Capitolo 22

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Era passato un mese dal litigio con mio padre, era passato un mese dall'ultima volta che avevo parlato con lui e mia madre. Parlavamo solo delle visite che dovevo fare ma non di altro, non di come stessi io, della scuola, dei miei fratelli, nemmeno del freddo che faceva, e i miei adoravano lamentarsi del freddo. Io cercavo di dire il meno possibile, sia a loro, sia ad Alex e ai miei amici. Qualche settimana prima, infatti, Sarah mi aveva fermata prima di entrare in classe e mi aveva detto di unirmi a loro per il pranzo in mensa. Nessuno di loro mi chiese scusa per tutto quello che mi aveva detto, ma mi avevano ripreso con loro ed era molto meglio di qualche 'mi dispiace' forse neanche sincero.
Io e Sam ci evitavamo. Lo vedevo nei corridoi ogni giorno, e non avevo mai il coraggio di parlargli o anche solo di guardarlo negli occhi, perché non sapevo se era quello che voleva lui. Ogni tanto speravo che mio padre mi mandasse dalla nonna, perché così almeno avrei sofferto un po' meno, ma lui mi aveva detto che lei non poteva occuparsi di me e il bimbo quindi era meglio restare a casa mia. Il tutto con tono freddo e distaccato, ovviamente.
Quel giorno era un giorno piuttosto importante per me, alle quindici e dieci avevo appuntamento dalla dottoressa per fare l'ecografia che avrebbe stabilito finalmente il sesso del bambino.
Mi alzai come sempre molto presto e frugai nell'armadio alla ricerca di qualcosa di abbastanza largo per la mia pancia di ventidue settimane, poi scesi e feci colazione con latte e biscotti al cioccolato, quella settimana avevo ingoiato almeno cinquanta biscotti, ma rispetto alla settimana prima, nella quale avevo costantemente voglia di gelato alla panna con sopra tanto miele, era un passo avanti. Soprattutto perché andare al supermercato a comprare il gelato a fine novembre, fa ricevere occhiatacce da ogni commessa. Mio padre mi portò con l'auto davanti alla scuola e io raggiunsi i miei amici. Sarah e Abby mi abbracciarono e gli altri mi posarono un bacio sulla guancia come ogni giorno, era il nostro piccolo rituale.
"Allora, piccola mamma, come stai oggi?" Chiese Logan, con un braccio attorno alla vita di Sarah. "Tutto bene, oggi è il grande giorno. E in questa settimane gli cresceranno le sopracciglia." "Beh, Alex ha delle belle sopracciglia, e anche tu, saranno belle, immagino."
Cosa?
"Alex?" Chiesi, e Daniel aggrottò le sopracciglia. "Si, il padre, ha delle belle sopracciglia."
Per poco non scoppiai a ridere. "Non è Alex. Il padre non è Alex." Mi guardarono confusi. "Ma ti abbraccia tutti i giorni da quando.. beh, lo sai, ed era al campeggio con la squadra, pensavamo fosse lui. Lo avevamo dato per scontato." " Mi spiace deludervi ma non è lui. Siamo solo amici, mi abbraccia per questo." Mi fissarono per un po' poi cambiarono tutti argomento e iniziammo a parlare del freddo che stava arrivando e della verifica di inglese del giorno dopo.
Erano le quattordici e trenta quando mia madre venne a prendermi dalla classe di latino per l'ecografia, mi portò a casa per prepararmi velocemente e poi andammo nello studio della dottoressa Duncan. Josephine, come mi aveva detto di chiamarla durante la prima visita, era una donna di colore sulla cinquantina, bassa e piuttosto tarchiata con un sorriso smagliante e un carattere solare e allegro, e anche quel giorno mi accolse con gli occhi scuri che brillavano, mentre mia madre aspettava fuori dalla stanza nella sala d'attesa.
"Allora Brittany, la mia mamma preferita, come ti senti oggi?" Domandò. "Tutto bene, credo." "Okay, facciamo così, io dico una cosa e tu mi dici se te la senti,va bene?" "Si." Replicai. "Dolori alla pancia?" "Si, soprattutto al mattino." Annotò qualcosa sul taccuino che teneva tra le mani. "Mal di testa?" "Solo di sera." Un altro appunto sul block notes. "Sei a completo riposo, vero?" Annuii. "Anche dalle attività sessuali?" Sobbalzai, poi annuii di nuovo, e lei mi studiò per capire se stessi dicendo la verità, alla fine sembrò credermi perché si abbassò per scrivere qualcos'altro. "Ultima domanda, scalcia?" Scossi la testa. "Succederà, Britt. Procediamo con l'ecografia? Vuoi fare entrare tua madre?" No, non lo volevo proprio. "Posso scegliere?" domandai. "Si." "Allora preferirei di no, lei non.." Iniziai, ma Josephine mi interrupe di colpo. "Non importa, non devi giustificarti, se non la vuoi qui, può vedere le foto dopo, non fa niente, mammina. Cominciamo?" "Certo."
Per iniziare mi tirò su la felpa e poi cosparse tutta la pancia con un gel appiccicoso che collegò infine a un monitor attraverso uno strumento bianco e freddo come il gelato di cui avevo decisamente bisogno. Lo schermo al mio fianco si accese e un'immagine di quello che doveva essere il mio utero apparve sfocata. La dottoressa indicò una macchiolina più scura e immaginai fosse il piccolo, poi fece un passo indietro e si diresse verso la porta.
Ma cosa..?
"Dove va, Josephine?" Chiesi ansiosa. Magari il feto non aveva il cuore, o il cervello, o un braccio. Dio, poverino.
"Vado a dire a tua mamma che tu e la bimba state bene."
Tirai un sospiro di sollievo.
Io e la..
E tra le lacrime che mi scorrevano sul viso realizzai, e sorrisi.
La bimba. Era una piccolina.
La mia piccolina.

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Spazio autrice:
Avevo scritto che avrei ricominciato ad aggiornare lunedì prossimo ma ho deciso di pubblicare da oggi (vogliatemi bene) perchè ero mooolto ispirata e ho alcuni capitoli pronti.
Spero il capitolo vi piaccia.
Lasciate un commento qui sotto o una stellina, che è sempre ben accetto e niente, un bacione a tutti.
-G

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