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«Va tutto bene».

Era un sostegno soffocato, Chan a malapena era riuscito a capire chi l’aveva pronunciato e da quale recondito angolo del locale proveniva.
Probabilmente si trattava di uno dei suoi amici, ma non ne era certo.

Non gli importava neanche.

L’alcol nel suo stomaco, la testa pesante, la musica alta e le luci forti rendevano tutto così confusionario, così difficile da assimilare per una mente ubriaca come la sua; ma la mano che Dongmin aveva “gentilmente” appoggiato sul sedere del più giovane, mentre lo guidava verso una zona meno affollata lontano dall’ingresso del locale … cazzo, quella mano l’aveva vista fin troppo bene.

Nitida e distinta, così come la voglia che aveva di prenderlo a pugni fino a rendere il suo volto irriconoscibile persino alla madre.

«Fai un respiro profondo – gli mormorò all’orecchio BamBam – posandogli una mano sulla fronte e una sulla schiena, accarezzandola con premura – Inspira dal naso e espira dalla bocca, rilassati».
Se non fosse stato per l’amico, Chan non si sarebbe neanche reso conto di esser quasi sul punto di vomitare.

Gli sarebbe piaciuto, chissà se oltre all’alcool il suo stomaco avrebbe cacciato fuori anche tutto quel dolore che sentiva bruciargli le viscere al centro del petto.

Era un miscuglio di mille emozioni, e quando Chan aprì la bocca per prendere un po' d’aria temette quasi che l’avrebbero soffocato, bloccandosi al centro della sua gola.

C’era rabbia, amore, dolore, gelosia, paura e una pesante dose di odio che stava lentamente mangiando tutto ciò che trovava sul suo percorso.
Sentì i brividi lungo le braccia e le mani tremare.

Quello poteva essere solo il prologo della prima delle tante stronzate che avrebbe – potenzialmente – potuto fare quella notte.

Calmati – si ripeté debolmente, tra sé – Jeongin ci odierà.

La necessità di farsi largo tra la folla e strappare il suo Jeongin dalle braccia di quel viscido, che sembrava usarlo semplicemente come trofeo da mostrare ai suoi amici, diventava più forte di qualsiasi altra cosa.

Lui è mio.

Un’ombra comparve davanti al suo campo visivo facendolo sussultare, ma si trattava solo di Changbin.

Gli occhi neri del minore, leggermente ombreggiati dai ciuffi di capelli scuri, lo studiavano con estrema attenzione.
Sembra quasi che gli interessi di me.

«Dobbiamo portarlo via da qui – disse voltandosi a guardare qualcuno al suo fianco, Chan non riusciva più a ricordare chi altro ci fosse con loro – È ubriaco e in aggiunta si sta facendo del male da solo, non ha più senso stare in questo posto».
«Hai ragione, adesso chiamo il bar- ».

«Cosa diavolo ci fate qui?».
Chan spalancò gli occhi verso il pavimento.
Non si era neanche reso conto di aver abbassato il capo, mentre li ascoltava parlare.

Non importava cosa – di tutto ciò che poteva circondarlo in quel locale, e non solo – , avrebbe riconosciuto la sua voce e il suo profumo ovunque.

Avevano lasciato un’impronta infuocata nel suo cuore, molto tempo prima.

Quando sollevò il volto, incontrando gli occhi arrabbiati di Jeongin, quel doloroso nodo al centro del petto parve attenuarsi.
Il suo Jeongin.

«Siete davvero incredibili, lui i primis – sbottò indicando Chan – Ma anche voi che siete venuti qui insieme a lui, non siete da meno!» ringhiò rabbiosamente Jeongin.
Non sembrava neanche il ragazzo che tutti loro conoscevano.

Feelings » JeonchanKde žijí příběhy. Začni objevovat