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La musica assordante arriva alle orecchie, confonde i sensi, fà girare la testa. Il salotto in cui sono seduto, da ormai più di un'ora, sembra rimpicciolirsi sempre di più, fino a quasi schiacciarmi. Faccio vagare la mia testa da una parte all'altra della stanza, in cerca di qualcosa, di qualcuno; in cerca della mia pace.
Le persone attorno a me continuano a ballare, come se niente stesse succedendo, e probabilmente, per loro, è così. Probabilmente tutta questa situazione non li tocca, loro stanno bene e sono sereni, felici di trovarsi in questa situazione. Felici di trovarsi a questa stupida festa, organizzata soltanto per dare il benvenuto al liceo alle nuove matricole.

Una coppia si siede sul divano davanti al mio, cominciando a succhiarsi la faccia l'un l'altro, senza perdere tempo. Rimango a guardarli per qualche istante, qualche minuto, non riuscendo a capire come riescano ad essere così spensierati quando, invece io, non faccio altro che arrovellarmi il cervello per ogni minima cosa che succede.

"Amico, è il nostro ultimo anno di liceo! Non puoi rimanere seduto qui a piangerti addosso," urla Benjamin cercando di sovrastare l'alto livello della musica. Rimane lì, in piedi, a guardarmi, mentre cerco di combattere con i miei demoni interiori. Lui non può sapere, non riuscirebbe mai a comprendere il mio stato d'animo.

Delle goccioline di sudore cominciano ad imperlarmi la fronte, tutto d'un colpo mi manca l'aria. Velocemente mi alzo dalla mia postazione, a grandi falcate cerco di raggiungere la porta d'ingresso il prima possibile. Non faccio caso al mio migliore amico che, a grande voce, ancora prova ad attirare la mia attenzione. Apro la porta ed esco da questa maledetta casa, sbattendomi la pesante lastra di ferro alle spalle.
Freneticamente estraggo il pacchetto di sigarette fuori dalla tasca dei miei jeans e ne prendo una, accendendola e portandola velocemente tra le mie labbra. Inspiro il fumo cominciando a rilassarmi, sentendo i miei nervi sciogliersi piano piano. Mi siedo sulle scale del portico lasciando che una nuvoletta di fumo esca dalle mie labbra, intossicando l'ambiente. Tengo lo sguardo fisso sulla mia auto, davanti a me, chiedendomi se sia, finalmente, arrivato il momento di lasciar perdere queste stupide feste e di concentrarmi maggiormente sul mio ultimo anno qui al college. 
Scuoto la testa con veemenza, cercando di cacciare via tutti quei pensieri che da mesi mi riempiono la testa.

"Non dovresti fumare," una voce riempie il silenzio creatosi minuti prima, facendomi sobbalzare. Porto una mano sul petto sospirando. Mi volto per trovare due grandi occhi verdi fissarmi con insistenza.

"Come scusa?" chiedo spontaneamente, continuando a guardare la ragazza che mi si presenta davanti. Assottiglio gli occhi in due fessure, tentando di mettere a fuoco la sua figura e capire di chi si tratti. Dopo pochi secondi arrivo ad una conclusione; non ho mai visto questa ragazza in vita mia. E allora come diamine si permette di dirmi quello che dovrei, o non dovrei fare?

"Dico solo che fumare non è la soluzione giusta ai problemi," la sua cristallina voce mi arriva dritta alle orecchie, mentre continuo a tenere lo sguardo su di lei, che distrattamente scrolla le spalle e viene a sedersi accanto a me.

Il suo sguardo e pieno di emozioni, che però non riesco a decifrare. Questa ragazza mi affascina, non lo posso negare. Ha l'aspetto di qualcuno che ha davvero molto da dire, ma che per qualche ragione a me oscura, si tiene tutto dentro, reprimendo ogni tipo di pensiero.

"Questi non sono affari tuoi," il mio tono di voce è duro, insensibile. La voce di chi non ammette repliche. Con un rapido scatto mi porto ancora una volta la sigaretta alle labbra.

"Hey, non ti scaldare stallone." alza le mani in segno di resa e si lascia andare in una piccola risata amara.

Un sorriso si crea spontaneamente sul mio volto, anche se debole. La guardo per un ultima volta, prima di riportare la mia completa attenzione sull'auto davanti a me. Dovrei davvero andarmene, entrare in macchina e guidare il più lontano possibile da qui; lontano da tutto questo casino, da tutte queste persone folli.

"Sei nuova di qui? Non ti ho mai vista in giro."

Lei scrolla le spalle, sogghignando amaramente. "Abito qui da una vita, Federico," dice, marcando il tono di voce sul mio nome; spalanco gli occhi, incredulo. "Sei tu quello ad essere 'nuovo' qui, nel Maine." 

Capisco subito quello a cui si riferisce. Mi sono trasferito nel Maine all'età di quattordici anni, per cominciare le scuole superiori, e una nuova vita; e adesso eccomi qui, all'ultimo anno, e con un peso insopportabile sulle spalle.

"Qual'è il tuo nome?" le chiedo dopo qualche minuto passato in silenzio. Avendo terminato la mia sigaretta, adesso mi serve una nuova distrazione e credo che lei andrà benissimo!

"Abygail," mi risponde alzandosi e avvicinandosi alla porta della casa, poggiando la mano sulla maniglia. "ma tutti mi chiamano Cinnamon." e detto ciò sparisce all'interno dell'abitazione, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandomi lì sul portico, da solo. Solo con i miei demoni.

Sono particolarmente affezionata a questa storia e spero davvero che possiate apprezzarla! Volevo scriverla già da un po' di tempo perciò, eccomi qui.
Fatemi sapere cosa ne pensate qui sotto, lasciando un commento e votando! Mi farebbe davvero piacere, e niente.. ci sentiamo per il prossimo aggiornamento! 



Cinnamon - Benji&Fede.Where stories live. Discover now