Capitolo 6: e te cosa vedi in me?

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Ricambiai il sorriso senza dover aggiungere parole. I nostri sguardi si incatenarono l'un l'altro, rimanendo ancora immobili senza alcuna spiegazione.
"Ehm, riesci ad alzarti? Almeno faresti colazione anche te"
"Non ho problemi ora" e detto fatto, in due secondi si alzò in tutta la sua grandezza; alto com'era avrebbe potuto raggiungere il metro e ottanta senza troppi problemi. Anche se mi affibbiai l'etichetta di "padrona di casa", mi sentivo in qualsiasi caso più piccola e sicuramente molto impotente rispetto a lui. Lo accompagnai in cucina, offrendogli una pila di fette di pancarrè tostato, miele, marmellata e cioccolata spalmabile. I suoi occhi acquisirono una luce ben diversa alla vista di quel ben di dio, tanto che in pochissimi minuti aveva già terminato di mangiare.
"Wow" restai di stucco "da quanto tempo non mangiavi?" chiesi curiosa, nella speranza non la prendesse come un'offesa.
"A dirti la verità non saprei dirti....probabilmente qualche giorno. Me la sono sempre cavata con qualche schifezza da fast food. Non ho una famiglia da anni ormai" dichiarò Theo con aria afflitta. Temetti di aver toccato un tasto dolente.
"Mi dispiace, davvero. Però posso capirti: ho perso la mia famiglia otto anni fa, ma per me è come se fossero passati solo alcuni giorni" confessai guardando un punto fisso in direzione del pavimento. Il ragazzo si voltò sorpreso e mi afferrò la mano, stringendomela delicatamente.
"Ammiro la forza con cui vai a avanti. Devi sapere che sono stato abbandonato da bambino. Avevo solo quattro anni e, se non fosse stato per il mio innato istinto di sopravvivenza, oggi non sarei qui a parlare con te."
Mi stupii molto il modo sincero e calmo con cui mi parlò; insomma, lui è stato abbandonato quando era solo un bambino assolutamente innocente.
"Dispiace anche a me" ci ritrovammo a fissarci negli occhi e, solo allora, capii che era maggiore il tempo che passavamo a guardarci che non a parlare. A rompere quel ponte magico, fu il mio telefono che squillò diverse volte. Era una chiamata da parte di Scott.

"Pronto Scott, dimmi" risposi tranquillamente.
"Si può sapere perché non rispondevi ai messaggi??" urlò infuriato. Solamente in quel momento ripensai alla valanga di messaggi che mi erano arrivati tra ieri sera e questa mattina.
"Mi dispiace da morire, sul serio....ieri sera sono rimasta in piedi fino a tardi per..." mi scusai desolata ma venni interrotta da una voce di sottofondo, una voce che avrei riconosciuto fra milioni: quella irrequieta e piena di domande di Stiles.
"Stiles mi sta chiedendo da oramai venti minuti chi è la persona che stavi aspettando ieri sera"
"Oh, ha detto di chiamarsi Theo"
"THEO RAEKEN?" questa volta a parlare non era più Scott, bensì Stiles che a quanto pare aveva rubato il telefono all'amico "mandalo via da casa tua! Non ti devi fidare di lui!!" gridò il ragazzo da dietro il telefono.
"Lo conoscete?"
"Non importa, perché è ancora lì?" continuò agitato.
"Stai tranquillo Stiles, lui sta bene...." cercai di tranquillizzarlo, ma a quanto pare le mie parole erano solo buttate al vento, visto che la situazione peggiorò notevolmente.
"CHE COSA FA LI'!? SCOTT, DOBBIAMO ANDARE DA LAILA" quel ragazzo era uscito di testa mentre altre voci si aggiungevano a quella catastrofica conversazione. Guardai Theo senza parole e lui si limitò a fare spallucce con aria divertita.
"Stiles, che stai-" non finii nemmeno la frase che terminò la chiamata. Ora verranno tutti qui, me lo sento.
"Stanno venendo tutti qui, non  vero?" domandò divertito. Ancora perplessa per il comportamento assurdo del mio amico, guardai Theo con la bocca aperta. Come faceva a ridere? C'era da piangere, altro che! Feci un semplice cenno con la testa, non avevo parole.
"Ti chiedo di perdonarli, sono molto protettivi nei miei confronti e...." cercai di scusarli.
"So che tipo è Scott e pure Stiles, lui in particolare non si è mai fidato di me, a dir la verità..."
"Un momento" lo interruppi "li conosci??? Perché non me lo hai detto?"
"Non capivo con chi stessi parlando finché....beh, non è arrivato Stiles" scoppiammo a ridere fragorosamente.
Quel ragazzo aveva sì degli occhi da mozzafiato, ma anche il sorriso non scherzava affatto; emanava felicità, positività e spensieratezza da tutti i pori. Sentivo di stare davvero bene in sua presenza, sentivo di poter assomigliare ad un fiore anche se potevo cadere a terra. Spero mi potesse perdonare, nel caso potesse leggere nella mente, per la mia arroganza ma credevo fortemente che non ci potesse essere una persona come lui. Tutti questi pensieri su un ragazzo che conoscevo da appena un'ora potevano essere scambiati per un'assurdità, se visti dall'esterno. E non li avrei potuti biasimare.
A riportarmi alla realtà fu il continuo tintinnare del campanello; corsi alla porta e guardai attraverso lo spioncino per capire chi fosse, anche se in realtà davo per scontato che fosse uno dei miei amici: era Stiles che teneva insistentemente il dito sopra il campanello.
"Laila" gridò il moro "se non mi apri, giuro che la sfondo questa porta"
Mi allontanai e lasciai che Stiles cominciasse il conto alla rovescia.
"Tre...due...uno..." lo sentì dire convinto.
Non appena sentii che stava per prendere la rincorsa, aprii di scatto la porta, facendolo cadere a terra come un salame. A godersi la scena, c'erano Scott, Malia, Lydia, Liam, Mason, Isaac e Corey appena sul ciglio della porta; e Theo che se la sghignazzava di gusto. Stiles si alzò di scatto guardandosi attorno e, non appena vide Theo seduto sul divano, afferrò la sua mazza da baseball pronto a colpirlo. Scattai in avanti, posizionandomi davanti al ragazzo che, intanto, aveva assunto una vera e propria faccia intimorita. Alla mia vista, si bloccò e cominciai a ringhiare di rimando, mostrando i miei occhi gialli.
"Questa è casa mia e non userai di certo quella mazza da baseball, altrimenti potresti essere cacciato allo stesso modo con cui sei entrato" lo minacciai mentre pian piano abbassò l'arma.
"Uff, devo necessariamente usare le maniere forti con voi, ragazzi!" sbottai mentre ripresi i miei tratti naturali.
"Hai imparato a gestire alla grande le tue doti" osservò Isaac che era rimasto sbalordito, del resto come tutti gli altri.
"E' tutto merito del mio insegnante" guardai in direzione di Liam, facendogli l'occhiolino.
A quella vista, sorrise compiaciuto arrossendo leggermente sulle guance e sul naso.
"Ora" cominciò Stiles quando si fu ripreso "si può sapere che cavolo tieni in casa tua una persona come....come...lui!?" sbottò indicando Theo che fino a quel momento era rimasto zitto e in disparte.
"Andiamo Stiles! Sono sempre lo stesso Theo delle elementari!" cercò di giustificarsi il  ragazzo. Insomma, cosa gli aveva fatto di così male per avercela così tanto con lui? Sebbene i suoi tentativi di approccio nei suoi confronti, Stiles mantenne il suo sguardo corrucciato e diffidente.
"Non dirmi che ce l'hai ancora con lui per quel fatto alle elementari!?" rise Scott.
"No, cioè sì ma non solo....suvvia, amico! Non ti sembra un po' sospetto che scompaia per anni, non si abbiano più notizie e poi, BOOM!" imitò l'esplosione allargando di colpo le braccia "ricompaia in fin di vita nella riserva di Beacon Hills?...."
Scott provò ad interromperlo, ma l'altro aveva la parlantina più veloce rispetto al solito e continuò con la sua investigazione.
"...e fatalità, chi lo ha trovato? Liam e Laila!"
"Sarà una coincidenza, potrebbe essergli successo qualsiasi cosa!" esclamò Lydia che per tutto il tempo era rimasta in disparte.
"Già, oppure può essere stato rapito da qualcuno che poi lo ha aggredito" aggiunse Isaac.
Uno Stiles indignato si girò nella direzione dei due ragazzi e avanzò a grandi falcate.
"Ho delle prove sospette!" tirò poi fuori un paio di carte: una di quelle era particolarmente vecchia mentre l'altra sembrava piuttosto recente; entrambe portavano lo stesso nome: Matt Raeken.
"Hai rubato dei documenti privati dagli archivi della scuola e della centrale di polizia??" a parlare era una Malia incredula di quello che fosse capace di fare il moretto, a costo di dimostrare di avere ragione.
