19. DOPPIO GIOCO

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Ovviamente mio padre era stato avvisato dell'accaduto ed era tornato immediatamente a casa.

- Questo non sarebbe mai dovuto accadere! -
stava urlando mio padre.

- Papà calmati io sto bene - cercai di farlo ragionare inutilmente.

- Clary non metterti in mezzo - stava ringhiando Adrian.

Si, Adrian.

Era stato proprio lui a dirmi di chiamarlo con il suo vero nome.

Blacke era il cognome.

Dovevo farci l'abitudine, era come se avessi avuto a che fare con due persone completamente diverse negli ultimi giorni.

- Come hai potuto lasciarla da sola? In un locale di notte? Ma sei impazzito per caso? Per cosa ti pago io? - mio padre stava esagerando.

Dopotutto ero io quella che aveva combinato il pasticcio: ero stata io ad ubriacarmi, a fingere che Kevin fosse il mio fidanzato,ma soprattutto ero stata io a decidere di uscire quella sera.

Era anche vero però che era stato lui a lasciarmi da sola mentre era a spassarsela con Pamela.

Sospirai.

La colpa era di entrambi.

- È stata colpa mia signore - furono le sue parole a lasciarmi sconvolta.

Non era vero, ma se mi fossi messa in mezzo stavolta mio padre mi avrebbe sicuramente urlato contro.

- Non tollero questo genere di comportamento. Non se è mia figlia a rimetterci -

Strinsi i pugni.

- Non accadrà più glielo prometto -

La sua espressione era dura e impassibile: era dannatamente perfetto.

Nonostante mio padre lo stesse minacciando lui sembrava completamente calmo e rilassato.

Dio quanto era carino quando faceva così.

Ma che diavolo stavo pensando?

- Ti do un ultima possibilità. Non tollero nessun errore. Nessuno. Dovrai starle accanto sempre, altrimenti sei fuori -

O mio dio si.

Non lo aveva licenziato.

Dentro di me facevo i salti di gioia.

Sorrisi compiaciuta e tornai nella mia stanza di sopra.

Dovevo assolutamente parlargli: c'erano troppe cose che non mi tornavano, a partire dalla sua doppia vita.
Come era possibile che si fosse trasformato da un giorno all'altro da perfetta guardia del corpo ad ubriaco e cattivo ragazzo?

Subito sentii qualcuno bussare alla porta.

Era Adrian.

Aveva lo sguardo basso, forse voleva dirmi qualcosa.

- È tutta colpa mia - mi disse mentre si portava una mano tra i capelli.

Dio quando faceva così.

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