Chapter 36

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LEONARDO'S POINT OF VIEW

"Come stai?" mi domanda Stefano, sorseggiando la sua lattina di coca cola. Siamo in un bar, per un pranzo tra amici.

"Bene" risposta automatica. Anche se, in realtà, non sto affatto bene. I ragazzi non sanno cosa ha determinato la fine della mia storia, qualunque cosa fosse, con Rebecca. Non potrei parlarne, perché significherebbe raccontare i suoi segreti. E anche i miei. E non posso farlo. Ho detto loro che abbiamo litigato, cosa plausibile. Ai maschi, in fondo, non interessano gli aspetti sentimentali delle relazioni, bensì solo i dettagli piccanti. Quante volte mi hanno chiesto come fosse Reb a letto!

"Cosa prendete?" ci chiede Mattia, facendo scorrere gli occhi sulle righe del menu.

Ci mettiamo d'accordo per ordinare tutti degli hamburger, la specialità di questo piccolo locale. Ogni tanto ci venivamo, dopo le lezioni all'università. E ora che sono terminate, ci mancava la buona cucina.

Giorgio partirà a giorni per una vacanza con Elisa. Gliene ha promessa una vera, dopo i due giorni al mare che hanno vissuto un paio di settimane fa. Li invidio, perché vorrei portare Rebecca in vacanza. Con i bambini. Con i miei nipoti.

Terminato il pranzo ci salutiamo. Ho chiamato mia mamma, ieri sera, dicendole che oggi sarei passato. Probabilmente mi fermerò a dormire, perché non ho voglia di guidare. Già due ore sono uno sforzo enorme. Sono stanco, voglio solo sdraiarmi in un letto e sognare la mia donna. La possibilità di sognarla é tutto ciò che mi rimane di lei.

L'autostrada é piena di gente, per cui esco e percorro le strade dei paesi fino alla mia città natale. In un certo senso mi é sempre dispiaciuto andarmene, avevo amici e frequentavo l'università qui, anche se avevo appena iniziato. Però non ho mai voluto saperne delle indagini e dei processi su mio fratello, sono semplicemente fuggito. È per questo motivo che non ricordavo Rebecca quando l'ho vista la prima volta un mese fa.

Casa mia compare in fondo alla strada. Mia madre é in giardino e mi vede arrivare, mi apre il cancello per permettermi di parcheggiare all'interno del cortile.

"Mamma, ciao" le bacio la guancia. È una donna minuta, almeno quindici centimetri più bassa di me. Io ho preso da mio padre, che mi somiglia molto. Anche lei, però, ha gli occhi azzurri ed i capelli di un biondo scuro sono attraversati da qualche filo grigiastro.

"Ciao tesoro" mi risponde "come mai sei voluto venire oggi? Sei venuto a trovarci anche una settimana fa".

In effetti, ha pienamente ragione. Non ho mai voluto tornare qui, a casa, perché la paura di incontrare qualcuno che conosco é sempre stata alta. Ma non ho mai perso i rapporti con i miei genitori, a cui voglio molto bene. Apprezzo il fatto che, pur non avendo mai smesso di amare il loro figlio Luca, non l'hanno mai difeso. Hanno sempre riconosciuto la sua colpevolezza e, anche se non lo davano a vedere, se ne vergognavano incredibilmente. Sono gli unici con cui posso parlare di quanto accaduto quella notte e di come quegli eventi stiano distruggendo la mia vita attuale, anche a due ore di distanza. Fuggire, alla fin fine, non mi é servito molto. Perché ho trovato Reb. O forse, lei ha trovato me.

"Vi devo parlare, mamma".

"È successo qualcosa?" domanda preoccupata, guardandomi attentamente. Non devo avere una bella cera, perché in questi giorni non riesco a riposare molto.

"Preferisco sedermi a raccontare. Anche tu é meglio che ti sieda".

"Leonardo, vuoi dirmi cosa succede?" prende posto sulla sedia di vimini sul portico.

"Vorrei parlarne anche con papà".

"É al lavoro, oggi. Tornerà tardi, perché al ristorante c'è una serata importante".

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