::epilogo goodbye my lover

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Un calcio da parte del bambino mi fece sobbalzare dal divano, seguito da altri ancora più forti. Gridai il nome di Joy, mentre un liquido bagnava la coperta su cui sedevo. Appena guardò ciò che stava succedendo, sospirò cercando di contenere le lacrime. Mi aiutò ad uscire dalla sua piccola casa, caricandomi in macchina e cercando di tranquillizzarmi, sovrastando le mie urla per le contrazioni incessanti. Ogni secondo che passava mi ripetevo che non sarei riuscita a sopportare la situazione, non ero pronta per tutto quello che avrei passato dopo la nascita del bambino. Dubitavo così tanto delle mie capacità in quel momento e non riuscivo a capacitarmi che dopo poche ore avrei avuto mio figlio fra le braccia.

Thomas nacque in un giorno soleggiato di giugno, prematuro, ma in salute. Ricordo ancora il suo pianto a tutti polmoni quando tagliarono il cordone ombelicale, il suo corpicino macchiato di sangue e gli occhi semiaperti mentre una luce illuminava il suo viso piccolo. Quando tocco le mie guance bagnate con le sue dita piccoline, mi venne ancora da piangere. Assomigliava al padre, i suoi occhi castani e la sua pelle olivastra adornata da quei pochi capelli biondi che aveva ereditato da me.

Era così minuscolo e avevo così tanta paura di romperlo solo toccandolo, ma la speranza di renderlo felice con tutto il mio essere si impadronì di me quando sorrise la prima volta quando lo allattai. Non pensavo di poter sperimentare quel genere di amore per una persona così piccola che racchiudeva il nostro legame così forte.

Persi l'anima di Calum durante la notte mentre una catastrofe ci divise del tutto, ma riuscivo a sentirmi così vicino a lui tramite quel bambino. Thomas era così sorridente e imbronciato al tempo stesso, perfetta unione di ciò che eravamo un tempo. Ogni giorno quando guardavo i suoi occhi mi ricordavo di come avevamo condiviso quel letto, di come le canzoni rock risuonavano fra le auricolari nere del mio ragazzo e come toccò il mio cuore per prenderselo con sé e non ridarmelo mai più. Calum sarebbe stato l'unico nella mia vita, l'unico buio che mi avrebbe abbracciata per sempre.

La sua mancanza permanente si faceva sentire ogni volta che mi alzavo la mattina, accompagnata dalle urla di Thomas che non mi lasciavano dormire. Era così difficile fare tutto da sola, però mi ripetevo ogni giorno che sarei riuscita a ricoprire anche il suo ruolo. Ma il suo ruolo era impagabile, nessuno poteva eguagliarlo in ciò che faceva.

La sua anima era persa fra le onde che si infrangevano sugli scogli dei suoi pensieri, in contrasto con il tramonto che colorava il cielo. Nella sua mente il positivismo e il pessimismo si fondevano; a volte l'altro aveva la meglio, ma non smettevano di combattere fra loro.

Ogni volta che appoggiavo la mia testa sul cuscino per riposarmi, il suo volto appariva fra i miei sogni tranquilli. Si appropriava di tutto quello che avevo intorno e quei progressi che feci nei mesi precedenti svanirono, lasciando posto alla solitudine.
Non so quando decisi di dire addio per sempre; il soffitto era più interessante mentre proiettava i nostri lieti ricordi seguiti dalle nostre canzoni preferite. Lui era così pacifico vicino a me, steso sulla parte di sinistra mentre accarezzava i miei capelli.

Sconfissi la sua presenza assidua grazie alle parole di Taylor. Vivevo in un sogno, una realtà creata per non sopportare tutto da sola; come diceva lei. E aveva ragione, la mia vita non era più la mia e stavo entrando in un giro vizioso fatto di ricordi che mi avrebbe trascinata nell'abisso più profondo che Calum stava combattendo da anni. Chi ero per rientrarci? Era solo il suo posto, dove aveva combattuto le migliori battaglie degne di storia. Mi staccai da quel luogo lugubre grazie alla forza che mi era rimasta e cercai di ritornare alla ricerca del mio Sehnsucht; la speranza.

È così stupido cercare per tutta la vita qualcosa che non si potrà mai ottenere eppure non smettevo di farlo, era ciò che mi teneva in vita. Per la vecchia Skylynn non esistevano cose impossibili e volevo incominciare a ritornare su quel cammino che mi ero imposta sin da quando ero piccola.

«Mamma, vieni e stenditi qui con me» mormorò il bambino che da poco aveva compiuto quattro anni. Mi legai i capelli in una coda prima di girarmi e vedere mio figlio steso sulla sinistra del nostro letto; il posto di Calum. Con un flebile sorriso, il mio corpo sprofondò in quel morbido materasso. «Nonna sta con papà?» domandò con la sua vocina tranquilla.

Io sospirai, girandomi verso di lui e accarezzandogli i capelli castani. «No, nonna Joy è in California.»

«E papà?»

«Lui è in viaggio per tornare a casa» mentii, cercando di non piangere.

«E quando arriverà?»

«Dobbiamo avere pazienza, le persone migliori si fanno sempre aspettare» feci un sorriso.

«Spero di vederlo un giorno» mormorò.

«Tutti lo speriamo; dicono che la speranza sia l'ultima a morire» dissi amaramente.

«Allora speriamo, mamma» esclamò prendendomi la mano. «Come si spera?»

«Si sogna tanto qualcosa fino a quando si avvera»

«E tu sogni papà?» chiese innocentemente, appoggiando la sua testa sulla mia spalla.

«Ogni notte»

«Allora speri tanto in un suo ritorno» sorrise. «Hai molta speranza, non perderla mai»

E forse in quell'istante mi resi conto di non averla mai persa.
La mia ricerca era finita, avevo ottenuto ciò che avevo cercato per anni.
E dissi addio al mio amore, per immergermi nella vita reale e combattere contro tutti gli ostacoli senza paura di tirarmi indietro.
E sento ancora le sue urla opprimenti di notte nella mia mente, come si impossessa dei miei sogni, ma riesco ad ignorarlo. Sarà sempre una parte di me e lo amerò in ogni sua sfaccettatura.
Dissi addio, armata di speranza. E non la persi mai più.



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