Capitolo 01. Adelaide

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Durante l'arco di un anno è possibile che io non abbia voglia di dormire più. Un po' per la paura di sognare qualcosa che non voglio sognare, un po' perché vorrei continuare a vivere senza dover bussare alla porta dei sogni; poi, dopo questo strano e al quanto complicato periodo della mia vita, come se non bastasse, c'è l'altro, il suo contrario, ovvero il voler restare a dormire e non abbandonare mai il mio letto.
Oggi, infatti, è la mattina in cui non voglio alzarmi e lasciare da solo il mio letto, ma quando la sveglia comincia a suonare sempre più freneticamente capisco che non posso concedermi al mio desiderio più grande.
Mi lamento, scuotendo energicamente le gambe dal nervoso e faccio uscire una mano da sotto le coperte per avvicinarla al comodino dove rumoreggia felice la guasta sogni della mia sveglia. Tenendo ancora gli occhi chiusi, sbadiglio così forte che credo di aver svegliato anche Bethany, la cui camera è affiancata dalla mia. Qualcuno, con la voglia di farmi irritare già in prima mattina, comincia a bussare alla mia porta. Sbuffo stizzita e mi tolgo le coperte di dosso, sbadigliando di nuovo. Mi alzo dal materasso, infilo le ciabatte e rimango in quella posizione, chiudendo perfino gli occhi per quanto desideri tornare a dormire felice e spensierata.
«Adelaide!» Il grido di Percy - il mio fratellastro - mi fa saltare dallo spavento. È lui che sta bussando alla mia porta come se non ci fosse un domani. «Svegliati!»
Mi scuoto i capelli e mi alzo definitivamente dal letto, andando ad aprire le finestre della mia camera senza dare molta importanza a Percy che continua a chiamarmi. Tiro le tende di lato e cammino verso la porta.
«Adele!» Continua, con più insistenza.
Stavo per aprire la porta se quel nomignolo non mi avesse congelata sui miei stessi passi. Adele. Non è la prima volta che Percy lo usa contro di me. Gli ripeto ogni giorno che non deve chiamarmi così, che non voglio sentire quel nome, ma lui mi odia ed io lo odio e spiegargli il motivo per cui non deve assolutamente chiamarmi così è troppo. Trovare il punto debole di uno di noi due è un vantaggio per uno soltanto, ed ora è in vantaggio Percy. Lo è sempre.
Prendo un bel respiro e spalanco la porta, infuriata, e lo spingo verso la parete opposta alla mia porta. «Ti ho detto che non devi chiamarmi così!» Gli grido in faccia. 
Mia madre ci richiama dal piano terra, ma a nessuno dei due interessa. Lui abbozza un sorrisetto maligno.
«Però ti sei svegliata, eh?»
La sua faccia, il modo in cui si lascia tenere contro il muro, perfino i suoi capelli mi infastidiscono. Tutto di lui mi infastidisce.
«Ti odio.» Ringhio.
Percy alza le spalle, per poi capovolgere la situazione nel momento in cui meno me lo aspettavo. Fra qualche secondo mi tirerà i capelli, io lo pizzicherò sulle braccia, gli darò qualche calcio finché lui non urlerà dal dolore e mia madre verrà a dividerci. Dovrebbe andare così, solo che Percy non fa altro che continuare a guardarmi con aria divertita e di sfida.
Alzo un sopracciglio. Non sembra, però, che abbia in mente di farmi qualcosa. «Dovresti iniziare a tirarmi i capelli...» Lo incalzo, nel caso si sia dimenticato la routine mattutina.
Percy si stacca da me e si allontana. «Bei tempi, quelli.» Borbotta, mentre si dirige verso le scale. «La prossima volta svegliati senza che io debba chiamarti Adele. Siamo già in ritardo.»
Mi acciglio, ripensando a quello che mi ha appena detto Percy. Che vuol dire? Non ha mai sprecato un secondo della sua vita a darmi fastidio e a torturarmi.
