L'universo senza soli [Biatra]

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TW: alienazione, senso di abbandono

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Biatra gli gettò le braccia al collo. Chiuse forte gli occhi per fermare le lacrime dure che le erano affiorate traditrici tra le ciglia.

– Sei vivo – lo mormorò a mezza voce, il volto premuto contro la sua spalla e le mani tremanti artigliate alla sua maglietta, come se Kobontåwi potesse svanirle tra le dita – Ci stavi mettendo troppo, stavo iniziando ad avere paura – aveva il cuore che sembrava volerle evadere dal corpo, autonomo nel gioioso rumoreggiare che le si ripercuoteva nel corpo. Emozioni proibite dal suo ruolo le esplodevano dentro talmente forti da annientare la frigidezza della disciplina.

Non le importava della schiera di Governatori riuniti pochi passi più indietro. Non badò alla lama degli occhi di Jikea conficcata sulla nuca.

Le importava solo sentire il corpo magro di Kobontåwi tra le braccia e saperlo ancora con sé. Avere la certezza che non sarebbe sparito anche lui.

Che anche lui non l'avrebbe lasciata da sola.

Non l'aveva nemmeno guardato in faccia. Era bastato scorgerlo, dall'altra parte dello spiazzo del Tempio del Palazzo di Vetro, una macchiolina vestita di nero sormontata da una montagna di capelli dorati, perché la morsa che le soffocava il petto si squagliasse sotto una vampata di dolcissimo sollievo e le gambe si muovessero da sole, catapultandola verso il calore magico del suo respiro.

– Non preoccuparti, starò bene – le aveva detto ore prima, giusto prima di svanire nel Globo. Aveva le mani strette nelle sue e un sorriso luminoso come un raggio di sole, a distenderglisi nel frullio allegro di lentiggini sulle guance – So come è fatta Nome.[1] Non la deluderò. Andrà tutto bene.

Biatra aveva faticosamente inghiottito un singhiozzo, aggrappandosi alle pagliuzze argentate che fremevano negli occhi gentili dell'amico, per impedirsi di crollare.

– Dovrei essere io a dirtelo, questo – aveva risposto, sforzandosi a fondo per non tradire il nodo che le serrava la gola – Dovrei essere io a tranquillizzarti – aveva rafforzato la presa sulle sue dita tiepide – Dovresti essere terrorizzato.

Kobontåwi era esploso in una risata che aveva la stessa morbidezza della pioggia notturna.

Biatra non l'avrebbe mai più sentita uscire dalle sue labbra.

– Tia, starò bene – e le aveva adagiato, piano piano, un bacio proprio in mezzo alle orecchie ripiegate all'indietro, con una delicatezza segreta e insolente, estraneo allo sguardo giudicante della regina di Mizef a sezionare ogni fremito del loro scambio. Biatra aveva sentito le sue labbra carezzarle la fronte, mentre lottava per impedirsi di pregarlo di non andare – Non piangere – aveva bisbigliato Kobontåwi, decifrando la sua espressione incerta con la stessa precisione con cui faceva volteggiare la spada – Quando sarò Ambasciatore e tu regina, lavoreremo insieme. Intrecciati come stelle gemelle, ricordi? Promesso, sarà come abbiamo sempre sognato – [2] non staccava gli occhi da quelli di lei. I suoi brillavano così tanto che Biatra provò una fitta di senso di colpa nei confronti della propria paura.

Lavorare insieme a lui. Fianco a fianco. Amici. Per sempre. La fantasia in cui si era crogiolata per anni, abbastanza vicina da poterla sfiorare con un dito.

E allora perché lasciarlo compiere quell'ultimo passo faceva così male?

Battito irregolare. Sudorazione intensa. Necessità di calma. Consigliato distanziarsi dalla causa del malessere o compiere esercizi di respirazione.

– Solo... stai attento – era riuscita a biascicare, scacciando le notifiche mitraglianti del Dispositivo – Torna intero, d'accordo?

– Tutto d'un pezzo, non temere – le aveva lasciato le mani e Biatra si era sentita come le avessero strappato un braccio. Il ragazzo aveva rivolto a Jikea, altera alle spalle di Biatra, un saluto formale del capo. E poi, con un'ultima strizzata d'occhi stellati, si era tuffato con decisione nella cascata di luce sgorgata dal Globo.

Il tempo di un respiro [OCs - Oneshots - Raccolta]Where stories live. Discover now