Capitolo 17 - Fine

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Mi sveglio perchè qualcuno mi sta afferrando il viso, scavandomi dolorosamente le guance con le dita. Apro gli occhi.

Damon.

"Ehi, ehi! Finalmente sveglia." Mi lascia e io giro il viso dall'altra parte, guardando il muro di cemento. Siamo di nuovo in quella cella, e lui è tornato ad essere com'era quando mi ha rapita. Maledizione.
"Mi hai chiesto così tante volte chi sono, Eveline....e io ti ho risposto semplicemente Damon. Ma adesso posso dirtelo. Saluta il figlio bastardo della famiglia Ashton, puttana."
Le sue parole tornano prepotentemente a tartassare la mia mente. Oh, dio, sono la sua....sorellastra? No, non ci posso credere che mia madre abbia fatto una cosa del genere, nè che io possa essere dello stesso sangue di questo mostro che gioca con un affilato coltello in mano, come se fosse un semplice antistress.

Parlare di come gli ho "rovinato" l'infanzia, non ha fatto altro che risvegliare la parte di lui che i farmaci che ho trovato in bagno quella mattina potrebbero fermare.
"Damon, non devi fare tutto questo..." La mia voce è tremante. Lui mi ignora e continua a rigirarsi la lunga lama tra le mani.

Cerco di muovermi, ma sono seduta ad una sedia di ferro e lui mi ha legato i polsi ai lati, evidentemente con forza. Niente, non ho scampo.

Damon inizia a canticchiare una melodia familiare, guardandomi da sotto le folte ciglia nere. Era la ninnananna che mi cantava sempre mia madre, da piccola, come poterla scordare? È uno di quei ritornelli che ti entrano in testa e non vanno più via. Lui smette all'improvviso, avvicinandosi. Tremo. "Te la ricordi? La cantava anche a te, vero? Non è vero?" Sibila, la voce cupa e bassa.

Deglutisco e inspiro, guardando dietro di lui. Se lo ignoro mi lascerà stare? In fondo è un pazzo, no?
Dio, a pensare a queste parole mi viene da strillare e piangere disperata, perchè fino alla sera prima era una bellissima persona, un uomo fragile di cui mi sono presa cura, e viceversa.

Ma evidentemente non sono riuscita a scacciare tutti i demoni che lo avvelenavano dall'interno. Loro hanno preso il sopravvento sul suo cuore. Ed io non credo di poter fare qualcosa, ormai.

"Rispondi!" Urla, tirandomi uno schiaffo.
Non è troppo forte, ma per via del pugno che mi ha dato prima lo sento come se me ne avesse dati dieci. Una lacrima scende lungo la mia guancia, ma nonostante ciò cercò di non crollare e di essere forte, perchè non voglio fargli vedere che mi può sottomettere. Sputo un fiotto di sangue a terra, cercando di prendere po' di coraggio.
"Sì." Lo fulmino con lo sguardo, fissando i suoi occhi vuoti e spenti. Oscuri. "Mia madre la cantava anche a me, tutte le sere, quando ero piccola. È una bellissima canzoncina, non trovi?"

Lui è come sorpreso da tanto coraggio, mentre contrae la mascella e viene verso di me. "Non meritavi di ascoltarla. Lei l'ha cantata la prima volta per me. Solo per me. Per suo figlio, il suo primo figlio, Damon Ashton." Mi fa scorrere il coltello lungo un braccio, facendomi sentire quanto è affilata quella maledetta lama gelata.
Rabbrividisco e cambio tattica.
"Okay, hai ragione, hai ragione. Non è giusto. Ma io non ho fatto niente, Damon...io...neanche ti conoscevo! Non sono stata io a rovinarti l'infanzia, maledizione!"

Lui sbatte la bocca e scuote la testa convulsamente.
"Ah, no, no, no. Proprio perchè non mi conoscevi è stata colpa tua, puttanella." Mi passa la lama del coltello lungo la guancia, guardandomi negli occhi.
"No, Damon. Non so esattamente cosa tu abbia passato, ma sai cos'è? Tu hai bisogno di dare la colpa a qualcuno per ciò che ti è successo. Perchè? Cosa pensi che succederà quando....mi ucciderai?" Dico in un filo di voce.

"Pensi che potrai tornare indietro nel tempo e cambiare la cose? Tutto questo, Damon, non serve a niente. Nè a me, nè a te stesso."
Lui ride freddamente, nonostante vedo che è rimasto turbato dalle mie parole. "Oh, ma io non ti ucciderò, Eveline. Altrimenti il divertimento dove starebbe?" Mi afferra il viso, mettendomi la lama del coltello sotto la gola. Sussulto.
"Io..." La sua espressione è la maschera della follia, il viso contratto e gli occhi sgranati. Quando parla apre la bocca più del normale, anche se non serve. "Ho bisogno di averti tra le mie mani. Di avere il controllo...su di te. Perchè tu....tu mi hai rovinato la vita lentamente. Ed io, farò lo stesso con la tua."

Senza Cuore - L'inganno -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora