1. Sof: le Basi

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Era da tre settimane che mi allenavo interrottamente. Fu una piacevle scoperta scoprire che il mio corpo era capace di essere tanto agile, forte e veloce. Anche se la memoria mi diceva che non ero capace di ciò, il mio corpo ricordava tutti gli allenamenti che avevo fatto un tempo. Acquistai una sicurezza in me stessa che prima non possedevo. Potevo farcela. Potevo sconfiggere mia nonna, Susan Blackwood, e vendicare mia madre e... James. Scossi la testa per cacciare via i loro volti dalla mente, distrendomi, permettendo alla donna di colpirmi in pieno volto con un calcio. Volai a terra con la guancia dolorante. Alzai lo sguardo e guardai truce la donna dai ricci neri. Era il membro più forte della Base 8, e io ero determinata a mostrare di essere più in gamba di lei. Sfruttava l'elemento della terra a suo favore mentre io non ero ancora capace di controllare bene l'aria, figuriamoci gli altri elementi. Mi alzai con una capriola e partii all'attacco senza esitare. Spiccai un salto e le diedi un calcio sul mento, barcollò all'idietro ma prima che recuperasse l'equilibrio le diedi due pugni rapidi allo stomaco. A quel punto crollò a terra e chiese la resa. Soffriva. E il suo dolore gliel'avevo causato io. Ma non mi importava. Mi allontanai dall'arena e raggiunsi mio nonno che mi porgeva un'asciugamano «Brava. Stai recuperando in fretta il tempo perduto. Ti manca da sfidare solamente i migliori alla Base 3, 7 e 5. Poi potrai sfidare me. Presto passeremo allo studio degli elementi. Ti procurerò gli insegnanti migliori e sarà tutto come abbiamo sempre programmato» ignorai le sue parole e lasciai la palestra sotto gli occhi degli abitanti della Base8. Nonno non sembrava turbato dal poco rispetto che nutrivo per lui, si limitava ad assecondare il mio silenzio purché io facessi tutto quello che desidera, ovvero diventare la migliore. Avevo sfidato tutti i migliori delle altre cinque Basi. Una sfida che mi avrebbe resa migliore sia fisicamente che psicologicamente, permettendomi di essere pronta a sopportare tutto il mio enorme potere.
L'indomani sarei partita per Kansas City e ciò mi portava a pensare alla dolce Ary. Non la vedevo da molto e mi mancava. Ma non potevo permettermi di provare affetto per qualcuno.

Mi buttai sul letto della camera che mi era stata assegnata e fissai il soffitto bianco senza vederlo veramente. I sentimenti erano una cosa distruttiva, sentivo che dentro di me si stava crepando tutto e non sarei riuscita a tenere tutto insieme ancora per molto. Evitavo di pensare a loro quando ero sveglia, distraendomi con l'allenamento e con la mia promessa di vendetta. Lasciavo che l'odio e il rancora mi mandasse avanti, ma di notte niente riusciva e tenerli lontani dai miei sogni tormentati.

«Sono tornata!» gridai mentre varcavo la soglia di casa mia. Nessuna risposta. Mi accigliai. Del trambusto veniva dal piano di sopra che mi fece precipitare verso le scale. La paura si insinuò velocemente nel mio cuore che batteva ad una velocità eccessiva, ma venne fermato di colpo quando i miei occhi videro la porta della camera dei miei genitori aperta. Mi avvicinai cauta e con il passo stranamente felpato. Sbirciai all'interno e trovai tutto al proprio posto. Tranne un asse di legno sollevato ai piedi del letto. Mi avvicinai e quando cercai di guardare cosa ci fosse all'interno dell'asse sentii qualcuno chiamarmi. Mi voltai di scatto «Fi?» «Jay» mormorai con un sorriso sul volto. Corsi ad abbracciarlo ma lui si piegó in due dal dolore. «Jay, cosa ti succede?!» chiesi nel panico. Poi la notai. La lunga lama di ghiaccio che gli spuntava dalla schiena e le mie mani che la stringevano. La mollai all'istante mentre il ragazzo mormorava il mio nome.

«Signorina Hunter?! È tutto a posto? Signorina Hunter!» sentii qualcuno bussare violentemente la porta. «È tutto okay.» risposi con voce roca e il cuore che mi batteva a mille. «Ne è sicura?» «Sì» risposi con tono più fermo e autoritario «Se ha bisogno...» «Se ne vada» chiunque voi siate. Ve ne dovete andare tutti.

Eravamo sul nostro jet privato e tenevo gli occhi chiusi per poter riposare ancora un po', siccome la notte prima non avevo più chiuso occhio. «Mi hanno detto che hai avuto di nuovo gli incubi» disse mio nonno. Non gli risposi. Non parlavo con lui a meno che non fosse strettamente neccessario. Lui sospirò, forse un po'gli pesava il mio disinteresse «Allora? Hai notato qualcuno di particolare?» chiese. Sapevo perfettamente di cosa parlava. Sapevamo che c'erano Ribelli infiltrati in tutta la sociazione e un altro scopo, oltre al mio addrestramento, era di scovare queste persone anche nelle altre Basi. Perché i sospettati del Centro erano stati tutti eliminati.
«C'era una ragazza che mi inseguiva ovunque, senza mai venirmi a parlare. Forse era solo timida o forse mi pedinava» risposi con voce atona «Sì, l'ho notata anche io» replicó impassibile. «Manderemo qualcuno a controllarla» disse afferrando il suo telefono. Guardai fuori dal finestrino e vidi tante nuvole bianche e vaporose come panna montata, illuminate dal sole cadente creando immagini meravigliose. Se avessi voluto avrei potuto plasmarle a mia immagine, riempirle di pioggia e provocare fulmini distruttivi. Ma non volevo. Almeno finché non mi fossi trovata faccia a faccia con quella donna. Fortunatamente quell'immagine rilassante mi fece cadere in un sonno senza sogni, riuscendo a riposare almeno un pochino.

Elements: Perdita (in revisione) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora