradlin"
Mi chiudo in camera e mi butto sul letto. Ho sette ore, e non ho intenzione di tornare in quel salotto. Fisso il soffitto. Ho paura che per sette ore farò questo.

Febbraio ha ventotto giorni.जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें