20. Ansia

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Jillian:

Un'auto che colpisce la nostra.

Jamie...

È finita addosso a Jamie!

Apro gli occhi di scatto e strillo come una pazza, sollevandomi a sedere.
«JAMIEEEEEE» urlo il suo nome con tutto il fiato che ho in gola, mentre le lacrime minacciano di uscire da un momento all'altro. Gli occhi mi pungono, il cuore è impazzito. Sta battendo così forte che penso possa uscire direttamente fuori dal petto. Sono terrorizzata per la paura, l'ansia e l'agitazione.

«Tesoro, calmati, ehi. Amore.»
Una mano si appoggia sul mio braccio, ma anche se vorrei fosse quella di Jamie, riconosco la voce di mia madre.
Mi giro piano verso di lei e finalmente capisco anche dove mi trovo.
Sono in un letto d'ospedale.

Con lei c'è anche mio padre, ha gli occhi sgranati, il viso pallido, forse più del mio.
«Jillian, eravamo così preoccupati! Come stai?»
Li fisso entrambi con la voglia solo di rivederlo.
Io ho bisogno di sapere che sta bene, che è vivo, che il mio Jamie non mi lascerà mai.

«Dov'è Jamie?» chiedo, con il cuore in gola. Ho così tanta paura di saperlo che sto tremando.
Mamma se ne accorge e afferra la mia mano per cercare di calmarmi.

«Tesoro, lui...»

«Jillian!» qualcuno irrompe nella stanza gridando il mio nome, ma ancora una volta non è lui. Sono i genitori di Jamie, sono venuti a trovarmi e tutto questo non mi piace affatto.
Perché sono qui?
Perché Jamie non c'è?
Perché ci sono solo io?

«Piccola, come ti senti?» La madre viene ad abbracciarmi e io tremo ancora di più. Se qualcuno non mi dice subito cosa sta succedendo, potrei morire di crepacuore. Appena si allontana non aspetto nemmeno un attimo prima di fare sempre la stessa domanda.
«Dov'è Jamie?» ripeto. «Ditemi che sta bene, voglio andare da lui. Io voglio vederlo.»

Devo vederlo.
Subito.
Immediatamente.

«Amore, calmati. Stai tremando!»
«Ditemi dov'è» grido, esasperata.
Provo ad alzarmi, ma tutti e quattro, chi da un lato, chi da un altro, mi bloccano.

«Avete avuto un incidente.» Comincia mio padre, e io mi giro di scatto. «La macchina è distrutta. L'auto che vi è finita addosso, ha colpito il lato dell'autista e Jamie ha preso quasi tutto il colpo.»
Le sue parole mi fanno rivivere la scena a rallentatore.

«Mentre tu hai riportato solo qualche graffio, lui ha una costola rotta e ha preso un colpo in testa che gli ha fatto perdere tanto sangue.
Per fortuna l'auto che vi è venuta addosso non stava andando molto veloce, quindi siete stati fortunati. Ha cercato di frenare e ha ridotto di parecchio l'impatto.
Tesoro, siete passati con il rosso.»
Fa un lungo respiro e riprende.
«Adesso si stanno prendendo cura di lui, ma ci hanno detto che non possiamo vederlo finché non sapranno con certezza se ha un trauma cranico, oppure no. Il colpo lo ha fatto svenire e non si è ancora risvegliato. Non sappiamo molto, purtroppo. Dobbiamo solo aspettare.»

Metto una mano sopra la bocca e scoppio in lacrime.
Tutti e quattro mi abbracciano contemporaneamente, facendomi sentire tutto il loro sostegno.
«Non preoccuparti tesoro, si risveglierà presto» mormora la madre. «Ne sono certa. È mio figlio, è forte.»

Ma non mi basta sentirlo. Non mi basta affatto. Ripenso alle sue ultime parole, a quello sguardo ferito, ai suoi occhi lucidi.
"Vorrebbe dire che è finita per sempre."
Il "per sempre" mi fa scoppiare e comincio a singhiozzare fortissimo. Non riesco più a calmarmi.

«È tutta...» un singhiozzo. «Colpa mia.»
Respiro forte, mentre le lacrime vanno a finire sulle mie labbra. «Stava guardando me, è per quello che si è distratto. Stavamo parlando e...» un altro singhiozzo. «Volevo solo che mi guardasse, io volevo solo...»

«Tesoro, stai calma. Non fare così. Amore della mamma, lui è vivo. Non morirà. Non è in pericolo di vita, calmati. Non è colpa tua.»
«No, è colpa mia. Solo.. solo colpa mia.»
Cercano ancora di rassicurarmi, di starmi vicini e il tempo passa. Passano due ore. Due ore lunghissime.