"No, non l'ho rubato! L'ho preso in prestito" ribatté contrariato beccandosi, d'altro canto, un'occhiataccia generale "ok, sì forse l'ho rubato ma, guardate qui: questa è una firma del padre di Theo sulla ricevuta di una vecchia multa" indicò il foglio più vecchio.
"E questa è la stessa firma ma sull'iscrizione nella nostra scuola per quest'anno!" puntò poi il dito verso quella che doveva essere una fotocopia.
"E che c'è di male?" chiese Mason che sembrava confuso quanto Corey e Isaac.
"Che c'è di male??? Per prima cosa hanno una distanza di tempo che risale ad otto anni fa e poi, sono due firme diverse!" sembrava che stesse andando fuori di testa "Come fate a non capire??  a firmare sono due persone diverse!! Sicuramente è stato...."
"Io. Sì, sono stato io" era la voce flebile di Theo che, fino a quel momento se n'era rimasto in disparte "L'ho dovuto fare se volevo frequentare una scuola: i miei genitori mi hanno abbandonato ad un destino che poteva rivelarsi tragico e da allora me la sono sempre dovuta cavare da solo, cercando rifugio in mezzo ai boschi, nella auto abbandonate o in mezzo alla strada"
Gli sguardi dei ragazzi erano completamente sconvolti, ad eccezione di quello di Stiles, il quale rimaneva completamente impassibile. Era palese che non aveva la minima intenzione di credergli. Io, invece, rimasi estasiata e per un momento un senso di pietà si fece spazio nel mio cuore, dimenticando il fatto di avere altre persone in casa mia. Sentivo come parlava della sua vita da ragazzo di strada, caratterizzata per la maggior parte da momenti di sofferenza e atroce crudeltà da parte dei passanti che, al posto di aiutarlo, lo facevano dannare. I suoi occhi verdi divennero limpidi e lucidi; e le sue guance si arrossarono parecchio. Guardai in direzione dei miei amici e mi resi conto che non ero l'unica con i sensi di colpa. Tutti, tranne Stiles.
"Bella recita" si avvicinò Stiles "ma io non me la bevo: tu stai tramando qualcosa di losco e io lo verrò a sapere. Inoltre, ricorda" fra i volti dei due ragazzi c'erano pochissimi centimetri "se farai del male a qualcuno di loro o alla mia famiglia, giuro che ne pagherai il doppio".
"STILES!" Scott avanzò furioso verso il suo migliore amico, prendendolo per la camicia e poi tirarlo indietro. I suoi occhi si erano tinti di un rosso fuoco.
"Ma ti sei bevuto il cervello?" scattò l'Alfa tenendo l'amico per un polso.
"Forse tutti voi vi dovreste fare qualche domanda in più!" continuò il moro.
Da qui cominciò una forte discussione tra chi difendeva Theo e chi gli andava contro. Percepivo una fortissima tensione e pensai che forse non era il caso di essere tirata in ballo. Mi girai per chiedere a Theo se stesse bene, ma mi accorsi che era sparito. Lo cercai per tutta la stanza con lo sguardo, ma non trovai niente: era come se si fosse teletrasportato. Poi notai, per puro caso, una striscia di sangue che correva fino alla porta sul retro: era il suo, sentivo il suo profumo.
"COMPLIMENTI, RAGAZZI! OTTIMA MOSSA!!" era furiosa con tutti loro. Possibile che nessuno avesse avuto un po' di cuore per quel povero ragazzo?
"Congratulazioni Stiles! Gli hai appena spezzato il cuore, come se non avesse sofferto abbastanza nella sua vita! Ora me ne vado a cercarlo!" girai i tacchi e corsi fuori di casa, passando dalla porta sul retro sbattendola. Non avevo neanche dato il tempo a Stiles di ribattere qualcosa, che già stavo correndo per strada nel disperato tentativo di riuscire ad individuare una sua minima traccia, che fosse il suo profumo o un'impronta lasciata nel fango. Ma niente. E' come se avesse camuffato ogni suo segno e la cosa non mi rendeva affatto tranquilla: era ancora debole e aveva bisogno di riposare. Più rimanevo immobile a pensare sul da farsi, più mi rendevo conto che si sarebbe potuto allontanare ancora di più; la mia testa stava pensando troppo....a dir la verità dovevo pensare in modo di verso: lui, come me, era un licantropo. Dovevo pensare come uno di loro; dunque: dove andrà mai un lupo mannaro in preda all'imbarazzo?
Ero assolutamente certa che la risposta l'avrei trovata in un posto solo: la riserva.

Gli occhi blu del licantropoWhere stories live. Discover now