Parte 3

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Ant's POV:

Quando mi sveglio la mia insopportabile emicrania è sparita. Mi alzo dal letto e vado a lavarmi il viso. L'afrodisiaca sensazione dell'acqua ghiacciata sul mio volto mi riporta coi piedi per terra. Scendo in sala da pranzo per cercare qualcosa da mangiare, ma effettivamente non ho fame. I miei genitori sono entrambi a lavoro e io non so cosa fare. Perciò decido di uscire e fare una passeggiata. Mi vesto al volo e mi metto le scarpe, allora prendo le mie cose ed esco.
È da quando ho tredici anni che quando mi sento triste, confuso o arrabbiato vado in un posto, il mio posto speciale. Oggi sono molto confuso, quindi prendo la mia bici e inizio a pedalare. Dopo cinque minuti arrivo in mezzo a un parcheggio. Mi guardo intorno e fermo gli occhi su un buco nella recinzione. Ci passo dentro e quando arrivo dall'altra parte della recinzione seguo un sentiero che porta a delle scalette. Salgo e quando arrivo noto una cosa che mi lascia stupito: il mio posto è occupato. Ma da chi? Mi avvicino per capire di chi si tratta e noto una ragazza dai capelli scuri e gli occhi verdi. È Gemma Olsen, frequenta con me il corso di filosofia ed è al terzo anno. Noto che tiene in mano un taccuino e una penna ed è molto concentrata in qualsiasi cosa stia scrivendo. Il fatto che sia seduta sulla mia panchina preferita non mi dà affatto fastidio, anzi, sono felice di sapere che il mio posto preferito è anche il posto preferito di qualcun altro. Mi avvicino a lei e decido di parlarle: << Posso? >> dico accennando al posto a sedere vuoto vicino a lei.
<< Ehm, certo. Siediti pure >>
<< Grazie >>
<< Di nulla >>
Si susseguono diversi momenti di imbarazzante silenzio.
<< Ma tu sei Ant Ferguson? >> mi chiede, rompendo il ghiaccio.
<< Si, e tu sei Gemma Olsen >>
<< Esatto >>
<< Cosa ci fai qui? >>
<< Beh, spesso vengo qui quando ho bisogno di pensare o scrivere. E tu, cosa fai qui? >>
<< Più o meno lo stesso, tranne che non scrivo >>
<< Sai, dovresti provare. Se non sei al massimo scrivere può aiutarti come valvola di sfogo. È come confidarsi con qualcuno, solo che la carta non ti potrà mai tradire. >>
Certo che è proprio brava con le parole. Adesso capisco perché scrive così tanto. Ogni giorno a scuola la vedo girare per i corridoi con un taccuino in mano. Chissà cosa starà scrivendo.
Rimango in silenzio in segno di assenso rispetto a quello che ha appena detto.
<< Certo che è proprio bello qui >> Esclamo osservando il panorama: la collina verde che ci circonda è piena di margherite in fiore, cespugli di piante selvatiche e piante spontanee circondano la superficie del prato. Noi siamo seduti al riparo dai raggi di sole sotto a un salice e ammiriamo lo spettacolo che abbiamo davanti.
<< Hai ragione. >> annuisce.
<< È strano come dietro a qualcosa di artificiale come un parcheggio si nasconde un'area naturale e piena di verde. >>
<< Hai fatto una riflessione molto bella, sai? >>
Sorrido, non ho idea di come risponderle. Un complimento da parte di quella ragazza mi fa sentire in un modo indescrivibile. Ma non nel modo in cui mi fa sentire Leo.
Continuiamo a chiacchierare per un po' e poco dopo decidiamo di andare a pranzo insieme.
<< Tu di cosa hai voglia? >> mi chiede.
<< Che ne dici di andare a prendere un poké? >> propongo io.
<< Va bene. >>
Ripercorriamo al contrario la strada per arrivare nella nostra piccola oasi personale e andiamo in bici fino al ristorante.
Appena arrivati, Gemma scende dalla bici e va verso l'entrata del locale.
Mentre io parcheggio la bicicletta sento Gemma sospirare e la vedo allontanarsi dall'entrata.
<< Che ne dici se andiamo a mangiare da un'altra parte? Conosco una pizzeria veramente buona da queste parti... >> dice lei con un tono piuttosto nervoso.
<< Ma perché? Non ti va il po- >> Mentre pronuncio la frase i miei occhi si concentrano su un tavolo del locale che è occupato da un ragazzo e una ragazza. La ragazza è un viso familiare: è Liz Alba, una che viene a scuola con me. Ma il ragazzo che le siede di fronte ha un'aria altrettanto familiare. È Leo.

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