Capitolo 19

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Emma fissò il suo riflesso nell'acqua calda della vasca, il suo volto era cambiato da come lo ricordava: aveva le guance scavate, la pelle ustionata dal sole e il nuovissimo sfregio che le rigava di rosso lo zigomo sinistro.

Sospirò a lungo, era certa che un bagno l'avrebbe rilassata, invece, l'agitazione era ancora tanta. Dopo lo schiaffo, Ary se ne era andato senza aggiungere nulla, senza nemmeno guardarla. Lì per lì si era sentita forte e vittoriosa, nonostante il dolore tremendo alla mano, ma, con l'incalzare della stanchezza, uno strano senso di colpa l'aveva aggredita, turbandola. Aggeggiò distrattamente con strani cristalli a bordo vasca, sperando di trovare qualcosa di simile a un sapone e uno le scivolò in acqua, strappandole un'esclamazione sorpresa quando iniziò a dissolversi in schiuma dall'odore indecifrabile.

Quando uscì dalla vasca notò la porta scorrevole leggermente aperta e un occhietto spento che la scrutava, immobile. Si infilò subito la maglia che Ary le aveva lanciato per terra e corse a chiudere la porta, terrorizzata dalla presenza di quello strano Notturno.

«Ehi, buona, ti ho portato dei vestiti decenti» parlò la strana creatura, tenendo semplicemente la bocca aperta.

Emma tremò ancora una volta alla vista di quei canini bianchi a punta e, inconsciamente, portò una mano al collo là dove ancora persistevano due piccoli lividi violacei, ma, da quella distanza ravvicinata, notò qualcosa che la fece nettamente rilassare: un altoparlante e svariate altre parti meccaniche al posto della lingua. Gli osservò meglio anche gli occhi e scoprì che si trattava di videocamere fatte ad arte per assomigliare a dei veri bulbi oculari.

Il Notturno aprì la porta con un gesto meccanico e le porse un ammasso di stoffa nera, che Emma però non prese, rapita dai dubbi. Allungò una mano e alzò la semplicissima maglia del Notturno, scoprendo una grossa porzione di pelle cadaverica. All'altezza del cuore vide chiaramente una vite conficcata nella carne, che la incuriosì.

«Se hai voglia di spogliare qualcuno di qua ci siamo io e A...ia.»

Ci furono dei strani brusii che convinsero Emma a prendere i vestiti e richiudere con un tonfo la porta. Si sentì davvero una stupida per aver avuto paura di un cyborg controllato da quello strano alieno amico di Ary, ma fra il fucile e il corpo del Notturno, non era riuscita a ragionare.

Indossò i vestiti e si guardò allo specchio: la classica femmina alla moda di Distorcispazio. Aveva passato una giornata intera a chiedersi come potessero le aliene trovare comode quelle tutine intere d'uno strano nero opaco, con piccoli intarsi sulla vita e sulle spalle a forme geometriche, ma, ora che ne aveva una addosso, si ricredette. Era la stessa sensazione di comodità e protezione che le aveva dato la tuta bianca degli Scavii. Infilò anche gli stivaletti alti forniti dall'alieno, che furono più complicati da indossare del previsto, vista la mole di chiusure magnetiche che avevano, ma anche quelli si rivelarono perfettamente calzanti e caldi. La commosse pensare che non sarebbe più congelata di notte.

«Ora sì che si ragiona.» Le ammiccò l'alieno striato appena tornò nella stanza in cui l'aveva visto la prima volta.

Lui e Ary erano seduti su due poltroncine nere identiche, con due specie di joystick in mano, rivolti alla moltitudine di schermi che albergava su un massiccio tavolo posto contro uno dei muri della stanza. Tutti insieme, i monitor formavano un'unica immagine, come fossero un puzzle, tranne uno, molto più piccolo e leggermente distanziato dagli altri che mostrava la porta d'ingresso da cui Emma era entrata con Ary.

Il licantropo, che le aveva concesso un'occhiata di sfuggita, alzò una mano e tirò uno scappellotto all'alieno, che mugolò di dolore in una strana lingua.

«Ary se vuoi, puoi anda...» Ary la interruppe subito annuendo distrattamente e alzandosi.

Emma notò come cercasse in tutti i modi di evitare il suo sguardo, facendola sentire sempre più in colpa. Le passò accanto cercando in tutti i modi di non sfiorarla nemmeno e si chiuse in bagno sbattendo la porta con malagrazia.

L'umana dal passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora