Origine

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Liam Payne non aveva mai goduto di buona salute. Essendo nato in anticipo di ben tre settimane, sin da quando era piccolo aveva sempre dovuto vivere facendo avanti e indietro tra casa e ospedale, per svolgere test su test. Il suo problema più grave era il fatto che uno dei suoi reni fosse danneggiato e non funzionasse bene, causandogli anche molto dolore.

Sebbene il primo dottore che l'aveva visitato avesse definito i suoi disturbi come cronici, senza possibilità di completa guarigione, i suoi genitori non si erano mai dati per vinti. Per questo, in maniera abbastanza regolare, la famiglia Payne si trasferiva, muovendosi in un'altra città, magari una rinomata per la bravura dei suoi medici, o la modernità delle strutture ospedaliere. Tutto per cercare di trovare una cura per Liam.

I suoi genitori non se ne rendevano conto. Loro pensavano di agire per il bene di loro figlio, ma con il tempo la situazione era diventata per lui peggiore di quanto potessero sospettare, e per ragioni ben diverse da quelle che erano convinti avrebbero rovinato la sua vita.

Liam era sempre stato un bambino allegro e socievole. Gli piaceva giocare, correre, per quanto glielo permettevano le sue condizioni, e quando la madre lo portava al parco quando era molto piccolo, passava tutto il tempo con gli altri bambini senza nessun problema, divertendosi un mondo.

Le cose, purtroppo, erano cambiate con gli anni. Ogni volta che il bambino passava abbastanza tempo in un luogo e riusciva a farsi degli amici là, subito era di nuovo ora di trasferirsi. A causa di tutto il tempo che passava chiuso all'ospedale, instaurare un rapporto era abbastanza difficile, e l'apprensione dei genitori, seppure comprensibile, rendeva ogni suo sforzo vano.

Le uniche presenze costanti nella sua vita a parte i genitori, le sue sorelle maggiori Nicola e Ruth, alle quali cercava di affidarsi per l'amicizia di cui aveva disperatamente bisogno, preferivano starsene per conto loro, tra ragazze, e per giunta non mancavano mai di lanciare occhiate velenose al loro fratellino ogni qual volta anche loro si ritrovavano costrette ad abbandonare le amicizie costruite faticosamente in una nuova città.

Ed alla fine, a quattro anni, Liam si era chiuso in se stesso. Ormai non provava nemmeno più a fare amicizia. Quando veniva portato all'asilo, o al parco, ormai passava la giornata seduto da una parte, da solo, semplicemente guardando in direzione degli altri bambini che giocavano, o mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé come se non gli importasse nemmeno di quello.

Inoltra, il suo comportamento portava gli altri bambini a prenderlo in antipatia, a fargli dispetti, a prenderlo in giro o anche dargli soprannomi cattivi.

E questo lo faceva soffrire. Lo faceva soffrire tanto.

Fu nel bel mezzo di questa situazione, quando aveva cinque anni, che Liam incontrò Zayn per la prima volta.

Liam e la sua famiglia si erano appena trasferiti in una nuova città, chiamata Bradford. Ormai Liam non chiedeva più ai genitori di uscire. Tanto per lui era uguale rimanere a casa o andare fuori. Tuttavia, fargli prendere regolarmente aria fresca era sempre stata tra le raccomandazioni dei dottori, e dunque anche in questa nuova città capitava spesso che uscissero a fare delle passeggiate.

Il parco era un po' meglio dell'asilo. Lì, almeno, c'erano bambini di diverse età, e non riuniti nei gruppetti come capitava all'interno dell'atmosfera scolastica. Ma non importava, Liam aveva già smesso di provare ad avvicinarsi.

Notava gli sguardi degli altri bambini, non così diversi dopotutto da quelli che gli venivano riservati all'asilo. Lo guardavano storto, o ridacchiavano per via del suo sguardo spento che li rifuggiva. Magari pensavano già a qualche scherzo crudele a cui sottoporlo, a qualche nomignolo con cui chiamarlo.
Era un giorno d'estate, forse un po' più fresco del solito.

C'erano molti bambini a giocare nel parco. Li riusciva a vedere dalla sua posizione, rannicchiato contro un albero, mentre sua madre stava seduta poco lontano su una panchina. Era concentrato principalmente su un gruppo che era arrivato più o meno contemporaneamente a lui. Sembravano simpatici, ma non poteva saperlo. Non era sicuro di cosa stessero facendo. Correvano in giro, ridendo - forse giocavano ad acchiapparello? Ma non era rilevante per Liam. L'unica cosa importante era che avrebbe voluto giocare con loro, non poteva.

Di solito non aveva questa reazione, si limitava a rimanersene da solo per tutto il tempo a guardare, ma stavolta le lacrime avevano iniziato a scendere senza che lui se ne accorgesse. Si era messo a piangere in silenzio, portando le ginocchia al petto e nascondendo il viso contro di esse, non volendo che nemmeno la madre lo vedesse così. Non sarebbe stata in grado di consolarlo.

Solo dopo un minuto o due, finalmente era giunta alle sue orecchie quella voce, quell'accento particolare che gli avrebbe cambiato la vita e l'avrebbe accompagnato per tanto, tanto tempo.


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