Prologo

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Aurora



Richiudo lo sportello dell'auto e faccio un ultimo cenno di saluto a mia madre, guardandola distrattamente mentre riparte in fretta diretta a lavoro.

Sono piuttosto emozionata anche se non per il mio primo giorno di liceo.

Mi guardo intorno, in cerca di lui.

È stato difficile stargli lontana per un'intera estate. Ormai riesco perfino ad ammetterlo a me stessa senza troppo imbarazzo: Massimo mi è mancato. Inutile fingere di non essere stata male – fisicamente, intensamente male – per il modo in cui ci siamo lasciati a giugno, senza neppure un saluto.

Nemmeno durante le vacanze ci siamo sentiti, cosa che mi ha logorato non poco. Ogni volta che il cellulare squillava sobbalzavo nella speranza che fosse lui.

Ma lui non era mai.

Mi ero avvelenata i giorni chiedendomi ossessivamente perché non mi cercasse. Mi sarebbe bastato un semplice messaggio, qualche parola per capire che anche lui un po' mi pensava. E invece niente. E ovviamente per orgoglio non avevo fatto io il primo passo.

Mi ero convinta che il motivo della sua indifferenza doveva avere qualcosa a che fare con il fatto che negli ultimi tempi aveva iniziato ad essere sgarbato e a ignorarmi ogni volta che ne aveva l'occasione. Fatto che a sua volta era stato il motivo per cui a inizio estate ci eravamo lasciati con un litigio.

Ma dopotutto che cosa dovevo fare, sopportare passivamente il suo insensato comportamento verso di me? Da che passavamo ogni momento libero insieme all'improvviso aveva iniziato a fare di tutto per allontanarmi. Che cosa gli avevo fatto per meritarmi la sua indifferenza e la sua freddezza?

Mentre continuo a guardarmi intorno immersa nelle mie considerazioni qualcuno chiama il mio nome. Mi volto verso quella voce tanto familiare e sorrido vedendo Nic corrermi incontro.

«Ciao Aurora» mi saluta di nuovo appena mi è accanto.

«Nic!» esclamo, felice di trovare finalmente almeno una faccia amica.

«Ti stavo cercando, è bello vederti! Hai passato bene l'estate?» mi chiede.

Decido di mentire. «Sì, non male.» Con che coraggio potrei dirgli che non mi sono goduta nemmeno un giorno, ossessionata come sono stata dal pensiero di suo fratello?

«Ma siete rientrati da molto?» domando, realizzando solo in quel momento di quanto sia strano che abbia dovuto attendere l'inizio della scuola per rivederli, nonostante i nostri giardini confinino.

«Soltanto ieri sera, in realtà» risponde lui. «Siamo rimasti a Torino dai nonni fino a che è stato possibile. Altrimenti saremmo venuti a salutarti.» Per un attimo, Nic esita. «Be', io se non altro sarei venuto» conclude.

Immediatamente, sento una strana fitta al cuore. Vorrei chiedergli in che senso, ma il mio istinto di autoconservazione prevale e decido di prenderla larga, sperando che così qualsiasi cosa lui mi dirà magari farà meno male.

«E Massimo?» gli chiedo. «È con te?»

«C'è,» mi risponde Nic evasivo, «ma non so dove sia in questo momento».

Mi guarda a lungo negli occhi e io attendo che continui, ricambiando il suo sguardo strano, certa che stia per dirmi qualcosa di importante.

«Senti, Aurora, ci ho pensato a lungo questa estate. Il fatto è che, perché non...?» inizia a dire ma poi esita e il suo sguardo diventa ancora più strano di quanto non lo fosse già. Non so perché, ma sembra imbarazzato.

«Sì?» lo incoraggio ad andare avanti, incuriosita.

«Be', mi chiedevo se per caso stasera ti andrebbe di vedersi.»

Sorrido. «Certo, come sempre». Uscivamo sempre insieme io, Nic e Massimo. Non c'era bisogno di chiederlo. Anzi, personalmente speravo in un'uscita delle nostre per avere l'occasione di rimanere a tu per tu con Massimo e chiedergli qualche spiegazione.

Nic abbassa lo sguardo dal mio. Sorride anche lui, ma sembra teso. «In realtà, mi chiedevo... Se per caso ti andrebbe di vedersi nel senso di uscire insieme. Io e te. Ecco, l'ho detto», e diventa quasi paonazzo.

Quelle parole, completamente inaspettate, mi sconvolgono. Rimango immobile a fissare Nic come se fosse un alieno, incapace di credere a quello che ho appena sentito usci-re dalla sua bocca.

Non può avermi davvero chiesto di uscire. Sì, insomma, lui è solo Nic. Io gli voglio bene ma non ho mai pensato a lui come un ragazzo con cui uscire. Nic è da sempre solo il mio migliore amico...

Mentre affannosamente cerco di mettere ordine nei caotici pensieri che hanno iniziato ad affollarmi la testa in cerca di qualcosa di sensato da dire, alzo lo sguardo e i miei occhi si posano su Massimo.

Il cuore mi balza in gola.

Non tanto perché lui è bellissimo – e lo è davvero, molto più di come lo ricordavo – ma perché sta a un passo dall'ingresso della nostra nuova scuola insieme a una tipa. E la sta baciando.

«Chi è quella, la sua ragazza?» domando a Nic come un'idiota. Un'idiota molto ferita.

Lui si volta, seguendo il mio sguardo. Rimane per un po' in silenzio e poi torna a fissarmi. «Che ti importa? E comunque no, è solo una della tante... Non ti dico con quante ragazze se l'è spassata questa estate mentre si sentiva con lei.»

Lui ride, ma io no. Le sue parole mi fanno un male immenso. Una rabbia sconosciuta, totalizzante e cieca, si impadronisce di ogni parte di me. E immediatamente mi sento una stupida. Io avevo pensato a lui ogni giorno, ma lui evidentemente non aveva pensato a me. Mai. Neanche un attimo. E non glielo avrei mai perdonato.

Chissà perché mi ero convinta di essere importante per Massimo. In quel momento invece ecco la verità: contavo così poco per lui che non si meritava di contare tanto per me.

Non è la verità che speravo, ma quando mai lo è?

La verità è solo verità.

E spesso fa male.

«Ok» rispondo tutto d'un fiato. «Va bene. Uscire insieme, intendo.»

Nic sorride, felice, e mi prende per mano.






Il mio sbaglio - COMPLETADove le storie prendono vita. Scoprilo ora