3. I bambini della porta accanto

2.7K 98 3
                                    


Aurora



«Aspetta un attimo, bella mia!»
Rita mi è corsa immediatamente dietro.
«Adesso mi spieghi che cos'era» dice.
Mi stringo nelle spalle. «Che cos'era cosa?» cerco di fare la finta tonta.
«Cos'era quello a cui ho assistito» esclama iniziando a ridere. «Uno strano rituale di corteggiamento, il vostro. A quanto pare mi sbagliavo, anche tu sei sensibile ai suoi muscoli.»

Le lancio l'asciugamano appena tolto dal borsone sulle gambe. «Che cavolo dici? Sei impazzita?» Arrossisco violentemente. «Perché non vai a farti la doccia così poi usciamo da questo posto?» le chiedo seccamente. Il mio tono inflessibile sembra convincerla. Ma è l'impressione di un attimo.

«Be', senti» inizia a dire sedendosi sulla panca dello spogliatoio, e questa volta è seria. «Scherzi a parte, lui mi sembrava molto distratto dalla tua presenza qui» dice e io mi volto a guardarla con un enorme punto interrogativo stampato in faccia. «Non guardarmi come se avessi detto la cosa più assurda del mondo, l'ho beccato un paio di volte a fissarti. Non sto scherzando.»

Scuoto la testa, esasperata. «Ti sarai sicuramente sbagliata. Magari fissava te.»
Ci credo a quello che ho detto, non l'ho detto tanto per dire. Ma lei scuote la testa e ride.

«Oh no, no cara mia» e si alza di nuovo in piedi per togliere dal suo borsone l'occorrente per la doccia. «Se avesse guardato me in quel modo me ne sarei accorta eccome. Sembrava che volesse spogliarti e possederti sul ring, subito e con violenza.»

Divento di un rosso vermiglio intenso e inizio a sentire caldo. «Non dire sciocchezze» borbotto, cercando di convincermi che ho un'amica con dei seri problemi di vista.


***


Uscite dalla palestra ci siamo dirette alle nostre macchine, parcheggiate poco distanti dall'ingresso.
«Comunque» dice Rita buttando nel bagagliaio il borsone. «Non avevo capito che voi due un tempo vi parlaste.»

Non vorrei riaprire l'argomento bollente, ma so che le devo una spiegazione. Apro a mia volta l'auto di mia madre, e abbandono con noncuranza il borsone sul sedile posteriore. So per certo che non lo userò più per un bel po' di tempo.

«Sì, be', è stato molto tempo fa» inizio a spiegarle. «Tu sai che io e Nic siamo vicini di casa. Quando mi sono trasferita in questa città con i miei genitori, Nic e Massimo sono state le prime persone che ho conosciuto. Erano i bambini della porta accanto. Praticamente siamo cresciuti insieme. Tutti e tre. Eravamo molto uniti.»

«Tutti e tre?» chiede lei stupita. «Be', questo sì che è sconvolgente!»
Cerco di ignorare ogni tipo di ironia alla Rita e continuo il mio racconto. «Sì, è così. I genitori di Nic hanno sempre incoraggiato la nostra amicizia. Una volta cresciuta ho capito il perché. Erano felici che Massimo potesse contare su un'amicizia diversa da quella di Nic, sai, per via dell'adozione. Non volevano che si sentisse diverso o escluso per quel motivo.»

Faccio una breve pausa, pensando a quanto strano sia stato pronunciare quelle parole. Dentro di me ho sempre saputo quello che ho appena detto a Rita, ma dirlo ad alta voce, beh, è stato comunque strano. Non so perché, ma è così. «Anche a me fa strano pensarci adesso,» ammetto più a me stessa che a lei abbassando per un attimo lo sguardo dai suoi occhi curiosi, «ma è stato davvero così. Il problema è che proprio io e Massimo eravamo inseparabili.»

Vedo Rita trattenere il fiato, «La storia si sta facendo interessante...»
«In realtà non lo è poi molto. Direi che è piuttosto banale, invece. Siamo stati inseparabili fino a che siamo rimasti bambini, poi d'un tratto lui è diventato insopportabile. Non perdeva mai occasione per tormentarmi.»

«Tipo come poco fa?»

«Sì, più o meno» confermo, ripensando a quella volta che mi aveva minacciato di rivelare i miei segreti a tutti i nostri compagni delle medie, solo per il gusto di umiliarmi. «È successo l'estate prima di iniziare il liceo. Lui aveva iniziato a uscire con un sacco di ragazze, era diventato davvero insopportabile. All'inizio ci ho provato a mantenere la nostra amicizia, ma poi mi sono stufata. Era impossibile e alla fine ci siamo allontanati. Un giorno, semplicemente, abbiamo smesso di parlarci. Le poche volte che vado a casa di Nic lui non c'è mai. Mi odia» termino rabbiosa.

Rita si mette a ridere. «Posso farti una domanda intima?»
Mi stringo nelle spalle. So che non posso sottrarmi senza sembrare che stia nascondendo chissà quale segreto.
«A te lui piaceva?»

«No» rispondo, forse un po' troppo in fretta per sembrare sincera. «Eravamo solo molto amici, tutto qui. Non ho mai ben capito il vero motivo per cui la nostra amicizia è finita. Ma forse in realtà non c'è mai stata, visto che poi è stato in grado di ignorarmi per anni. Fino a poco fa. Te l'ho detto, all'inizio ci ho provato a mantenere il nostro rapporto, ci tenevo davvero. Ma poi ho capito che non era aria. Anche Nic mi disse che avrei fatto meglio a mollare, perché tanto era fatica sprecata.»

«E te l'ha detto prima o dopo che vi eravate messi insieme?» domanda Rita aprendo lo sportello dal lato guidatore, «Comunque, sarà, ma a me non sembrava che ti odiasse poco fa, anzi...» Poi scoppia a ridere. «Certo, odiasse me in quel modo non esiterei a farmi torturare! Ci vediamo domani a scuola!»

«Rita...» la richiamo indietro ma esito.
«Tranquilla, sarò muta come un pesce» dice.
Mima con le labbra il verso di un pesce, riuscendo così a farmi ridere.

Non so esattamente che cosa ci sia da tacere, in fondo, ma meglio essere cauti. Non si sa mai.


Il mio sbaglio - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora