Detroit Downtown Love

IV. Ricordi che era meglio riuscire ad aver scordato

Sbatto un piede per terra mentre svincolo da quell'uscita che per un momento mi sembrava non avesse via di fuga. Che mal di testa.. e Dollar si è pure scordato di dare un'occhiata alla schiena prima di andarsene. So solo che tanti piccoli dolori iniziano a farsi sentire per tutto il corpo, ma non ho intenzione di chiedere aiuto ad uno sconosciuto. Vado in cucina e bevo un sorso d'acqua dal rubinetto come fai alle fontanelle, i bicchieri sono in alto e le braccia mi fanno male. Sono quasi le otto e mezza e dopo aver bevuto il dolore alla schiena si è fatto molto più intenso; sono molto stanca e al contempo ho voglia di fare milioni di cose e di sbrigare i compiti che mi ha dato papà, potrei almeno fare le revisioni dei conti di fine mese dato che non è fisicamente impegnativa come attività, quindi vada per i calcoli (renali che ho al cervello ogni qualvolta penso alla matematica)!

Prendo alcuni fogli e un quaderno, qualche penna e altri fogliacci tutti scritti; un quarto d'ora dopo ho iniziato a scrivere qualcosina, ma la calligrafia di papà a volte è illeggibile talmente piccolo scrive. Ostinata e decisa, continuo ma dopo una mezz'ora così la testa mi fa così male che non vedo molto bene e i numeri e le lettere si miscelano tra di loro, confondendo la mia mente stanca. Forse è meglio andare a dormire, oggi non è stata una giornata semplice o piacevole anzi, è stata tutto il contrario di ciò che avrei desiderato.

Ho un capogiro appena mi alzo, ma non gli do peso, forse perché sono troppo consapevole del motivo per cui laia testa vortica. Quando mi aspetto di cadere due mani mi afferrano saldamente per i fianchi che non vorrei avere.

«In questa casa non si mangia mai?» riconosco la voce e mi rendo conto che forse non sono l'unica consapevole di ciò a cui ho accennato poco fa.

«Di solito mangiamo tardi, quando tutti tornano dal lavoro e così ci si riposa insieme.» lui alza un sopracciglio:«È un'usanza di voi italiani?» mi.chiede scettico e quasi disgustato.

«Noi italiani del meridione, per essere precisi. E levati quella faccia disgustata dal viso che se no te la levo io.» ringhio esausta, scansandomi da quel contatto non voluto.

«Con questo bel viso credo proprio di aver voglia di scoprire cosa potresti fare.» sorride spostandosi, mettendosi di fronte a me. Abbasso la testa e i capelli ricoprono il mio viso segnato da qualche livido; ringhio di rabbia, la mia mano si racchiude nel pugno che nell'arco di pochi secondi si scaraventa sul suo viso spigoloso e ossuto. Il suo braccio steso a mezz'aria come se in qualche modo avesse cercato di parare il colpo, senza palesemente riuscirci.

«Se continuiamo così non so se uscirai vivo da questa casa.» rialzo lo sguardo, che deve essere duro e distaccato dal resto del mondo. Alzo un sopracciglio:«Ah, dimenticavo! Questa non è una minaccia, è solo un avviso.»

«Senti ma chi cazzo ti credi di essere per aggredirmi così?» ribatte sporgendosi in avanti, protendendo verso di me con l'aria di chi ha un orgoglio fiero e solido.

«E tu chi cazzo ti credi di essere per venire a regnare in casa mia? E la cosa peggiore è che ti permetti pure di criticare!» la mia espressione truce non sembra intimorirlo e nonostante un leggero rivolo di sangue percorra la sua guancia non mi stacca mai gli occhi di dosso; un piccolo taglio si è aperto sul suo zigomo ben definito che vorrei frantumare insieme ad ogni pezzo di lui.

«Quindi è perché ho criticato le tue abitudini che mi hai tirato un pugno?!» chiede, ma fuggo in salotto a cercare un elenco telefonico. Come da mia aspettativa, mi segue come un cagnolino docile ma poco addomesticato.

«Oh, sarà sicuramente per quello!» ghigna al sentire la punta affilata del mio sarcasmo:«Sappi solo che dagli stronzetti inutili mondo come te l'unica cosa che ne ricavo sono soldi.» gli lancio l'elenco telefonico e lui lo prende al volo:«Usa questo se hai fame, io di certo non cucino per te.»