Capitolo 2

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Muoversi a Milano è una di quelle cose alle quali non mi abituerò mai. Non riesco a comprendere come facciano i milanesi a sopportare tutto questo ogni giorno, quando a me basta appena una manciata di ore per uscirne pazza.

Sono atterrata questa mattina all'aeroporto, in una delle leggendarie e rarissime giornate soleggiate della città. Eppure, compressa nella calca di Linate, sono passata dai tapis-roulant allo shuttle senza riuscire a godermi nemmeno un brandello di sole, e arrivare alla stazione centrale senza uscire di testa si è già rivelata un'impresa. Sarà che non amo le grandi città, sarà che a Cagliari sono abituata a muovermi a piedi o al massimo in macchina fino all'aeroporto o alle spiagge, ma il viaggio fin qui ha già provato a sufficienza la mia resistenza.

Per fortuna ho appuntamento con Cristina vicino alla stazione, perché la sola idea di infilarmi nella metro in questo momento mi devasta. Odio i luoghi chiusi, sono una delle pochissime cose che riesce a vincere il mio spirito avventuroso. Non so dire da quanto vada avanti questa sorta di claustrofobia, fatto sta che quando posso scelgo sempre delle alternative: i monopattini a noleggio, gli autobus o, se proprio non è possibile, do fondo ai miei risparmi per prendere un taxi.

Ferma sul marciapiede della stazione respiro a pieni polmoni un mix di smog e residui di primavera inoltrata, ed è incredibile quanto in fretta riesca a calmarmi questa cosa. Sarà la prospettiva di una nuova avventura, sarà che neanche Milano riesce a demoralizzarmi davvero, ma sento che nulla può andare storto, oggi.

Sono volata fin qui per discutere una proposta del mio editore, d'altronde, cosa posso chiedere di più?

Una sottile eco si fa largo tra i miei pensieri. In effetti ci sarebbe qualcosa che potrei chiedere in aggiunta al nuovo contratto editoriale. Afferro il cellulare e sono sul punto di mandare un messaggio, ma mi blocco. Il ricordo dell'ultima volta che ci siamo visti, e del modo in cui ci siamo lasciati, cancella ogni desiderio di incontrarlo. Non riuscirei a reggere un'altra figura come quella.

Butto il cellulare nella borsa e attraverso la strada di corsa, arrivando davanti al bar con appena un cinque minuti di ritardo. Quando entro, Cristina è già seduta a un tavolino e sfoglia assorta un fascio di carte. È di un'eleganza impeccabile: i capelli piastrati che le ricadono leggeri sulle spalle, i pantaloni in lino color cenere e la camicetta bianca immacolata, tutto in lei grida modernità ed efficienza. Anche la giacca a maniche corte che ha appoggiato sulla sedia è in perfetto abbinamento con il resto dell'outfit.

Io, a confronto, ricordo una turista in viaggio spirituale verso l'India e il contrasto netto tra noi mi fa sorridere. È stata una delle prime cose che la mia agente mi ha fatto notare quando ci siamo conosciute dal vivo. Mi vesto in modo particolare, lo so, eppure non posso proprio dispiacermene. Il vestito che ho scelto per oggi, ad esempio, è la cosa più colorata e allegra che avevo nell'armadio e ho deciso di metterlo proprio per questo: il modo in cui mi vesto mi rispecchia più di ogni altra cosa.

«Buon giorno» esordisco allegra, raggiungendola e sedendomi davanti a lei.

Lei ricambia il sorriso, facendo scivolare indietro la sottile montatura. «Buon giorno, mia cara.» Si allunga per schioccare due baci nell'aria accanto al mio viso, poi ripone le sue carte nella Louis Vuitton e allunga una mano per stringere la mia. «Com'è andato il viaggio?»

«Eh, insomma. Diciamo che sono arrivata» dico per sdrammatizzare e lei annuisce, seria. «Hai sofferto molto?»

«Un poco, ma sto già molto meglio.» Cristina sa bene quanto io trovi destabilizzante viaggiare in aereo. Troppa gente in troppo poco spazio, una situazione che eviterei se non fosse che arrivare in traghetto mi prendebbe una giornata intera.

«Bene, l'importante è quello. Ora la colazione ti sistemerà del tutto. Cosa gradisci?»

Ecco, un'altra cosa che la mia straordinaria agente si ricorda: io adoro fare colazione. «Un cappuccino, senza ombra di dubbio. E un croissant alla crema» dico con sicurezza, perché sono ormai più di dieci anni che a colazione ordino sempre la stessa cosa.

Amore a prima rigaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora