Prologo.

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Ho sempre pensato che crescere mi portasse a tre cose, all'epoca per me fondamentali: avere tanti amici, realizzarmi come persona, crearmi una famiglia. Niente di più e niente di meno. Obiettivi semplici per una bambina di dieci anni, ma che di facile non hanno avuto nulla. Ricordo che alle medie iniziarono a prendermi in giro all'improvviso, in un giorno qualunque, senza mai un valido motivo apparente. Prima per i capelli sempre in disordine, poi per l'abbigliamento troppo sportivo e maschile, arrivando poi a criticare il mio fisico e il mio aspetto. Mi sono sempre impegnata ad essere una buona figlia, amica, compagna di classe e ho sempre messo i bisogni degli altri davanti ai miei, non sono mai stata un tipo egoista o egocentrico. Quindi, a lungo andare, ho iniziato davvero a pensare che tutto quello che mi venisse detto o fatto, fosse vero o giusto. Che me lo meritassi. Crescendo mi sono resa conto di altre due cose: la prima, che è quella che ha caratterizzato tutta la mia adolescenza e, che ancora oggi, fa parte di me, è la mia omosessualità. È bello dare consigli sull'abbigliamento ad un'amica, fare shopping e guardare film insieme. È improvviso, però, se non pensi più ai bei ragazzi e alle loro doti fisiche, ma bensì a quanto sia bello il sedere della commessa o il seno intravisto da una scollatura. Oppure, accorgerti che non guardi più l'attore protagonista ma l'attrice, la sua migliore amica, la rivale della protagonista e così via. Quando non c'è più un 'lui' nei tuoi desideri più profondi ma una 'lei'. La seconda rivelazione che ho avuto e appurato sulla mia pelle, purtroppo, è la negazione da parte degli altri ad accettarmi. Ed è proprio quando queste due realtà si sono scontrate, che ho desiderato sparire nel nulla. 

È iniziato molto lentamente il processo, ma me lo ricordo bene. Mentre io cercavo di capire cosa mi stesse succedendo, gli altri iniziavano ad accorgersi di piccoli cambiamenti nei miei modi di fare e nei miei rapporti con le altre ragazze. Se con i ragazzi ero diventata più scostante, con il mio stesso sesso ero molto affettuosa e premurosa. Mentre per me era qualcosa di normale, per gli altri è cominciato a non esserlo. Da qui l'aumento degli sfregi, delle cattiverie e l'allontanamento anche da chi credevo mio amico o mia amica. L'unica persona che è sempre rimasta al mio fianco è Sally, la mia effettiva e unica amica. La sua famiglia è sempre stata molto aperta mentalmente e hanno sempre portato avanti una politica di pensiero volta all'accettazione degli altri e di ciò che non comprendono senza conoscerlo. Sono sempre stati il mio supporto e mai hanno rivelato la cosa ai miei genitori. La mia famiglia non si è mai accorta di cosa si dicesse di me o di cosa subivo, o forse, ma spero di sbagliarmi, hanno finto di non esserne a conoscenza. Questo, finché al mio ultimo anno di superiori ho ricevuto una notizia che ha cambiato tutto e, finalmente, mi ha dato la possibilità di cominciare da zero.

