Chapter 39

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REBECCA'S POINT OF VIEW

È quasi l'una di notte. Sono seduta su una poltroncina davanti al letto di Manuele. Dorme.

Hanno iniziato alcuni esami di controllo, ma poi lui era così stanco che hanno deciso di terminare domani mattina. Lo visiteranno e poi, se tutto procederà per il meglio, lo potranno dimettere.

Ancora non credo a quello che é successo. Non riesco a prendere sonno perché i pensieri che mi occupano la mente sono troppo ingombranti.

Leonardo é stato fenomenale.

Lo stato iniziale di shock mi é passato e mi sono resa conto delle stupidaggini che ho fatto ieri. Non sono neppure stata vicina a mio figlio mentre gli mettevano i punti. Ho abbracciato il ragazzo che tentavo a tutti i costi di respingere. Ho praticamente dimenticato l'altra figlia. E non ho chiamato i miei genitori.

Quando Manu si é addormentato ho tentato di rimediare. Erano quasi le undici, ma ho chiamato la mia vicina di casa. Non avevo chiuso a chiave, per cui ha riportato Matilde a casa e l'ha messa a letto. Mi ha detto che sarebbe rimasta per tutta la notte e che non dovevo preoccuparmi, ma, accidenti, come faccio a non essere in pensiero? La vita sola con due bambini non é semplice. Se almeno ci fossero stati i miei genitori le cose sarebbero state diverse. Loro li chiamerò domattina, perché non voglio che tornino a casa per colpa mia. Se domani gli esami di controllo andranno bene, Manu sarà come nuovo. Ad eccezione di un taglio in testa. Ma almeno potrò dire loro che va tutto bene.

La porta della stanza si apre, emettendo uno strano cigolio che che mi fa sussultare. Penso si tratti di un medico e, quando vedo chi mi trovo davanti, in un certo senso posso dire di non essermi sbagliata.

"Come stai?" si siede accanto a me, allungando una mano per afferrare la mia. Ma la ritraggo, sfuggendo il contatto.

"Bene".

"Non stai bene, Reb. È l'una, perché non dormi?".

"Senti, possiamo uscire? Non voglio svegliarlo" indico con il mento mio figlio che dorme, apparentemente sereno. Ogni tanto qualche infermiera passa a controllarlo.

Mi prende per mano e, questa volta, non mi scanso. Mi lascio condurre fuori e cado a peso morto su una sedia in plastica, lì nel corridoio. Si accomoda al mio fianco.

Regna il silenzio. So di dover dire qualcosa, almeno devo ringraziarlo. Ha seguito il dottor Nobili in tutti gli esami di Manuele. Quando, però, il capo reparto é tornato indietro a riferirmi gli esiti positivi, lui non c'era. Mi ha detto che era da un altro piccolo paziente. A quanto pare, si é appena liberato.

Faccio un respiro profondo e chiudo gli occhi.

"Grazie" sussurro, così piano che ho paura di non essere stata sentita.

"Smettila di ringraziarmi, tesoro. È tutto okay. Senti, dovresti riposarti. Sembri distrutta".

Sorrido. "Lo sono".

"Allora che aspetti? Dormi".

"Non ci riesco. Ma tu non dovresti lavorare?" gli domando.

"Ho finito, per oggi. Vedi, non ho il camice" mi fa notare. È vero. Indossa la stessa maglia con uno scollo a V che portava ieri, quando é venuto da me. Anche mentre ero nel panico, non ho potuto fare a meno di notare quanto fosse bello.

"Allora vai a casa".

"Ho finito come dottore, ma non me ne vado".

"Perché?".

"Ho detto ai miei colleghi, ieri, che ero il tuo compagno. Una bugia a fin di bene, altrimenti non so se mi avrebbero fatto salire in ambulanza. Adesso devo rispettarla" mi guarda come se fossi la cosa più bella sul pianeta. Devo riconoscerlo, ha uno sguardo che ipnotizza. Una luce gli brilla negli occhi.

"Quindi devi aspettare che Manuele si svegli per terminare la visita?".

"In un certo senso, sì. Domattina termineremo tutto. Stamattina, dato che é passata la mezzanotte" sorride "Senti, tuo figlio sta bene. Sono praticamente certo che verrà dimesso. Dormi".

"Ti ho detto che non ci riesco. Perché 'in un certo senso'?".

"Teoricamente sto aspettando di riprendere a lavorare. In pratica, voglio passare del tempo con te".

Mi si gela il sangue. Non può mettersi a flirtare approfittandosi della mia debolezza in questo momento. Sarebbe sleale.

"Sarà meglio che vada a dormire" mi alzo in piedi, ma vengo trattenuta dalle sue dita sul polso.

"Vengo con te".

Torniamo in camera di Manuele e mi accomodo sulla poltrona. Lo guardo, rendendomi conto che non ha altro posto in cui sedersi, se non una scomoda sedia in plastica.

"Te ne stai lì tutta la notte?".

"Veramente avrei un'idea" sorride malizioso, e mi preparo al peggio. "Dato che non riesci a dormire, sono certo di poterti aiutare. Alzati".

Obbedisco, guardandolo di sbieco. Tento di indovinare la sua idea, ma quando si siede al mio posto e mi tira, fino a farmi cadere sulle sue ginocchia, capisco che ero totalmente fuori strada.

"Ma sei pazzo?" mi giro. I nostri visi sono così vicini che riesco a sentire il calore del suo fiato. Volto la testa di scatto, prima di fare qualcosa di cui potrei pentirmi.

"Rilassati, Reb. Fidati di me, per una volta".

"L'avevo già fatto e mi hai fregato, idiota".

"Fidati di me" scandisce le parole, come se stesse parlando con un neonato.

Mi lascio andare. Abbandono la testa all'indietro, sulla sua spalla. Mi accoccolo contro il suo petto e mi sento immediatamente meglio. È una sensazione strana. Mi sento protetta. Chiudo gli occhi. E in pochi minuti, dormo beatamente.

Mi sento scuotere leggermente per le braccia. Sollevo le palpebre che si sono fatte molto pesanti.

Sussulto quando mi rendo conto di dove sono. Stretta in un abbraccio con il fratello di colui che mi ha rovinato la vita.

Mi alzo in piedi, di scatto.

"Ti volevo solo dire che Manu si é svegliato. Tra poco riprendiamo le visite".

Non posso fare a meno di notare il rigonfiamento sotto i suoi pantaloni. Cazzo, è mattina. É normale, no? Poi una donna, la donna di cui dice di essere innamorato, ha appena dormito sopra di lui. É ancora più normale, no?

"Oh, okay".

"C'è fuori tua figlia con la vicina".

È vero che le avevo detto di passare questa mattina presto. Esco dalla stanza e Matilde mi avvolge in un abbraccio.

"Mammina".

"Grazie, signora. Davvero" stringo la mano a quella simpatica donna.

"Tranquilla, come sta Manuele?".

"Meglio. Ora riprendono i controlli, se tutto va bene lo dimettono".

"Sono felice. Beh, ci vediamo".

Torno nella stanza, tenendo la mia bambina per mano.

Leonardo si è messo il camice e, assieme al suo superiore, sta preparando Manu per le visite. Mi scappa un sorriso. É adorabile con i bambini. É adorabile con suo nipote.

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