Chapter 48

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LEONARDO'S POINT OF VIEW

Chiudo la chiamata con Rebecca e lascio cadere la testa sulla scrivania. Sono lo sfigato dell'anno, se esistesse un premio sarei sicuramente il vincitore. Innamorato perso di una ragazza con qualche problema con l'amore, le chiedo di sposarmi senza che lei mi abbia mai detto di amarmi. In fondo, avrei dovuto aspettarmi che non avrebbe accettato immediatamente. Non avrei dovuto correre così tanto, ma avere più pazienza. Non mi allontanerò da Reb solo perché non ha pronunciato il clamoroso sí, io sono pronto ad aspettarla. Ma conoscendola, sarà sempre in soggezione con me. Perché saprà che i miei sentimenti sono più forti dei suoi, avrà paura di deludermi. É sempre così insicura e con poca autostima di se stessa. Quello che non sa, invece, é che non mi potrà mai deludere. Perché é una donna così forte e così coraggiosa.. Un carattere tosto come il suo non l'avevo mai incontrato. Rebecca è tutta un mistero, uno splendido enigma da risolvere per rendersi conto di quanto sia meravigliosa. Ed io l'ho risolto, perché penso che il termine 'meravigliosa' non rispetti le sue vere qualità.

Sto cercando di studiare qualche malattia dell'infanzia. Per sgomberare la mente, qualche volta é necessario concentrarsi su altro. Il lavoro mi ha sempre aiutato a distrarmi, ma non oggi. Oggi non funziona. La scatoletta di velluto con l'anello per Rebecca è nel primo cassetto della mia scrivania. Ogni tanto lo apro, lo osservo. É molto grazioso e sono certo che sarebbe perfetto per il suo dito.

Se mai dovesse dirmi di sí.

La conosco bene e so che non avrebbe apprezzato un grande diamante, o qualcosa di altrettanto appariscente. É semplice e giovane, raffinata quanto basta senza essere volgare. Per questo ho scelto questo tipo di anello. È in argento, sottile. Ha delle decorazioni molto dettagliate che formano un gioco di luci e di ombre. Lungo tutta la lunghezza vi sono posizionate tre piccole pietre dure. É giada che, con il suo indistinguibile colore verde, dà un tocco di originalità all'opera. All'interno, sul metallo liscio, vi ho fatto incidere una semplice frase.

A Rebecca, mio unico grande amore

La rileggo per la centesima volta e mi trovo con un sorriso sul viso. Sono distrutto, emotivamente. Eppure pensare a lei mi fa sempre trovare la felicità. La sua bellezza é come terapeutica, per me. Anche se, in realtà, il motivo della mia tristezza é il suo rifiuto.

Trascorro tutto il pomeriggio in ospedale. Vago tra il dottor Nobili ed il dottor Scott. Li assisto nel loro lavoro e vengo interpellato più volte perché, anche io, possa esprimere la mia opinione. Sono meno allegro del solito con i bambini. Non voglio che le mie faccende personali si intromettano nel mio lavoro, ma ciascuno di loro mi ricorda i gemelli. Matilde e Manuele sono diventati parte di me. Li adoro e so che anche loro stanno bene in mia compagnia. Quando ieri sono passato a prenderli a casa di Maria Luisa, lei mi ha detto che non fanno altro che tessere le mie lodi. Sono felice di questo, ma so che oltre a loro devo anche conquistare completamente la madre. E farla mia moglie.

Il dottor Scott é molto professionale. Lavoro bene al sul fianco, perché é davvero un pozzo senza fondo in quanto a cultura. Appena ho iniziato il tirocinio mi hanno affiancato a lui, prima che al dottor Nobili. Hanno pensato che avessi bisogno della guida di un dottore poco più vecchio di me, per ambientarmi. É di origini inglesi, suo padre veniva da Londra. Ha sempre vissuto là, ma dopo la laurea ha deciso di andare a cercare lavoro nella terra di sua madre, l'Italia. E così eccolo qui.

Finisco il turno verso le diciotto. Sono esausto, ma penso che si tratti più di una stanchezza emotiva e psicologica piuttosto che di una stanchezza fisica.

Appena metto piede in casa sento il bisogno di chiamare Reb. Mi aveva detto che ci saremmo potuti sentire questa sera, ma non so se intendesse dopo cena. In ogni modo, mi manca da morire.

Clicco sulla cornetta verde e sono felice di constatare che, uno squillo dopo, ha già risposto. Come se fosse già con il telefono in mano in attesa di una mia chiamata.

"Ciao, Leo. Ti stavo per chiamare io" ride. Oh, quanto amo la sua risata. Comunque, ecco spiegato il perché della sua risposta immediata.

"Sono appena tornato a casa. Come stai, tesoro?".

"Bene, tutto bene. Sono andata al bar questa mattina e pomeriggio al parco con i gemelli. Stanno imparando ad andare in bicicletta senza rotelle. Manu praticamente ci é già riuscito". Non posso non notare l'orgoglio nella sua voce quando descrive quanto siano fantastici i suoi figli. Li ha tirati su da sola, ma sono meglio di tanti altri bambini.

"É stupendo! Chissà che bravo Manu".

"Mi ha chiesto di te".

Mi si gela il sangue. La sua voce è più dura, quando pronuncia questa frase. Come se anche a lei faccia male rendersi conto che i suoi bimbi sono molto legati a me.

"Ah sì?" resto sul vago. In realtà, non so cosa dirle. Non credo che dire che mi fa piacere sia la scelta giusta, dopo il suo rifiuto.

"Sì. É bello che ti vogliano bene".

"Dici sul serio?".

"Mh-mh. Sei il primo adulto, oltre a me, ai nonni e alla maestra, a cui si siano legati. É bello".

"Cosa succederà tra noi, Reb?".

"Non voglio parlarne per telefono" sussurra, dopo un momento di silenzio.

"Sì, hai ragione. É solo che.. io non so più che cosa siamo l'uno per l'altra" confesso. Mi fa male ammetterlo, ma é così.

"Nemmeno io lo so. Senti, mi dispiace. Stamattina ero da mia mamma e non ho avuto modo di dirtelo sinceramente. Sono davvero dispiaciuta, perché so che ci sei rimasto male. E io non voglio che tu stia male".

A modo suo é una dimostrazione di affetto. É molto fredda, di solito. Non mi ha mai chiamato con nomignoli carini, non mi ha mai detto nemmeno che mi vuole bene. Anche se vorrei che mi dicesse che mi ama, sarebbe già qualcosa.

"Non ti preoccupare, amore. Io sono qua, quando vorrai, se lo vorrai, io ti sposerò. Altrimenti, pazienza. L'importante é sapere che non ti perderò".

"Non potrei mai permettere che accada, Leo. Non mi perderai. Te lo giuro".

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