Pensare al mio passato, ai miei fallimenti e vedere dove sono adesso, mi riempie di gioia. Non credevo questo giorno sarebbe arrivato così presto. Ho fantasticato tanto su come mi sarei sentita, cosa avrei indossato, che tempo ci sarebbe stato. E finalmente il giorno è giunto. Oggi, 15 settembre, io Ashley Bianchi, inizio il mio primo giorno all'Istituto delle Belle Arti. Vivevo a Milano fino a due anni fa, dove ho frequentato l'università musicale fino al diploma. Quando mio padre ha avuto una promozione poco dopo la fine dell' estate, abbiamo avuto tre mesi per trasferirci definitivamente e il resto dell'anno per sistemarci come si deve. Per me e mia madre è solo stata una bella notizia, non ci abbiamo pensato due volte a spronarlo ad accettare e a fare i bagagli. La meta? Madrid. Il fatto che anche lei fosse stanca del suo lavoro da segretaria, della monotonia in cui eravamo caduti, ha facilitato il tutto. Ho preso un anno sabbatico per seguire un corso di lingua spagnola e poi d'inglese, visitando ad alternanza quanto più possibile la città e informandomi sui vari mezzi di trasporto. Ho fatto anche un giro fra gli istituti per vedere se ce ne fosse uno che facesse a caso mio. Ho incontrato varie persone nell'arco di questo e nessuna, purtroppo o per fortuna, fa più parte della mia vita.  Adesso abbiamo in una casa più grande a due piani ed un giardino, che nel quartiere in cui siamo sembra andare di moda. Tutte le case sono recintate in modo da tutelare la privacy, senza risultare però opprimenti. Non mi é dispiaciuto andarmene dalla mia città natale, non ho niente di personale che mi lega lì, eccetto qualche parente e la mia migliore amica, Sally. Ci sentiamo più o meno tutti i giorni, volendo rimanere legate e cercando di combattere la distanza. Esco di casa presto, le strade non sono molto piene, anche se inizio già ad intravedere le prime file di traffico. Il caldo di fine agosto si fa sentire, nonostante una ventata di aria fresca mi faccia rabbrividire. Mentre canticchio una canzone appena venutami in mente, mi avvio alla macchina e la metto in moto, dirigendomi poi a scuola. Arrivo in anticipo di 15 minuti, così vado allo sportello informazioni per chiedere la disposizione delle classi sui piani, degli armadietti e il mio codice d'accesso e di matricola. Nell'attesa, mi perdo nell'ammirare la grandezza della struttura. È di colori neutri e ha una moltitudine di aule e corridoi, dove in questi ultimi sono appesi quadri studenteschi o d'arte e, nell'atrio, è presente un mini bar oltre alle macchinette per il caffè o snacks. Sono molto attrezzati, soprattutto nel caso qualcuno abbia lezioni pomeridiane e vuole sgranocchiare qualcosa. Direi che è un'ottima idea. La segretaria richiama la mia attenzione con due colpetti sulla mia spalla, mi lascia i fogli richiesti e torna al lavoro. Mentre sono alla ricerca del mio armadietto, mi perdo in una canzone di Ed Sheeran, finendo così nel corridoio sbagliato. Mi trovo improvvisamente davanti un ragazzo seduto a terra che mi da le spalle, poche persone ferme nelle vicinanze che lo fissano e un gruppo composto da due ragazze e un ragazzo. Mi tolgo momentaneamente le cuffie e stoppo la riproduzione, facendo in tempo a sentire un'imprecazione.
<<Ti sembra il modo?>> continua il poveretto mentre raccoglie le sue cose dal pavimento e si sistema i vestiti. E' più alto di me di qualche centimetro, i capelli sono castano chiaro e spettinati.
<< Potevi spostarti, invece di venirmi contro e cadere come una pera dall'albero >> sbotta il ragazzo davanti a lui. L'espressione scocciata, la postura trasandata e l'indifferenza che dimostra da quanto accaduto, mi irritano. Mi avvicino quanto basta per essere al fianco della presumibile ''vittima'', per assicurarmi che non si sia fatto nulla. Purtroppo, questo lato apprensivo di me verso gli altri, conoscenti o meno, non è mai andato via crescendo. Non dico che sia un lato negativo del mio carattere, ma spesso mi fa cacciare nei guai.
-Tutto bene? Ti sei fatto male?- mi affaccio per vedere se ha qualche ferita, non sapendo effettivamente la dinamica della caduta e di tutta la faccenda. Chi è intorno a noi riprende a fare quel che stava facendo, ignorandoci palesemente. Che fastidio.
<<Oh... Sì, grazie, non preoccuparti >> si gratta imbarazzato la nuca con una mano, accennando un sorriso un po' sofferente.
- Sicuro? - tolgo un groviglio di polvere dal suo maglione.
<< Sì, davvero, non fa niente >> e se prima mi ha sorriso gentilmente, torna ad avere uno sguardo serio e stizzito.
<< Bene! Dato che non ti sei fatto niente, noi possiamo andare? Non ho tutto il giorno per star qui >>. Quanto è maleducato. Non solo appare come il solito bullo arrogante, ma quel suo tono stizzito e la sua strafottenza, non migliorano le cose. Rimango stupita dal fatto che la ragazza alla sua destra non abbia detto niente, avendo continuato a messaggiare per tutto il tempo come se niente fosse. Guardo l'altra alla sua sinistra, restando affascinata dai suoi occhi. Ci separano sì e no due metri, ma quel verde bosco è impossibile non notarlo. Così come il taglio dei suoi occhi. Mi riscuoto dai miei pensieri quando noto il suo fissarmi, giusto in tempo per accorgermi che la persona al mio fianco fa un passo avanti, prendendo fiato nel mentre sicuramente per rispondere. Istintivamente, come ero solita fare con Sally quando voleva attaccare briga, metto un braccio davanti a lui e lo guardo mentre scuoto la testa.
- Lascia stare, non ha senso - e non mi sposto finché non desiste e sbuffa.
<< Hai ragione, grazie ancora >> sospiro rilassandomi e pronta a fare retro-front.
<< Ecco, bravo, ascolta la bambolina che è meglio >> lo istiga ancora. O vuole prendersi gioco di me?
- E tu dovresti imparare l'educazione e a star zitto - rispondo in modo tagliente, girandomi pronta ad andarmene. Il ragazzo al mio fianco mi imita, senza proferire parola o ribattere.
<< Brutta st- >> non sento la fine della parola, ma solo un ciocco bello forte seguito da un'imprecazione.
"Adesso basta, taci e andiamo ". La voce calda e roca mi fa venire i brividi alle braccia. Sicuramente sarà stata una delle due ragazze al suo fianco, ma non riesco a capire quale essendo di spalle. Ignoro il tutto e ci avviamo insieme lontano da loro, non volendola tirare avanti.

