Con la testa piena di questi pensieri osservo il suo profilo. Mi duole ammetterlo, il mio lato orgoglioso ad alta voce non lo direbbe mai, ma cazzo se è bello.
Le sopracciglia folte ma curate, il naso dritto e le labbra carnose mi fanno subito partire un formicolio alla mano per la voglia di tracciare con i polpastrelli i suoi connotati.
La sua cicatrice sulla mascella gli rende l'aria da duro, mentre i suoi capelli vengono svolazzati dal vento, siccome viaggiamo con entrambi i vetri aperti.
Decido di spezzare il silenzio. «Stai bene?»
Lui corruga le sue sopracciglia, prima di guardarmi con la coda dell'occhio e scalare di marcia.
«Che razza di domanda è? Sì, sto bene», sbotta mentre ci fermiamo ad un semaforo.
Roteo gli occhi al cielo. Fare una conversazione civile con lui risulta davvero impossibile.
«Intendo dopo la gara che abbiamo fatto al centro commerciale abbandonato. Ho visto che... Che stavi quasi...» Inizio ma le parole mi si bloccano sulla punta della lingua.
Non voglio fargli capire che sono preoccupata per lui, ma non nego di essermi spaventata a morte quando ho visto il suo respiro affannoso e l'espressione spaventata mentre Chloe ha parcheggiato.
«Che stavi quasi?» Ripete la mia domanda cercando una mia risposta che non arriva subito.
Scuoto la testa come per dirgli di lasciar perdere. Risulterò solo patetica e lui sicuramente si prenderà gioco di me.
«Niente», sussurro appoggiando la testa sul sedile e inizio a guardare la gente che passa sui marciapiedi affollati.
La sua mano afferra saldamente la mia mascella e mi obbliga a girarmi nella sua direzione. La sua presa è forte, ma non da farmi male e ciò mi fa venire le farfalle nello stomaco.
«Innanzitutto devi guardarmi quando ti parlo. Seconda cosa, continua la frase Iris. Odio le cose lasciate in sospeso», ringhia a pochi centimetri dal mio volto.
Rilascio un sospiro e lui lascia la mia mascella, per riportare la mano sul cambio e ripartire siccome il
verde è scattato. Quando mi tocca mi sento strana, ma quando non mi tocca invece mi sento vuota, come se in me mancasse qualcosa.
«Stavi quasi per avere un attacco di panico», sussurro per non farmi sentire molto.
Il suo sguardo vacilla e lo vedo che stringe forte la presa sul volante, tanto da far diventare le sue nocche leggermente bianche.
«Non era niente di che», si giustifica con una voce rauca e graffiata.
So che non è vero.
Lo so che mi sta mentendo, ma non insisto.
Se vorrà raccontarmelo, lo ascolterò senza problemi.
Ad un certo punto si schiarisce la gola e passa lo sguardo da me alla strada. «Allora, perché i tuoi genitori devono rimanere fino ad ottobre in Italia?»Domanda con un cenno di curiosità nella voce.
Come mai adesso è diventato così voglioso di fare conversazione?
Corrugo le sopracciglia confusa, indecisa se rispondere o meno. Insomma, ogni volta che provo io a fare conversazione con lui mi urla contro.
«Non mi hanno detto molto. So solamente che papà ha deciso di rimanere ancora un po'», rispondo sincera.
Papà non ha mai voluto rimanere così tanto in Italia, anzi si scocciava e anche parecchio ad andarci siccome tutta la famiglia di mia madre, incapaci di parlare inglese rendevano la comunicazione tra di loro impossibile.
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Wicked Game
RomanceLa città del peccato, Las Vegas, è un luogo dove la vita è sempre in movimento. Anche se all'apparenza sembra un luogo festoso e scintillante, c'è sempre un lato oscuro e misterioso che si nasconde dietro le luci e il rumore, invisibile agli occhi d...
23 - Stop trying to always control everything. You have to let you go...
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