EPILOGO

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                 CIRCA TREDICI ANNI DOPO


La mamma lascia che sia io a suonare il campanello, quindi pigio il dito sul piccolo bottoncino bianco dell'ingresso di questa enorme villa in cui siamo venuti a trascorrere la vigilia di Natale.

Io volevo passare  la giornata dai nonni, come ogni anno, ma mamma e papà ci tenevano moltissimo che conoscessi le persone che abitano qui. Ecco perché mi hanno concesso di indossare i miei abiti preferiti stasera: una camicia di jeans e dei pantaloni beige.

Dall'interno non sentiamo rumori.
«Mamma,» domando per l'ennesima volta, «come mai, se conosci queste persone da tanti anni, questa è la prima volta che trascorriamo il Natale con loro?»

Mia mamma mi accarezza i capelli, ma è mio padre a rispondere.
«Solo di recente siamo riusciti a svelare al padrone di questa casa un segreto che la mamma ha custodito per anni, adesso lui e sua moglie vogliono trascorrere più tempo con noi, per conoscerci meglio, Andrea.»

Annuisco, poi finalmente qualcuno viene ad aprire la porta.
Si tratta di una signora alta e magra, dai capelli biondi. Ha gli occhi chiari e mi sembrano un po' tristi, però sorride appena ci vede.

«Benvenuti, ragazzi! Entrate a riscaldarvi, fuori fa freddo!»
Entriamo in casa e lei abbraccia la mia mamma stringendola forte, cosa che fa anche con mio padre, poggiando anche una mano sul suo petto. Anche la mamma accarezza spesso il petto di papà, ogni volta io mi domando se quella cicatrice gli faccia male quando qualcuno la tocca.

«Tu devi essere Andrea,» dice poi la donna bionda piegandosi verso di me. Ho otto anni e sono abbastanza alto per la mia età, ma questa signora porta i tacchi ed è parecchio più alta di me con quelli.
«E lei deve essere Gabriella,» rispondo, «molto piacere di conoscerla!»

Stendo una mano nella sua direzione, lei invece si avvicina e abbraccia anche me.
«Dammi del tu, Andrea! Sai che anche mio figlio si chiama come te?»
«E ha la mia età?»
Gabriella sembra diventare triste, «il mio Andrea era più grande di te. Adesso vive in cielo, insieme agli angeli.»
Sorrido piano sentendomi confuso... Questa storia delle persone che ci lasciano e vanno ad abitare con gli angeli non mi è ancora molto chiara... Poi Gabriella mi scompiglia i capelli e mi sorride dolcemente.

«Benvenuti! Chiedo scusa, ero in cucina a preparare gli aperitivi!»
A parlare è un signore con i capelli bianchi un po' lunghi, è elegantissimo ma indossa un grembiule da chef sopra la giacca.
Abbraccia i miei genitori, poi fa lo stesso con me.

«Lei è Achille?» Domando.
«Sì, e voglio che tu mi dia del tu. Guarda che non sono così vecchietto come sembra!»
Annuisco e sento che sto anche arrossendo, poi Achille ci chiede di spostarci in soggiorno, dove lui e Gabriella ci raggiungeranno presto per un aperitivo.

Andiamo quindi in una stanza molto grande, piena di tappeti e quadri. Sembra uno di quei posti in cui mia mamma mi direbbe di non toccare niente, ma stranamente lei stavolta non lo fa.

Mi avvicino ad una libreria e inizio a leggere i titoli esposti... Anche se sono ancora piccolo, già amo molto leggere, è una passione che mi ha trasmesso mia madre. Lei ha da poco pubblicato un libro che ha scritto anni fa, quando a lavoro trascorreva i momenti di pausa sullo stesso muretto su cui io vado a trovarla ogni giorno.

Sulla libreria c'è anche una cornice grande di colore argento, la foto al suo interno mostra Achille, Gabriella e un ragazzo.
«Quello è Andrea, il figlio di Gabriella e Achille» spiega la mamma.
Mi volto a guardarla e lei mi sorride teneramente.
Mi volto ancora a studiare la foto, accarezzando l'immagine che sto osservando.

«Io l'ho conosciuto, era il mio migliore amico. Era un ragazzo buono, gentile, testardo e molto, molto determinato.»
Annuisco, «io lo conoscevo?»
«No, tesoro, Andrea è volato in cielo prima che tu nascessi» spiega mio padre.
«Però io... Mi ricordo di lui. Non so dove l'ho conosciuto, ma mi ricordo che è successo.»

Mamma e papà mi fissano e sembrano non credere a quello che ho appena detto.
«Non me lo sto inventando!»
Mia mamma mi abbraccia, «lo so, tesoro. Ci credo. Con Andrea, tutto è possibile. Te l'ho detto, lui era molto determinato.»
Noto che si asciuga una lacrima, ma non mi spiega il motivo.
Forse non mi ha creduto...

«Eccoci qui!» Dice Achille entrando nella stanza. Regge un vassoio colmo di stuzzichini, lo poggia sul tavolo e noi ci avviciniamo.
«Prima, però, voglio dare il mio regalo di natale ad Andrea,» dice subito dopo, quindi si volta e va a prendere un pacchetto piccolo da sotto l'albero.

«Mamma, ma noi abbiamo portato un regalo per Achille e Gabriella?» Domando sottovoce.
Mia mamma risponde annuendo con la testa, mio padre mi fa l'occhiolino. Gabriella sorride... Forse ho parlato a voce troppo alta?

«Questo è per te, Andrea,» mi dice Achille passandomi il pacchetto, «è un oggetto che ha un valore affettivo enorme per me, me lo ha donato mio padre anni fa, e adesso voglio che lo custodisca tu.»

La carta racchiude una scatolina piccola di colore rosso, al suo interno c'è una bussola.

«Anni fa, quando aveva più o meno la tua età, l'ho regalata a mio figlio Andrea. Rappresentava il nostro legame, era il simbolo che ci ricordava di non perderci mai, di seguirci e sostenerci a vicenda. Lo stesso era stato fra me e mio padre, quindi volevo che quel legame continuasse con il mio Andrea.
Ecco, io penso che... Mio figlio aveva un cuore buono e un animo entusiasta, in qualche modo donando questo oggetto a te, tornerà anche a lui. Sono sicuro che lui saprà guidare anche te verso le scelte migliori, nella tua vita.»
Achille mi parla ma guarda anche verso mio padre, verso il suo petto.

Io annuisco e ringrazio stringendo il nuovo regalo fra le mani, mentre ripenso che, anche se nessuno mi crederebbe, io davvero ricordo di aver già conosciuto suo figlio, solo che non so di preciso quando è successo.

Il tempo che restaWhere stories live. Discover now