Capitolo 1- Risveglio

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Si svegliò di colpo. Le palpebre erano appesantite dal lungo sonno e faceva fatica a sollevarle. A dire il vero non ricordava come si era addormentato, né di essersi addormentato affatto.
Spalancò la bocca  e subito la gola arida fu riempita da lingue di fuoco. Gli sembrava di respirare le fogge di un rogo.
I gomiti cedettero e collassò.
Cadde con la faccia in un cumulo di cenere, rimanendo in apnea per qualche secondo. Si fece  forza e si sollevò a sedere, gettò uno sguardo veloce intorno a sé, cercando qualche segno di vita, ma vedeva solo cumuli e cumuli di neve argentea estendersi fino all'orizzonte.
Era nel bel mezzo del nulla. Sospeso in un oblio grigio assorbito dalle dune.
Al centro del cielo nero e violaceo che lo sovrastava scorse una specie di luna che emanava una luce soffusa dalle sfumature bluastre, tendenti al viola.
Le dune erano uniformi e maestose, nessuna impronta a macchiarle, a privarle della loro spaventosa purezza.
Si alzò dal suolo,  che aveva ormai assunto la forma del suo corpo, e si agitò per scrollarsi  la cenere di dosso. Si sentiva terribilmente polveroso.
Non avrebbe mai pensato di poter riferire questo aggettivo ad una persona, e soprattutto che fosse lui a sentirsi tale.
-Fantastico- bofinchiò scuotendo i jeans per liberarli, seppur in parte, dalla cenere. Posò le mani sui fianchi e fece scivolare gli occhi lungo il paesaggio, sperando che gli fosse sfuggito qualcosa la prima volta, ma nulla, tutto era quieto e immobile come quando aveva scandagliato il deserto cinereo la prima volta. Guardò verso terra e si accorse di essere scalzo. Fece scorrere un po' di cenere tra le dita dei piedi e le sue labbra si incresparono in un sorriso amaro: la sottile e impalpabile sabbia era fresca al tatto, in evidente contrasto con l'atmosfera torrida che gli incollava i vestiti al corpo e i capelli al viso.
Non aveva idea di che giorno o che ora fossero e non sapeva come capirlo senza il sole. Si passò le mani tra i capelli, resi più scuri dal sudore e dall'assenza di luce, allora per decidere una direzione prese un pugno di cenere e lo strinse con quanta più forza possibile; i granelli cominciarono a scendere veloci l'uno dietro l'altro, rincorrendosi per raggiungere nuovamente quel suolo secco e ostile al quale sembravano tanto legati, mossi dal vento verso est, o forse nord... non sapeva come potesse orientarsi in un posto tanto desolato e uguale in ogni sua componente. In ogni caso, si incamminò verso l'ignoto sperando di trovare qualcosa spostandosi. I  piedi turbavano la quiete immobile degli avvallamenti e lasciavano impronte leggere dietro il giovane, che cercava di mantenersi lungo una linea retta in modo da non perdere il suo obiettivo, seppur inesistente e piuttosto vago.
Saliva e scendeva dai cumuli, il che gli dava l'impressione di essere sulle montagne russe, solo un po' più faticoso, solitario e silenzioso. Terribilmente silenzioso.
Dopo aver camminato per quelle che sembravano ore si fermò di colpo, esausto, e si buttò a terra con un tonfo, facendo sollevare una nuvoletta inconsistente. Si sdraiò rivolto verso l'alto incrociando le braccia dietro la testa. Riusciva a fissare la "luna" senza che questa gli desse fastidio agli occhi. Dovette ammettere che era  davvero stupenda,maestosa, regnante in quell'oscurità assoluta che avvolgeva tutto.
Cominciò a canticchiare tra sé e sé per tenersi compagnia, cominciava già ad avvertire l'incedere della follia... c'era un silenzio tale che quasi gli dolevano le orecchie.
Sperava vivamente che tutto quello fosse un brutto sogno, uno di quelli che turbano il sonno nel pieno della notte e ti fanno svegliare affannato e con il cuore su di giri, che palpita come se fosse un vecchio treno a vapore mentre i polmoni si dilatano e contraggono all'impazzata accorciando il respiro; uno di quei sogni che somigliano a un mare buio e ghiacciato da cui si emerge annaspando e si ritrova tranquillità all'immediato contatto con la soffice spiaggia ancor più gelida della realtà.
Aveva sempre desiderato vivere protetto dalla quiete ovattata della tranquillità, ma pur desiderando solo se stesso adesso avvertiva quanto in realtà potesse essere terrificante stare terribilmente solo... Ricordava di aver invidiato Robinson Crusoe, da bambino. Lo considerava il suo eroe: qualcuno che era riuscito a costruirsi da solo, a sopravvivere nel nulla. Talvolta dimenticava che Robinson aveva Venerdì.
