Extra Chapter n.2; uni degree and family issues

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Ridacchio, avvicinandomi a lei e lasciandomi cadere sul divano.
«Puoi sempre usarla come tavolino.» dico poggiando la busta di chips sopra la sua pancia.

Passa un momento di silenzio prima che entrambi scoppiamo a ridere, forse presi più dal fatto che la tensione si sia alleggerita che dall'umorismo della battuta.

Passano così altri dieci minuti, dove finiamo per parlare del più e del meno, come il nuovo lavoro di Isaac, la loro nuova casa e di come sia difficile non spendere tanti soldi online sui vestiti per i bambini.
Ridiamo a proposito delle scuse più ridicole che ci siamo dovuti inventare per non far scoprire tutto a Calum e di come un giorno i nostri figli potrebbero sposarsi e farci diventare parenti.

Mi sembra di essere in una bolla, dove tutti gli sforzi fatti ultimamente abbiano dato buon frutto e di come il nervosismo sia scemato pian piano.
Sono quasi convinto che la giornata possa andare bene, così come previsto quando, interrompendo la nostra chiacchierata, il campanello suona.

«Calum e Isaac?» aggrotto le sopracciglia confuso.

«No, Isaac mi ha mandato un messaggio poco fa, sono ancora in centro.»

«Allora è... oddio.» e come se niente fosse, tutta l'ansia di prima mi piomba addosso, ma è cento volte più pesante.

«Ash, vai.» mi incoraggia Sarah.

Guardo la bionda ancora seduta sul divano con occhi imploranti, di chi sa di non avere la forza di reggere una situazione del genere. Ma Sarah è irremovibile e continua a gesticolare di andare ad aprire la porta.

Faccio un respiro profondo, mi aggiusto la cravatta, d'un tratto diventata stretta e mi passi una mano nei capelli, sentendo caldo tutt'a un tratto.

Cala il silenzio quando il campanello suona ancora, mentre io poggio la mano sulla maniglia sento un borbottio indistinto dall'altra.

«Ash fatti crescere le palle e apri quella fottuta porta.» impreca Sarah a bassa voce dal divano, con la sua solita finezza.

«Smettila di dire parolacce.» mi lamento, facendole alzare gli occhi al cielo.

Il campanello suona ancora e io, trovato il coraggio, apro finalmente la porta, trovandomi davanti una ragazza alta, capelli e occhi castani, con la pelle leggermente ambrata.
Boccheggio un attimo non sapendo cosa dire, se invitarla a entrare o se aspettare che dica lei qualcosa.
A quanto pare lei non è nervosa quanto me, essendo la prima a rompere il silenzio.

«Sei tu Ashton Irwin?»

+

Il viaggio in macchina è silenzioso, eppure, per fortuna, la tensione di qualche minuto fa è quasi del tutto scomparsa.
Non abbiamo scambiato molte parole; dopo che lei mi ha domandato chi fossi mi ci sono voluti un po' di secondi per realizzare che avrei dovuto risponderle, ma alla fine ho risposto di si e anche lei si è presentata.

Le ho chiesto se voleva entrare a prendere qualcosa, ma ha gentilmente rifiutato, guardando l'orologio al suo posto e dicendo che sarebbe stato meglio incominciare ad andare.

Dandole ragione, sono corso dentro a salutare Sarah e a prendere la borsa, per poi uscire e dirigermi verso la macchina, la mia macchina, che anche se non è granché sono riuscito a comprarla con i miei soldi, evitando così di prendere sempre quella di Jordan.

Arrivati al parcheggio ho fatto il galantuomo, aprendole le sportello, e poi entrando nel posto del guidatore.
Durante il viaggio, osservo, provando a non farmi scoprire, i movimenti della ragazza.
La guardo appoggiare le testa allo schienale e incominciare a scrutare fuori dal finestrino, probabilmente ammirando il paesaggio e le belle case di Amsterdam, e forse anche persa in qualche pensiero.

Red Lights » CashtonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora