Flashback, il Natale dei loro 16 anni...

«James?»

Rea lo aveva raggiunto in salotto, dove stava lavorando. Accadeva ogni volta che lei o qualcuno della sua famiglia doveva ordinargli qualcosa da fare.

Indossava delle decoltè color argento, una minigonna di Versace rossa, invernale, da cui spuntavano le gambe sottilissime, coperte da calze di pizzo, ricamate con delle roselline bianche. Aveva un profumo molto forte.

Il ragazzino si era voltato: le mani sporche, le unghie rovinate, il viso stanco.

«Buongiorno, Rea, cosa ti serve?» disse, fermandosi dal passare l'aspirapolvere.

«Come ti permetti di chiamarmi per nome?» Aveva stretto i suoi bellissimi occhi azzurri. «Devi chiamarmi signorina, quando ti rivolgi a me.»

James aveva deglutito tutta la rabbia e respirato forte. Gli occhi ridotti a due fessure.

«Come vuoi, signorina.» Sbottò, glaciale.

«Molto meglio.» Gli sorrise «Dimmi, James, tu... Hai mai baciato una ragazza? Scommetto di no...» avanzò verso di lui, sogghignando.

James la fissò in modo truce e, vedendo Irina, una domestica della loro età, che stava arrivando con una cesta di panni puliti, la afferrò per la vita.

«James, ma cosa fai!» si ribellò la ragazzina. La cesta le cadde per terra e le lenzuola pulite si sporcarono di polvere.

Le prese il viso tra le mani e le diede un bacio passionale, lungo, violento, bloccandola con la schiena contro il muro della grande casa.

Alla signorina Rea sembrò che il respiro le si stesse spezzando. Una sofferenza latente si fece spazio dentro di lei.

James si staccò da Irina e guardò Rea dritto negli occhi, sorridendole in modo cattivo. La trovò pallida, pietrificata, le labbra dischiuse.

«Vedo che hai smesso di respirare, Rea. Fallo o potresti sentirti male.»

«Perché l'hai baciata?»

Deglutì a fatica. Il fiato spezzato.

«Perché posso baciare chi voglio, signorina. Non sono il tuo ragazzo.» Disse, beffardo. «E poi, Rea... Tu mi hai chiesto se ho mai baciato una ragazza... La mia risposta è... Sì. Ops, scusami volevo dire... Signorina» inarcò un sopracciglio, prendendola in giro.

Irina, divenuta rossa, come una ciliegia matura, fuggì di corsa, lasciando i panni per terra.

Rea cercò di ricomporsi, lottando per celare il suo malessere e gli sorrise, mentre dentro moriva di gelosia.

«Sai, caro James, domani partiremo per andare a sciare, visiterò dei luoghi magici, mangerò nei ristoranti più chic, mentre tu... Resterai sepolto qui a spalare lo sterco dei nostri cuccioli! Ti manderò una cartolina» gli fece l'occhiolino.

«L'aspetterò con ansia.»

James rise ancora, crudelmente.

«Io odio la neve e la montagna, fa troppo freddo e il cibo dei ristoranti non mi piace. È crudo. Non vorrei essere al tuo posto neanche morto, signorina. Preferisco restare qui, questo lavoro mi rilassa.»

«Sei solo invidioso e non fare tanto il saputello, che in un ristorante, di sicuro, non ci sei mai stato.»

«Sei venuta qui solo per umiliarmi o c'è anche un altro motivo, signorina

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