Capitolo 40

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Dopo le varie dimostrazioni dell'uscita di sicurezza e dopo averci avvertito di allacciare le cinture finalmente partimmo. L'aereo aumentò sempre di più la velocità ed il mio corpo spingeva verso il sedile, era sempre più veloce fino a quando non si staccò da terra. Mi affacciai al finestrino e vedevo tutta la mia città scomparire mano a mano diventando sempre più piccola. Quei palazzi che sovrastavano i nostri sguardi ora erano solamente dei piccoli puntini in mezzo ad un grande grigiore. Si estendevano grandi distese di prato di diversa colorazione, dal giallo, al verde, fino al marrone e ad un verde molto scuro quasi tendente al nero, ma se non guardavi in basso bensì dritto davanti a te c'era il cielo, le nuvole e tu volavi lì in mezzo, in una specie di mondo alternativo, in una specie di isolamento dal resto. Guardavo fuori dal finestrino immaginando quello che sarebbe accaduto a Parigi: era come un volo ad alta quota, in fondo, era come partire per un nuovo viaggio, per una nuova vita e questa volta sarebbe stato con Davis.

La sua mano strinse la mia, mi teneva forte, ed io girai lo sguardo verso il suo dolce viso, lui mi sorrise e mi accarezzò una guancia delicatamente, ed io chiusi gli occhi appoggiandomi alla sua mano.

Mi stavo iniziando ad innamorare di lui, dei suoi occhi chiari e agghiaccianti, della sua dolcezza e al tempo stesso del suo modo duro di fare a volte, ma quel che contava era che mi stavo innamorando di lui e me insieme, in questo momento, perché eravamo perfetti, eravamo un insieme di corpi che si mescolano, una perfetta armonia. Succede di colpo a volte, è come un battito di ciglia, passi una vita a cercare l'amore e poi lo trovi nel cuore di chi ti è sempre stato accanto, a volte anche di chi ti ha fatto del male, ma è lì.
L'amore non si estingue, l'amore rimane, l'amore ti cerca.

Perché ci sono sguardi ed occhi che ti rimangono dentro, li cerchi in mezzo alla folla, ma non li trovi, non li scorgi, sono distanti..

''Avvisiamo di allacciare le cinture. Stiamo per atterrare.'' disse una voce dall'altoparlante, così sia io che Davis allacciammo le cinture e ci preparammo per l'atterraggio. Mano a mano l'aereo scendeva sempre di più verso terra fino a quando si attaccò al terreno e continuò a tutta velocità fermandosi sempre più lentamente.

Scendemmo dall'aereo e andammo a prendere i nostri bagagli, fortunatamente uscirono presto i nostri, così potemmo subito andare a chiamare un taxi.

Una volta trovato il taxi ci facemmo accompagnare direttamente al nostro albergo.

Ad accoglierci ci fu un alto signore sulla quarantina circa che ordinò ad un ragazzo giovanissimo di prendere i nostri bagagli e di portarli subito in camera.

''Bentornato Davis'' disse il signore.

''Mi mancava l'aria di Parigi'' gli rispose Davis sorridendo.

''La camera è sempre la solita.'' continuò lui.

''Grazie mille'' e con un sorriso lo congedò e mi diede la mano.

''Eri già stato qui?'' gli domandai.

''Si, venivo spesso a Parigi e venivo sempre in questo hotel.'' mi sorrise.

''E immagino sempre stessa camera'' dissi ironica.

''Si sempre la stessa, è la più bella di tutte in questo albergo.'' mi guardò e mi sorrise con in suoi occhi azzurri ed io rimasi a fissarlo stampando sul mio volto un sorriso di compiacimento, un sorriso di felicità.

Arrivammo davanti la nostra camera ed i bagagli erano fuori la nostra porta. Davis inserì la scheda e la porta si aprì automaticamente. Spalancai occhi e bocca appena vidi gli interni.

''Respira Bea, e chiudi la bocca'' ironizzò Davis dandomi un leggero colpettino sotto il mento.

''Ma è enorme'' lo guardai esterrefatta mentre mi facevo spazio per entrare.

LuxuryWhere stories live. Discover now