Capitolo 2

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La prime ore passarono più in fretta di quanto avessi sperato. Passai il tempo a trascrivere ogni informazione che riuscivo a captare con la mia grafia precisa e minuta, ostinata a non alzare gli occhi dal foglio più di quanto non fosse strettamente necessario.

Il silenzio di Lauren era impressionante, quasi un record, per lei, riuscire a passare una lunga serie di minuti senza fiatare. Un po' mi dispiaceva, per aver rifiutato il suo invito, ma che altro potevo fare?

Avevo troppe cose a cui pensare, e sarebbe stato un miracolo se fosse arrivata viva a fine giornata. Tra il dover riprendere le vecchie abitudini, concentrarmi sul recupero di tutte le materie e sulla mia vita da rimettere insieme era già abbastanza che trovassi il tempo per respirare.

E poi c'era lui. Al solo pensiero un brivido ingiustificato mi percorse la spina dorsale, come se un serpente mi stesse avvolgendo tra le sue spire ipnotiche. Ero sicura che mi stesse fissando.

Ero certa di avere i suoi occhi puntati sulla mia nuca, a scandagliare i miei capelli color ebano con la grazia di un predatore mentre studia la sua preda. Non avrei dovuto cedere. Dovevo rimanere concentrata sui miei appunti sempre più confusi, dovevo...

Il pensiero che non lo vedessi da più di tre mesi mi colpì con una violenza inaudita. Come quando ti rendi conto di aver sentito troppo a lungo la mancanza di qualcuno di caro. Solo che, per me, lui non era affatto caro. Proprio per nulla.

Dovevo essere molto confusa. L'eccitazione mi aveva dato alla testa. Sì, doveva essere così. Perché io lo odiavo, e lui odiava me. Era sempre stato così, ed era una delle poche cose che ero certa neanche il tempo avrebbe potuto cambiare.

Lui mi odiava a tal punto da volermi incenerire per lo sguardo. Per questo continuava a guardarmi... non voleva perdersi il momento in cui sarei stramazzata ai suoi piedi.

Lo immaginai, due banchi dietro di me, stravaccato sulla sedia come un principe maledetto, mentre si scostava una ciocca di capelli color caramello dalla fronte. Con quel sorriso affascinante e strafottente al tempo stesso, con cui riusciva a prendersi gioco di ogni ragazza senza che questa se ne rendesse conto.

Il solo pensiero fece montare una rabbia nera dentro di me. Quanto avrei voluto vederlo crollare, almeno una volta, quanto desideravo che la sua maschera da bravo ragazzo vacillasse, insieme a quei suoi addominali perfetti e...

Non mi resi conto di quanto forte avessi stretto la matita che tenevo in mano fin quando non la sentii scricchiolare.

Fu in quel momento che la campanella suonò l'inizio dell'intervallo, salvandomi dal baratro dei miei pensieri. Mi alzai, trattenendo un sospiro di sollievo. Ce l'avevo fatta. Ero riuscita a trattenermi dal voltare la testa per tutta la durata delle lezioni.

«Andiamo» Lauren mi trascinò fuori, dalla classe, e io la lasciai fare.

Ci dirigemmo al nostro solito posto, un angolo appartato da cui potevamo osservare indisturbate il via vai della gente. Ogni tanto, qualcuno si girava nella mia direzione con gli occhi sbarrati, come se avesse visto un fantasma, ma io cercai ostinatamente di non farci caso.

«Mi sei mancata, lo sai?» Lauren mi rivolse un sorriso sincero. Era strano come riuscisse ad essere timida ed esuberante al tempo stesso.

«Anche tu»
Ed era vero. Le sue battute, i momenti che condividevamo, erano un balsamo per ogni mia preoccupazione. Ero felice, di averla come amica.

Guardai la treccia disordinata in cui aveva raccolto i suoi capelli rossi, il viso scarno con una spruzzata di lentiggini che mi fissava da parecchi centimetri più in alto. Cavolo, se mi era mancata.

«Vieni da me, questo weekend, ti passo gli appunti» mi disse.