Decido poi di scendere le scale, evitando di crucciarmi ancora di più, ed entro in cucina, dove trovo mia madre che sta preparando la colazione. Mi avvicino a lei, che mi lascia un bacio sulla guancia non appena si accorge di me. Logan (il suo compagno, nonché padre di Percy e Bethany), spunta in cucina e mi dà un bacio sui capelli, mentre Percy sta già mangiando.
Mi avvicino al tavolo e lo guardo, con le mani sui fianchi. «Non dovresti aspettare gli altri?» Gli faccio notare.
Percy, masticando un cornetto riempito di Nutella, mi guarda con noncuranza. «Per gli altri intendi te stessa?» Chiede a sua volta.
Vorrei dargli un bel pugno sul naso ma non posso farlo di fronte ai nostri genitori. «Idiota.» Sussurro mentre mi siedo dall'altro lato del tavolo, di fronte a Percy.
La mamma appare al mio lato con un vassoio sulle mani, sorridente come sempre. «Avanti, Adelaide. Prendi quello che vuoi.» Dice, mentre fa spazio a Logan per farlo sedere a capotavola.
Mi alzo per vedere cosa c'è sul vassoio, ma tra fette biscottate con la marmellata e spremuta di arancia, scelgo anch'io un cornetto ripieno di Nutella. Mia madre porta il vassoio sul bancone della cucina, prende qualcosa anche lei e si siede al fianco di Percy. Come ogni mattina, nessuno parla prima di mordere la propria colazione: è un'abitudine che avevamo anche a Londra.
A tavola ero sempre affiancata da mio padre, mentre ora c'è Bethany, la quale ha soli sette anni e non è mai presente alle colazioni della settimana, dato che va alle elementari e può anche evitare di svegliarsi così presto la mattina.
Logan si schiarisce la gola, una volta che ha mandato giù la spremuta d'arancia. «Adelaide, Percy...»
Entrambi corriamo a guardarlo e smetto di mangiare. Essere chiamata con quel tono serio mi mette ansia, forse così tanta ansia da farmi chiudere lo stomaco. «Io e Gwen - mia madre - siamo stati a discutere per quasi tutta la nottata su quella gita di cui avete parlato due giorni fa. Quella a Cambridge.»
I miei occhi si illuminano. Ho sempre sognato di visitare Cambridge.  È uno dei posti più belli d'Inghilterra ed io vorrei andarci, se non fosse per Logan e mia madre. L'ho pregati non appena ho portato a casa l'autorizzazione.
«E...?» Lo incalza Percy per fargli finire la frase.
La mamma prende una mano a Percy e, guardandolo come se fosse davvero figlio suo, gli sorride.
Lui si irrigidisce ogni volta che mia madre lo tocca, ma, come sta facendo ora, si rilassa quando gli sorride. «Ci tenete così tanto che abbiamo deciso di firmarle.»
Logan si alza e va a prendere qualcosa dal salotto. Rientra in cucina con le nostre autorizzazioni firmate e le porge ad entrambi. «Ma lo abbiamo fatto stando ai patti con la grande idea di Percy.» Aggiunge Logan, con un sorrisetto sul viso.
Faccio scorrere lo sguardo da Logan a Percy, fin quando quest'ultimo mi sorride a denti stretti. Mi sono persa qualcosa?
Torno a guardare Logan con un'espressione perplessa. «Quale idea?»
Logan sposta lo sguardo su suo figlio, sorridendogli come se abbia capito qualcosa che io ancora non capisco. «Percy mi ha detto che, se avremmo accettato di firmare le autorizzazioni, tu e lui vi sareste pagati il viaggio da soli. Ha detto che tu eri d'accordo.»
Avrei dovuto immaginarlo. Respiro profondamente solo per non perdere la calma davanti a tutti. Scocco un'occhiataccia di fuoco a Percy, che intanto ha abbassato la testa. «A me, questo idiota, non ha detto niente!» Esclamo.