Sentì un rumore brusco, come un ramo che si spezzava sotto il peso di qualcuno; il primo impulso fu quello di balzare in piedi e prepararsi a combattere, ma aveva imparato a controllarsi meglio di chiunque altro sarebbe mai riuscito a fare, fosse stato in lui: non si spostò di una virgola e attese che la fonte del cacofonico suono si rivelasse. Si guardò intorno ma non vide assolutamente nulla, poi socchiuse gli occhi e scorse delle impronte lontane che non appartenevano a lui. Un insolito timore gli agitò le viscere e quasi per riflesso le mani si serrarono automaticamente in due pugni. Si sentiva costantemente osservato, una formica nel microscopio di qualche gigante, la cui lente era la scura luna che sembrava non spostarsi mai.
Era certo che il vento non fosse cambiato. Lungo i crinali delle dune più lontane si formarono turbinii furiosi che danzavano per le fiancate e scendevano vorticando veloci fino a creare un circolo intorno al ragazzo. Le orme scomparvero. Tutto tacque nuovamente. Era ancora in piedi, sbigottito da quanto aveva appena visto. Aprì e chiuse la bocca annaspando per la sorpresa. Sentì il suo autocontrollo vacillare, e quasi non si  riconobbe. L'istinto gli diceva di scappare a gambe levate, di correre più veloce che poteva, ma dove? Non c'era nulla in quelle lande desolate, non c'era via d'uscita, e di questo era certo, non poteva esserne più sicuro. Il cielo si chiudeva sulla cenere come se fosse il coperchio di un vassoio, sigillato all'orizzonte senza possibilità di essere mosso o sollevato neppure per lasciar passare una piuma.
Cercò di camminare ancora un po' ma non trovò comunque né informazioni né anima viva, allora quando vide una roccia si sedette e aspettò  che gli venisse  qualche idea su come andarsene di lì, perché se c'era qualcosa che aveva capito era che doveva riemergere dalla cenere e tornare alla luce.
Prese tempo facendo dondolare le gambe, poi interruppe il movimento con un ringhio strozzato. Non poteva  certo sperare che quel masso si sollevasse miracolosamente e lo portasse a casa.
Casa. Non sapeva neanche che cosa fosse esattamente per lui, una casa.
Non sapeva niente di niente.
-Oh no, non di nuovo- mugolò stanco quando vide ancora delle impronte, questa volta vicinissime a lui. Volse pigramente gli occhi alle dune, con una rassegnata accettazione ad arrendersi al fato, aspettandosi i vortici argentei, ma sentì un "Ehm Ehm" che glieli fece guizzare nuovamente sulle impronte.
-C-chi ha parlato? -disse sospettoso non vedendo nessuno.
Non ricevendo risposta riformulò la domanda:-Chi sei?
Ancora silenzio.
All'improvviso sentì un colpo forte allo stomaco, si piegò in due ma non fece in tempo a rialzarsi quando una botta sulla schiena lo costrinse ad allungarsi a terra con una smorfia di dolore dipinta sul volto. Non che di solito permettesse a qualcuno di dargliele, ma non aveva mai lottato prima d' ora con avversari tanto spaventosamente veloci e invisibili. Si mise gattoni provando a rispondere all'attacco ma l'Ignoto gli prese il braccio e glielo piegò dietro la schiena, essendo immobilizzato gli permise di rivoltarlo con la pancia verso il cielo. Lo sentì salirgli a cavalcioni e prendergli i polsi per portarli sulla testa. Era fregato, pensò.  Sentì il fiato caldo sul collo. Poi quelli che credeva essere capelli gli solleticarono la mascella, il volto invisibile si avvicinò al suo orecchio e soffiò: -Molti dicono che io sia il diavolo, ma tu puoi chiamarmi Charity.
Subito dopo due grandi occhi castani si fissarono freddi nei suoi e si perse nella loro crudele maestosità.

L'Ignoto sorrise, senza che il ragazzo potesse vederlo.
Uno scintillio sinistro balenò fendendo l'oscurità dei suoi pensieri.
"Si gioca, ricciolino", sembrava dirgli.

Spazio autrice
Inizio con il dire che questa è la prima storia che scrivo quindi se trovate errori o imprecisioni basta commentare accanto in modo che io possa correggere, senza aggredire ovviamente. Credo che aggiornerò regolarmente, escludendo quando sarò impegnata. Se vi va votate e commentate e spero che la storia vi piaccia.
Sto parlando come se qualcuno leggesse davvero ciò che scrivo but that is all hahahaha. Magari quando ci saranno lettori gli spazi autrice saranno meno imbarazzanti e più carini, btw mi sto dilungando troppo... Ci vediamo al prossimo capitolo!

Storm of Souls (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora