Capitolo 11. Percy

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Sono le prime luci dell'alba a svegliarmi. Sbatto velocemente gli occhi, mentre un primo pensiero già si fa strada nella mia testa: Adelaide. Non è più nel mio letto, non è rimasto neanche rimasto il suo segno sulle lenzuola. Torno con la testa sul cuscino, con un'aria al quanto confusa. Ho sognato tutto? E perché avrei dovuto sognare di baciarla e di piacere quel contatto tra di noi?
Vado ad aprire immediatamente le finestre, respiro l'aria fresca del primo mattino e continuo a non darmi pace.
Mi vesto velocemente, esco per andare in bagno e sciacquarmi velocemente la faccia con l'acqua gelida. È in corridoio che la incontro, già pronta, con la valigia fuori dalla sua porta. Ha i capelli già ordinati e l'aria di aver dormito davvero bene.
«Buongiorno.» Le dico, con aria piuttosto perplessa. Non posso menzionare quello che è successo ieri sera, ho paura sia stata tutta una finzione.
Adelaide distoglie lo sguardo e prende un respiro profondo.
Questo suo atteggiamento mi porta a pensare che forse è successo davvero. Ci siamo davvero baciati nella mia camera e abbiamo davvero dormito insieme. «Io-»
Adelaide si guarda intorno. «Possiamo non parlare di quello che è successo?»
Chiudo la bocca.
È tesa.
Rimango a guardarla, incerto su cosa dire. «Volevo scusarmi se in qualche modo...»
Adelaide mi ferma. «No, non hai fatto niente, davvero.» Si morde il labbro. «Penso semplicemente che sia stato sbagliato.» Inclina la testa. «Forse è successo a causa del sonno, eravamo entrambi assonnati.»
Deglutisco. Chiaramente non è il discorso che mi aspettavo di affrontare. Annuisco, comunque. «Hai ragione.» Rispondo. «Non parliamone più.» Aggiungo, in un sussurro.
Adelaide mi sorride e torna in camera sua.
Entro nella mia camera, piuttosto scosso dalle sue parole. Ha ragione. Siamo ormai parte di una stessa famiglia. Sarebbe strano. Mi porto una mano sul collo, pensando però a quanto fosse stato unico e vero. Porto la mia valigia in corridoio.
Nell'ora prevista decido di portare il tutto in salotto, dove Gwen esclama qualcosa e mi aiuta con la valigia. La rassicuro che ce la faccio, ma insiste.
«Sicuro di aver preso tutto?» Mi chiede subito, con tono alquanto teso, per poi seguire con:

Sicuro di non voler fare colazione?

Sicuro di voler partire?

Sicuro di stare attento anche ad Adelaide?

Sicuro di non comportarti male?

«Papà?» Chiedo poi.
«Sta dormendo, vuoi che...?»
Scuoto la testa. «No, non svegliarlo.»
Adelaide scende a fatica le scale con la valigia piena di cose.
Appena la sento, corro ad aiutarla.
In un primo momento, non mi guarda, poi mi lascia fare.
La porto in salotto e qui ci sediamo entrambi sul divano.
«Allora... ricapitolando.» Gwen cammina avanti e indietro, davanti la TV spenta.
Adelaide alza gli occhi al cielo. «Mamma, andrà tutto bene. Non agitarti.» La rassicura.
Le dico che dovremmo essere alla Railway Station alle sei e mezza. Rimangono ancora trenta minuti. «Credo che l'autobus stia per passare.»
Ci alziamo.
Gwen annuisce e si avvicina a noi, unendoci in un abbraccio caloroso.
Gwen mi accarezza una guancia e mi sorride. «Ci vedremo fra una settimana, allora.»
Adelaide prende la sua valigia, io la mia.
Salutiamo entrambi la Gwen, uscendo da casa nostra e sospirando di sollievo. C'è un attimo di silenzio fra di noi; ho come la sensazione che il nostro rapporto stia prendendo una piega diversa, il tutto a causa di una fottuta notte.
«Mi dispiace per ieri sera, non volevo baciarti.» Mi sussurra Adelaide, con un sorriso timido. «Non so cosa mi è successo.»
Deglutisco, senza incontrare il suo sguardo. «Non hai detto di non voler più parlare di quella storia?» Chiedo, senza un tono ben preciso.
Prende male le mie parole e decide di non rispondermi.
Concludiamo qui la conversazione.
L'autobus sta arrivando verso di noi. Secondo dopo secondo, sono deciso a partire. Stringo il manico della valigia.
«Hai intenzione di salire?» Mi chiede Adelaide, mentre trasporta con fatica la sua valigia sull'autobus.
Scuoto la testa e, facendo la stessa cosa, salgo in coda a lei.
Ci sediamo lontani e va bene così.
Fra una canzone e un'altra, arriviamo in stazione.
Scendo seguita da Adelaide che corre verso Daisy e Loren non appena le vede fuori dalla stazione. Ci sono mormorii ovunque. I miei amici sono distanti dal gruppo scolastico. Li raggiungo.
«Buongiorno.» Do una pacca sulla spalla di Thomas.
«Ehi, Percy!»
«Percy!» Esclama Céline, ampliando quelle labbra rosse e carnose.
Le faccio un accenno di saluto, il più convincente possibile.
«Fratello.» La voce di Derek mi arriva all'orecchio. Céline lo avrà già lasciato? Gli avrà detto il perché?

6:27.

I professori che ci accompagneranno a Cambridge, ovvero Mrs Shepard, Mr Ronald e Miss Loyd, ci invitano ad entrare in stazione.
Obbediamo senza discutere. A quest'ora non c'è quasi nessuno.
Binario 4, Oxford - Cambridge sta per fare il suo ingresso in stazione. Preghiamo chiunque debba salire di recarsi nell'apposito binario.》Dice la voce registrata dalla torre di controllo, dall'altro lato dei binari, per poi ripartire con la stessa frase ma in lingue diverse.
Mrs Ronald, unico uomo fra le professoresse e l'unico che se ne intende di ferrovie, ci guida verso il giusto binario.
Sento il tipico tremolio del treno che si avvicina. Eccolo lì. Quell'incredibile veicolo composto da carrozze e viaggi che non tramonteranno mai.
«Ragazzi, dietro la riga gialla!» Esclama Miss Loyd.
Non appena chiude bocca, il treno ci sfreccia davanti.
Cominciamo a salire ed a spargerci per tutte le carrozze.
Adelaide scompare e se ne va verso la carrozza opposta alla mia.
Io e miei amici -  assieme a Céline - ci precipitiamo a sederci ai quattro posti all'angolo della carrozza. Derek e Thomas mi lasciano sedere accanto a Céline. 
«Sarà un viaggio fantastico.» Mi sussurra Céline all'orecchio, avvicinandosi un po'.
Arrossisco violentemente. «Non contarci.» Le rispondo, stringendo i denti.
Lei ha già preso la mia mano. «Invece ci conto. Sono brava a farlo.» Mi risponde.

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