«Adelaide!» Mi sgrida mia mamma.
Logan le fa segno di non parlare. In confronto a Percy, Logan non è affatto cattivo e prepotente, anzi: con me è sempre stato gentile e disponibile, prende sempre le mie parti è, dal sorriso che ha assunto, credo che stia per dire qualcosa che farà sprofondare Percy e che, invece, gioverà a me. «Ho immaginato che Percy stesse mentendo.» Logan si sposta per posizionarsi dietro le spalle di suo figlio e gli dà una pacca sulla spalla. «Per questo, solo lui pagherà il suo viaggio con i suoi soldi.»
Percy spalanca gli occhi, quasi si soffoca con la sua saliva e alza il viso su Logan, accigliato e imbestialito.
Io scoppio a ridere.
La sua espressione è così buffa che anche Logan deve soffocare una risata.
La mamma gli passa una mano sul braccio per dargli conforto e gli da un bacio sulla guancia.
Incrocio le braccia e mi sento meglio. «Te lo sei meritato.» Dico, rivolta a Percy.
Logan assume un sorriso compiaciuto e si alza. Ci bacia sulla testa, dà un'ennesima pacca sulla spalla a Percy. Per ultima bacia la mamma, sulle labbra, ed esce dalla cucina per andare in salotto, prendere la sua valigia, salutarci un'ultima volta e uscire di casa per andare a lavoro. Lui lavora in un'agenzia immobiliare e proprio stamattina deve arrivare prima per accogliere due nuovi clienti, ma, a quanto pare, non gli dispiace entrare in ufficio così presto.
Prima di lasciare casa, torna in cucina e guarda me e il mio fratellastro. «Noi ci vedremo oggi pomeriggio. Vi vengo a prendere io.»
Gli sorrido riconoscente, annuendo.
Percy non dice nulla, come sempre quando Logan parla.
«Ciao, Gwenny.» Fa l'occhiolino a mia madre e scompare dietro la parete.
Sento la porta chiudersi alle sue spalle. Se ne è andato.
«Non è giusto che io debba pagarmi la gita da solo!» Sbotta Percy. Si rivolge poi a me. «Perché non hai detto nulla?!»
«Avrei dovuto difenderti, forse? Da quando lo facciamo, eh? Tu non lo fai mai, Percy.» Sbotto davanti la sua infantilità. «Sei stato davvero uno sciocco soltanto a dirgli che io e te eravamo d'accordo.»
Continua a guardarmi come se fosse deluso. Mi sento già irritata dal suo comportamento.
Perciò sbuffo ed esco dalla cucina per tornare in camera mia per prendere lo zaino poggiato, come sempre, contro l'armadio bianco della mia camera.
«Ti odio.» La voce di Percy mi fa sobbalzare. È carica d'odio e di rabbia, più del solito. È sulla soglia della mia camera e in pochi secondi se ne va, entra nella sua e sbatte la porta alle spalle.
Evito di crucciarmi sulle sue parole ed esco dalla mia camera dopo aver messo sulle spalle lo zaino, chiudo la porta e mi scontro con Bethany che, a quanto pare, è già sveglia nonostante siano ancora le sette e mezza. 
«Buongiorno, Betty.» Le do un piccolo bacio sui capelli biondi e ricci.
La piccola alza quegli occhioni blu su di me e mi sorride, abbracciandomi. «Buongiorno, Adelaide.» Corre verso la sua camera e sbatte la porta.
Percy mi sorpassa dandomi una spallata e ancora una volta mi chiedo perché l'abbia presa così tanto sul personale.
Chi comprende i ragazzi merita una statua d'oro.
Corro verso le scale e le scendo velocemente.
Saluto mia madre, con la quale parlo per poi secondi.
Veniamo interrotti da Percy che la saluta con un banalissimo ciao prima di uscire senza aspettarmi.
Do un bacio a mia madre e gli corro dietro.

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