«Intendi che mi fai vedere i disegni che hai fatto al posto di prendere appunti?» domandai, sarcastica.

«Ovvio» rise, prima di prendermi a braccetto «Vieni, andiamo a prendere qualcosa da mangiare. Sto morendo di fame»

Mi lasciai trascinare fino al distributore di merendine senza opporre resistenza. Avevo il cuore leggero con una piuma. Mi ero dimenticata di quanto fosse bello avere un'amica. Era una sensazione che riusciva quasi cancellare le spine che mi graffiavano il petto.

Quando ci avvicinammo, notai subito la figura maschile che svettava su tutte le altre. Fu come ricevere un pugno in un occhio. Lui era lì, appoggiato mollemente al vetro del distributore mentre chiacchierava con un tizio moro e tarchiato. Riusciva a sembrare minaccioso persino in quella posa rilassata.

Mi bloccai, improvvisamente incapace di respirare.

«Ehi, ma che hai...» Lauren mi squadrò, ma capì subito il motivo del mio comportamento quando seguì il mio sguardo.

«Oh, Moore» sapeva quanto lo odiassi, e pronunciò il suo nome con disprezzo, quasi fosse una malattia. Noi eravamo le uniche a conoscere il volto che si celava sotto quella maschera di perfezione. Solo che, a differenza mia, Lauren era una che prendeva la vita alla leggera.

«Non vorrei interrompere la vostra chiacchierata, ma qui c'è qualcuno che ha bisogno di mangiare» pronunciò con voce squillante.

Lui si girò, un sorriso innocente sul viso da demone.

«Parli con noi?» chiese, con quel timbro basso e vellutato che era in grado di avvolgerti come seta nera.

«Sì, esatto» rispose lei. Lauren era una delle poche che non si sentiva in soggezione quando lui era nelle vicinanze. Io, invece, mi irrigidii al suo fianco.

«Allora, scusate, non intendevamo disturbarvi» quei suoi modi gentili non avrebbe ingannato nessuno.

Finalmente, Hart Moore si allontanò, seguito dal tizio tarchiato, lanciandomi un'ultima occhiata perforante. Io strinsi le labbra, mentre il mio cuore sanguinava odio.

Lauren seguì i due con lo sguardo, leggermente irritata.

«Era più tranquillo, oggi» commentò, mentre si accingeva a prendere un pacchetto di patatine dal distributore.

«Che intendi dire?» domandai. Non mi interessava, in realtà. Non volevo assolutamente sapere nulla di lui. Ma la curiosità aveva avuto meglio sulla ragione.

Lauren scrollò le spalle.

«É una sciocchezza, in realtà, solo che mi era sembrato preoccupato, in questi ultimi mesi...sai, non imperscrutabile come al solito» spiegò.

«Chissà se...» ma non finì la frase. Il rumore delle monetine del resto la distrasse.

Il pensiero di Hart, il principe delle illusioni, più inquieto e distratto del solito, mi fece rabbrividire. Lui, che nascondeva ogni emozione dietro una maschera di perfezione, come poteva essere intaccato da qualcosa? Era illogico e impossibile.

Seguii Lauren, sgusciando tra il caos degli studenti.

«Che cosa abbiamo, adesso?» le chiesi, il fiato corto. La testa mi girava appena, ma cercai di ignorare il mio malessere. Avrei dovuto abituarmici.

«Ginnastica» disse lei. Mi sentii sprofondare.

«Ma oggi il prof è assente. Ci hanno dato quella di matematica come supplente» continuò. Sospirai. Adoravo la matematica, con i suoi problemi ed equazioni. Qualsiasi operazione, per quanto potesse essere difficile, aveva una soluzione. Con la matematica nulla era impossibile. La vita, invece, era l'esatto contrario.

La vidi mordersi il labbro, incerta se aggiungere qualcosa.

«Che succede?»

«Io...»

«Laurie, non mentirmi» intimai.

Lauren mi lanciò un'occhiata affranta.

«Senti, Jen, mi dispiace tantissimo. Ma la professoressa vuole che tu ti sieda al banco con Moore»

Cacciatore Di CuoriWhere stories live. Discover now