Chapter twenty-two

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L'aria fresca di inizio febbraio si scontra con la mia pelle particolarmente esposta non appena salgo sul tetto del palazzo in cui vive Travis.

È sabato sera e ha deciso di organizzare una festa che coinvolgesse tutto il college, oltre che un'ingente quantità di persone estranee all'università.

Non sarebbe una festa autorizzata, naturalmente, ma c'è comunque un sacco di gente che freme dalla voglia di ballare e partecipare agli intrattenimenti preparati.

Ci saranno infatti una serie di attrazioni e giochi con cui dilettarsi questa sera, oltre che un innumerevole quantitativo di alcool disponibile e quattro casse da cui rimbomba una musica tecno assordante.

Sono venuta qui con Finn, West e Samantha, la quale mi sta accompagnando a prendere da bere.

Il manto stellato sopra di noi, insieme alla luna piena splendente in cielo, fornisce un'illuminazione naturale incantevole, incrementata però da alcune lanterne disposte da Travis e da altrettante luci a neon attaccate ai cornicioni del terrazzo.

«Un Martini e una birra.» ordina la rossa al mio fianco.

Prendiamo poi subito dopo i drink e ci avviciniamo alla folla di persone che sta ballando a ritmo di musica al centro del tetto.

Questa sera ho voglia di divertirmi e lasciar completamente perdere tutti i pensieri di questi ultimi giorni.

Il bigliettino che mi è stato mandato e la successiva consapevolezza che mio padre fosse tornato nella mia vita mi ha provocato circa una decina di attacchi di panico in questi due giorni. Non sono andata infatti agli allenamenti e non sono uscita dalla camera neanche per andare in mensa.

Ho rimuginato su tutto ciò che era successo, impiantando la paura dentro di me.

Charlotte e Samantha hanno cercato di starmi vicine e di farmi distrarre, eppure non sapendo cosa mi fosse successo gli è stato molto difficile sollevare il mio stato d'animo. West ha persino pensato che l'unica soluzione al mio malessere fosse il cibo, e non ha fatto altro che riempirmi di snack, dolci, panini, piatti italiani, indiani, messicani, giapponesi e chissà cos'altro per farmi stare meglio.

Ovviamente non c'è riuscito, ma ho apprezzato il gesto.

Di solito non sono una che si piange addosso, e non l'ho fatto neppure stavolta. Ma l'idea che quel mostro fosse ora libero di farmi del male e di inviarmi dei biglietti minacciosi mi ha turbata in modo indescrivibile.

Ho cercato di metabolizzare quanto successo con la solitudine e il distacco totale da qualsiasi attività, ma non ha funzionato. I pensieri non hanno fatto altro che aumentare e il terrore a radicarsi sempre più nel profondo dentro di me.

Per questo alla fine ho capito che l'unico modo per non morire, sotterrata dalle mie paranoie, sarebbe stato mettere per un attimo da parte tutto ciò che è successo. Sentivo infatti che se non avessi pensato ad altro avrei finito se non altro per impazzire.

Perciò ho accettato la proposta di Sam di recarmi insieme a lei a questa festa, e deciso di lasciarmi completamente andare all'alcool e alla musica. Questa sera ho infatti bisogno di abbandonare per un po' la lucidità, in modo che la mia mente abbia altri problemi da elaborare e non solo quelli legati al mio passato.

Per questo scolo tutto d'un sorso il Martini e sollevo le braccia in aria, per poi cominciare a muovermi in modo ritmico.

Samantha emette un urlo di gioia a questa vista e mi segue nei passi, avvolgendomi le braccia intorno al collo e muovendosi insieme a me sulle note della canzone tecno.

«Il primo gioco sarà obbligo o verità, noi partecipiamo, vero?» domanda a un certo punto, mentre ci facciamo spazio tra la folla di corpi già sudati ed energici.

(Un)expectedDove le storie prendono vita. Scoprilo ora