Nel mentre mi alzo dal letto, sento i dottori, dicono che sto bene, che posso tornare a casa, ma non mi importa. Li ascolto pensando continuamente a lui, a quando il dottore verrà per dire che si è svegliato, che sta benissimo e potrà tornare a casa con me. Lascio la stanza e tutti e quattro andiamo in sala d'attesa.

Aspettiamo, vediamo i dottori che vanno e vengono. Nessuno di loro si ferma a dirci qualcosa, sono tutti impegnati nel loro lavoro e a me sembra di impazzire. Vorrei fermarli tutti, dire loro di darci notizie.
Non riesco a stare ferma, così incrocio le braccia al petto e comincio a passeggiare avanti e indietro mentre i miei genitori e quelli di Jamie mi guardano preoccupati.

Sono in un mondo tutto mio, come se fossi altrove. Rivivo la scena milioni di volte, rivivo la sua espressione prima che succedesse e il mondo mi crolla addosso, allora piango di nuovo, per l'ennesima volta. Lascio scivolare lacrime silenziose lungo le guance finché alla fine si asciugano da sole e il tempo continua a scorrere inesorabilmente lento.

Prego. Prego così tanto da non sapere quante volte lo faccio.
Prego che vada tutto bene e mi pento di non essere andata in chiesa nel corso di tutti questi anni, di non essere stata una persona sufficientemente religiosa perché ora avrei solo bisogno di qualcuno lassù, che lo protegga, che lo faccia risvegliare e che lo riporti alla solita vita di sempre.

«Chi sono i parenti di Jamie Brown?»

Una voce mi arriva alle orecchie e mi allarmo immediatamente, voltandomi di scatto.
Un dottore si è finalmente avvicinato.
Il padre e la madre si alzano immediatamente e lo raggiungono, in ansia. 
«Siamo noi. Siamo i genitori.» Ribattono entrambi.

Mio padre e mia madre si alzano allo stesso modo e tutti insieme andiamo verso di lui, io sono la prima perché senza nemmeno rendermene conto, ho corso per arrivare. Ormai non sono nemmeno più padrona del mio corpo, come se fossi totalmente assente.

«Come sta mio figlio? La prego, mi dica che sta bene.»
Giunge le mani in preghiera e il dottore annuisce. «Sta bene. Si è svegliato.»
Sorride e per me sono le parole più belle del mondo.

«È ancora un po' sotto shock, ma non ha riportato nessun trauma. Ha solo una ferita sulla fronte che abbiamo provveduto a disinfettare e ricucire.
Tutto sommato, è stato davvero molto fortunato. Ha una costola rotta, quindi ha bisogno di almeno tre settimane di riposo. Può camminare, ma passeggiate lente. Non può prendere sforzi e deve stare attento a come si muove, ma in generale, potete stare tranquilli. È sano e salvo. Fra una mezz'ora, vi faremo entrare per visitarlo. Stanotte dovrà stare qui per controllo, ma se tutto va come previsto, domani lo potremmo già dimettere.»

«Oh, Dio. Grazie.» Mormoro, mettendo la mano sopra la bocca e facendo un lunghissimo respiro che mi calma da tutto lo stress che avevo accumulato nel giro di queste ore.
«Grazie dottore. Grazie!» esultano tutti.
Sorridiamo e infine scoppiamo a piangere per la felicità, abbracciandoci a vicenda.

Dopo qualche minuto, mio padre mi coccola un po' e mi fa sedere accanto a lui, in sala d'attesa.
«Sei contenta, tesoro? Il tuo Jamie sta bene.» Accarezza i miei capelli, mentre io appoggio la testa sulla sua spalla.
«Non ho mai avuto così tanta paura, papà.»
«Lo so, amore. Grazie al cielo però entrambi state bene ed è questo che conta. Poteva andare molto peggio, siete stati fortunati.»
«Oppure Dio ci ha concesso una seconda possibilità, per recuperare i nostri sbagli» sussurro, piano.
«Ora dormi un po', tesoro. Non ci pensare. Fra poco sarai con lui. Ti sveglio io.»

«Non ho sonno, papà.» Chiudo le palpebre e mi rilasso così tanto da crollare per davvero.
Sogno i suoi occhi, le sue labbra, la sua voce, il suo sorriso.
Il mio mondo. Lui è tutto il mio mondo.






























Io, tu e un lavoro. (Vol. 2)Kde žijí příběhy. Začni objevovat