Dopo aver camminato per qualche minuto, mi fermo per salutare la persona affianco a me, presentandomi subito dopo e chiedendo informazioni.
<< Sono Mike, piacere tutto mio >> sorride amichevole.
<< Grazie ancora per tutto. Mi hai evitato un bel po' di problemi oggi. Di cosa hai bisogno? >> e mi tende la mano. La stringo volentieri e ascolto ciò che mi dice in merito alle mie domande. Gli faccio cenno con la mano per poi tornare sulla mia strada e andare a cercare il mio armadietto, ignorando i mormorii che mi circondano. Quando finalmente trovo quel dannato armadietto esulto, nemmeno fossi appena uscita da un labirinto. Sospiro già stanca, non avendo nemmeno fatto la prima lezione, per poi posare tutti i libri che ho nello zaino al suo interno. Porto con me solo due libri, un quaderno e l'astuccio, chiudo lo sportellino e mi volto per andare a cercare la mia classe. Il problema sorge quando incontro due occhi verdi a pochi centimetri dai miei. Indietreggio per lo spavento e poggio una mano sul petto in modo automatico. È bellissima. Il suo sguardo è calmo e penetrante, tanto da lasciarmi imbambolata un'altra volta. Si avvicina piano e appoggia una mano sul metallo freddo, poco più in la del mio capo. Sono davvero confusa, cosa mai vorrà ora?
- Posso fare qualcosa per te? - chiedo tra l'imbarazzo e la paura. Purtroppo sono una persona timida di natura, a meno che non sia particolarmente arrabbiata o su di giri, ho il finto coraggio di un chihuahua. Sento gli occhi di tutti su di me e questo mi irrita e mette a disagio. Avvicina le sue labbra al mio orecchio, facendomi il solletico col suo respiro. Inutile dire che trattengo il fiato. Non penso sia normale una cosa del genere, ma probabilmente reagire non porterebbe nulla di nuovo.
" Hai attirato la mia curiosità " perfetto, ma che fortuna. Proprio quello che volevo direi. Mi sento dentro una soap opera, non so se ridere per il pensiero ironico, o piangere per la sfiga che non mi abbandona.
" Ci vediamo in giro, fai la brava e sta attenta " sento le gambe tremare. Mai, in tutti questi anni, ho sentito un'attrazione del genere per qualcuno al primo incontro. Si allontana velocemente da me, raggiungendo un gruppo di ragazze alla fine del corridoio, mentre la mia schiena tocca il metallo freddo alle mie spalle per non cadere e sospiro. Non sento le gambe, sembra mi abbiano abbandonate. In che guaio mi sono cacciata? Per mia fortuna non l'ho più rivista per il resto della giornata, ma non ho incontrato nemmeno il ragazzo che ho aiutato. Sembra si siano volatilizzati. Peccato, sembrava simpatico. Riesco ad arrivare a casa prima che arrivi un acquazzone e, dopo aver pranzato, deciso di riordinare gli appunti presi a scuola e di farmi una piantina dell'edificio per orientarmi momentaneamente. Sento Sally per il resto del pomeriggio, volendoci aggiornate sulla giornata e raccontarci quelle piccole novità dell'ultimo minuto. Purtroppo le uniche conoscenze che sono riuscita a fare qui sono state tutte passeggiere, più per convenienza del fine settimana che altro, quindi non ho nessuno con cui parlare o uscire. O almeno, non più. L'unica persona diventata stabile nella mia vita qui a Madrid se ne è andata e non sono riuscita a passarci sopra facilmente. Spero che quest'anno la cosa sia diversa, perché inizio a sentirmi sola.

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